12 Giugno 2023

“Orgogliosa e altera come Lucifero”. Vita & poesia di Nancy Cunard, la donna che ha sedotto il secolo

È il 18 marzo del 1965 quando Sylvia Townsend Warner apprende dal «Times» della morte dell’amica Nancy Cunard. La ricorda così sul suo diario:

«Era un aspro alito di vita, l’incarnazione della Resistenza. Il passo leggero e l’incedere elegante della gru di La Fontaine: i bracciali in avorio […] che scivolavano rigidi sui polsi sottili; il berretto di pelliccia di leopardo, gli occhi di pallida acquamarina, il naso ovino in quel volto rapace. […] La battuta fulminea: Com’è De Gaulle? le chiesi durante la guerra. E lei, in un lampo: “Froid, sec et cassant”.[1] […] E ancora il suo coraggio, la sua invincibile soavità nel venirci incontro quando la andavamo a trovare in quell’intollerabile luogo di detenzione. Ah! Orgogliosa e altera come Lucifero, eppure con noi vivace e affabile».[2]

Nancy Cunard, ereditiera, musa, poetessa, militante, giornalista, tipografa, editrice. Figura eccentrica, poliedrica, incendiaria. Bellissima, per giunta: alta, esile, magnetica, i capelli biondo cenere tagliati alla garçonne e gli occhi bordati di kajal ora celesti ora turchesi «come un balenio di mare», nelle parole di David Garnett. William Carlos Williams, che teneva una fotografia di Cunard nel suo studio, la definì «uno dei principali fenomeni della storia». L’amica scrittrice Solita Solano ne sottolineò l’indole impetuosa e la vocazione militante che assumeva talvolta contorni quasi masochistici: «Funzionava al meglio in uno stato di furia nel quale, per difendere, attaccava tutti i mulini a vento in un paesaggio di mulini a vento». Del resto, osservò il critico Raymond Mortimer: «Mai nella sua vita, credo, ebbe paura di qualcosa».

Non stupisce che Nancy, la «Gioconda degli anni Venti» come la definì Harold Acton,[3] rischi di essere ricordata per questi e altri motivi che esulano dalla sua produzione letteraria. Per il peculiare senso della moda, ad esempio, in omaggio al quale sfoggiava turbanti, cilindri, abiti d’argento (non a caso Ezra Pound inviò a uno degli amanti di Cunard – Richard Aldington, futuro marito di Hilda Doolittle – il seguente avvertimento: «Behold what perils do environ / The man who meddles with a siren» [4]), ma anche completi di foggia maschile con tanto di papillon; celebre il suo amore per i gioielli africani – per i bracciali, specialmente, che indossava fino al gomito e con cui Man Ray la immortalò in una serie di ritratti. Il suo stile sofisticato e distintivo ispirò numerosi artisti: oltre che da Man Ray, fu fotografata da Cecil Beaton, dipinta da Kokoschka e scolpita da Brancusi in un bronzo influenzato dall’immaginario di quell’Africa da lei tanto vagheggiata.

Cunard colpì anche la fantasia di poeti e scrittori, molti dei quali furono suoi amanti: T. S. Eliot, Ezra Pound, Wyndham Lewis, Pablo Neruda, Louis Aragon, Samuel Beckett, Aldous Huxley, Tristan Tzara, Ernest Hemingway. Alcuni furono anche amici, come Pound, che la menzionò più volte nei Cantos e fu suo compagno di viaggio in Francia e in Italia, intrattenendo con lei, nel corso degli anni, una fitta corrispondenza: come ricorda James J. Wilhelm nel suo saggio «Nancy Cunard: A Sometime Flame, a Stalwart Friend»[5], quando allo studioso Ben Kimpel fu chiesto se tra le lettere della collezione Pound custodite presso la Indiana University ce ne fossero alcune «particolarmente intriganti», questi rispose: «Va’ in Indiana e chiedi di Nancy Cunard»; e ancora Beckett, che le rimase affezionato fino alla fine ed evocò più volte il nome «Cunard» in Aspettando Godot, e Neruda, che la conobbe in Spagna allo scoppio della guerra civile e la appoggiò nel suo antifranchismo. Varie testimonianze indicano che Hemingway modellò la bella e inquieta Lady Brett di Fiesta proprio su Cunard. Altri suoi alter ego letterari sono la femme fatale Iris Storm, protagonista del romanzo Il cappello verde di Michael Arlen, da cui fu tratto il film Destino (1928) con Greta Garbo, e la spregiudicata Lucy Tantamount, che appare in Punto contro punto di Aldous Huxley.

