Nella società dei mezzi di comunicazione di massa nella quale siamo immersi dalla mattina alla sera impazzano dotte analisi sull’uso strumentale del dolore, approfondite ricerche sulla spettacolarizzazione dei sentimenti, seriose analisi sul ruolo di cinici commentatori travestiti da sedicenti maître à penser e chi più ne ha più ne metta, ma a guardare bene mi sembra che non ci sia niente di veramente nuovo. Personalmente resto dell’idea che sia già stato detto tutto in un piccolo romanzo uscito negli Stati Uniti nel 1933, Miss Lonelyhearts tradotto in italiano come Signorina Cuorinfranti. Un libro feroce, aspro, duro, che non fa sconti a nessuno, un autentico pugno nello stomaco.
Lo ha scritto Nathanael West (1903-1940). Ebreo di origine lituana, il suo vero nome era Nathan Wallenstein Weinstein. Dopo l’università, si stabilì per qualche mese a Parigi per poi tornare in America e fare vari mestieri, tra cui il giornalista e il direttore notturno di un albergo. Poi il trasferimento a Hollywood in qualità di sceneggiatore di film di bassa qualità, i cosiddetti B-movies. Morì semisconosciuto insieme alla moglie in un incidente d’auto a soli 37 anni.
Come nelle migliori tradizioni, la fama è arrivata postuma, grazie a Il giorno della locusta, un ritratto al fulmicotone dell’industria di Hollywood, che descrive le miserie e i fallimenti che si nascondono dietro la corsa al successo nel dorato mondo del cinema. E poi appunto con Signorina Cuorinfranti, una specie di commedia all’umor nero che gronda ironia e sarcasmo da tutti pori sulla solitudine, l’alienazione umana e sul cinismo della stampa.
La storia è presto detta e la cosa migliore è affidarsi alle parole dello stesso West:
«Cominciamo dall’inizio: un tizio viene assunto col compito di dare consigli ai lettori di un giornale. La rubrica altro non è che una manovra per aumentare la tiratura e l’intera redazione la considera una specie di scherzo. Ma al tizio quell’incarico va benissimo, perché prima o poi potrebbe passare a una rubrica mondana, e in ogni caso è stufo di fare l’eterno galoppino. Si rende conto che quella rubrica è una cosa da ridere, ma dopo che ci lavora qualche mese comincia a non trovare più la cosa tanto buffa. Si accorge che la stragrande maggioranza delle lettere non sono altro che appelli profondamente umili per ottenere consigli di ordine morale e spirituale, che si tratta di espressioni inarticolate di una sofferenza autentica. Inoltre il tizio scopre che i suoi corrispondenti lo prendono sul serio. Per la prima volta è costretto a esaminare i valori su cui è basata la sua vita. Questo esame gli dimostra che è lui la vittima dello scherzo, non viceversa».
West non ha pietà e comincia con lo sbatterci in faccia la disperata solitudine delle lettrici che scrivono le loro lettere al giornale in un estremo inconsapevole grido d’aiuto. Sono donne che hanno una sola via di sfogo nella vita, una sola persona con cui parlare: la “Signorina Cuorinfranti” titolare della rubrica di posta del cuore. Già i nomi con cui si firmano, “Disperata”, “Stanca di tutto”, “Cuore spezzato”, stanno a testimoniare un paradossale senso dell’umorismo ma anche un genuino senso di pietà. Ma poi balza in primo piano il tormento del protagonista, la finta “Signorina Cuorinfranti”, vittima e carnefice allo stesso tempo di tanta miseria umana. Lui stesso ha un sacco di problemi personali e come fa a dare consigli agli altri quando non sa come risolvere i propri di guai. E intanto quelle lettere continuano ad arrivare. Avvolto come in una ragnatela, non sa come venirne fuori. Si agita disperatamente, mosso a compassione dalla condizione delle sue lettrici e ancora di più da un desiderio di riscatto per sé, ma l’unico risultato è quello di affondare sempre di più come fosse nelle sabbie mobili.
Alla fine del romanzo resta in bocca il sapore dell’impotenza, pratica ed emotiva, del protagonista. Una resa e al tempo stesso una presa d’atto che fa venire alla mente il Pasolini migliore, non quello dei romanzi così così o dei film così così, ma quello dei lampi di pura genialità che gli facevano dire: «La parola speranza andrebbe abolita».
Signorina Cuorinfranti è un libro modernissimo e più che mai attuale. Certo, oggi tutto è stato dilatato a dismisura dallo sviluppo impetuoso dei mass media, televisione in testa, ma il nocciolo duro della questione era già presente lì, in quelle pagine scritte da West quasi novanta anni fa.
Silvano Calzini