Nancy Cunard (1896-1965) fotografata da Cecil Beaton

Non tutti la tratteggiarono in modo lusinghiero: T.S. Eliot, pur godendo della stima di Nancy, ne restituì, pare, un velenoso ritratto nella prima versione di The Waste Land, poi ampiamente editata dal «miglior fabbro» Ezra Pound, il quale tagliò anche il passaggio incriminato. Lois Gordon, autrice della più recente (2007) biografia di Cunard, che fa seguito a quella di Anne Chisholm del 1979, sostiene che la poetessa abbia ispirato il personaggio di Lady Fresca, giovane aristocratica di facile virtù («A doorstep dunged by every dog in town»[6]) e velleità letterarie che, quando è colta da insonnia, anziché contare pecore compone versi.

Nancy fu più generosa nei confronti di Eliot: nel 1965, appresa la notizia della sua morte, scrisse Lettera, in cui ricorda il loro primo incontro, avvenuto nel 1922 «A un ballo – Tu in giacca di velluto, io in abito da sera / Di Poiret». I due scoprirono che «Di molto si può parlare, / A quanto pare» e la giovane Cunard rimase talmente estasiata da quella conversazione da proporre a Eliot di rivedersi la sera dopo: «E tu venisti eccome». Discussero per ore seduti sul pavimento di una stanza del ristorante dell’Hôtel de la Tour Eiffel e, complici i doppi gin, Nancy osservò il «lento disgelo» di Eliot. Fu l’inizio di quella che Gordon definisce «una breve relazione», che Cunard tenne segreta fino alla morte del poeta. Lettera esprime la profonda ammirazione per il suo genio e la sua opera, da The Love Song of J. Alfred Prufrock (che, ricorda Nancy, le era stato donato nel 1917 da un suo amante, un ufficiale irlandese morto in guerra, e che era subito entrato «in ogni mia fibra») a The Waste Land, da The Hollow Men a Gerontion:

«Ah, tu sei un grande poeta – dubbi non ve ne sono,
Le tue progressioni, digressioni, e il bacio della rima sulla rima,
Tecnica certa, e il declivio del metro nel metro,
Il movimento di ritmo in ritmo».

La vita sentimentale di Cunard fu insomma così libera e tumultuosa da suscitare curiosità vagamente morbose, con l’inevitabile conseguenza di offuscare il valore letterario della sua opera. Di certo, la giovane Nancy incarnò appieno la vertiginosa energia degli anni Venti e la figura della flapper: «Il suo codice di condotta consiste nel correre dei rischi. Vivere senza passione, senza colpi di testa, è per lei totalmente inconcepibile» scrisse di lei François Buot, altro suo biografo.[7] Tuttavia, pure all’interno di un’esistenza turbinosa vissuta all’insegna dell’eccesso, il suo impegno civile, sociale e politico, così assiduo e totalizzante, si intrecciò sempre alla scrittura, di cui lei stessa sottolineò l’aspetto fatalmente performativo: «Scrivere non può che fare rima con combattere».[8]

Nancy Clara Cunard nacque a Londra nel 1896. Sua madre, Maud Burke, era una giovane americana provvista di una cospicua dote che, come tutte le spose migranti dell’epoca, era venuta in Europa in cerca di un rampollo di nobile famiglia. Dopo un breve fidanzamento con un principe polacco, da questi interrotto, ripiegò su Sir Bache Cunard, nipote di Samuel, baronetto ordinato dalla regina Vittoria e fondatore della storica e prestigiosa Cunard Line, compagnia di navigazione britannica. La smaniosa Maud si assicurò un titolo nobiliare e l’accesso all’alta società del tempo, e Sir Bache ebbe in cambio una moglie bella, ricca e di vent’anni più giovane. Questi presupposti non si rivelarono sufficienti a garantire la buona riuscita dell’unione: Maud era vivace, colta, amava le lettere e le arti al contrario del marito che, malgrado gli studi a Cambridge, non aveva interessi intellettuali ed era ben lieto di condurre un’esistenza tranquilla da gentiluomo di campagna nella sua splendida tenuta di Nevill Holt, nel Leicestershire, dedicandosi alla caccia, alla pesca e alla lavorazione dei metalli: trascorreva le giornate nel suo laboratorio creando oggetti in oro, argento e ferro battuto. Cunard ne scrisse anni dopo ricordandone le «abili mani» e definendolo un uomo «d’ingegno e talento».

Maud, che considerava la maternità «cosa bassa – infima», aprì allora le porte del castello del marito ad artisti, letterati, politici… e ai suoi amanti. Nancy, descritta come una bambina «dotata e solitaria», trascorreva quindi molto tempo in compagnia del personale di servizio. Il suo primo amico fu il romanziere irlandese George Moore, uno degli amanti della madre, e a quest’ultima particolarmente devoto pur descrivendola come una donna fredda e incapace di tenerezza: una sorta di Belle Dame sans Merci, come osserva Lois Gordon. Fu Moore a iniziare la bambina alla letteratura e a ricoprire nella sua vita un ruolo paterno.

Quando Nancy aveva quindici anni, il matrimonio dei suoi genitori naufragò definitivamente. Maud lasciò la noiosa campagna inglese e Sir Bache per trasferirsi a Londra: il suo salotto di Cavendish Square divenne presto il luogo di ritrovo privilegiato di pittori, scultori, scrittori, poeti, musicisti. Il direttore d’orchestra Sir Thomas Beecham, di cui Maud promosse la carriera trovandogli dei mecenati che foraggiassero le sue avventure operistiche, fu il suo amante per una trentina d’anni.

Nancy ampliò i suoi orizzonti geografici e culturali studiando in Germania e a Parigi e trascorrendo le estati a Venezia, e, nel corso dei suoi soggiorni londinesi, venne precocemente esposta al mondo delle arti e della letteratura. Del resto, la brillante Maud, definita «una rabdomante spirituale nel deserto», distribuiva sapientemente i suoi inviti, che venivano estesi a membri della famiglia reale e a esponenti di spicco della politica: oltre a figure del calibro di Yeats, Pound, Shaw, Maugham, Evelyn Waugh, il suo salotto accoglieva i coniugi Churchill e il Principe del Galles. Secondo Osbert Sitwell, Maud «incitava la conversazione come se fosse un toro, e lei il matador».

L’esordio esordio letterario di Nancy Cunard ebbe luogo tra il 1915 e il 1916: la sua prima poesia, Prayer (Preghiera), apparve su «The Eton College Chronicle», per poi trovare posto nella sua prima raccolta, Outlaws. È una sorta di inno all’individualismo e alla forza d’animo che già contiene, in nuce, i caratteri della sua filantropia e della sua futura militanza. Nel momento stesso in cui si rivolge a Dio, Cunard gli chiede di renderla «incapace di preghiera», «granitica» e autosufficiente: «[…] Fa’ che il mio cuore / Si rinsaldi sì da reggere il dolore, / E che io soffra da me, senza perdite. / Che sorregga da sola il vecchio mondo / Su spalle più possenti dell’Atlante. / Fammi simbolicamente iconoclasta, / L’Anticristo ideale, il Paradosso».

Nel 1916 sposò impulsivamente Sydney Fairbairn, giocatore di cricket e ufficiale dell’esercito britannico. L’unione ebbe vita breve: l’anticonformismo e la sete di libertà di Nancy si rivelarono presto inconciliabili con le aspirazioni più convenzionali del marito e, dopo meno di due anni, i due si separarono. Dopo la fine della guerra, nel 1920, Cunard abbandonò l’Inghilterra e si trasferì definitivamente a Parigi, all’epoca crogiuolo di idee e movimenti e patria d’elezione delle avanguardie artistiche e letterarie anche in virtù dell’assenza di censura, per cui i libri e gli articoli proibiti dalle leggi di altri Paesi potevano essere pubblicati in Francia.

Pur partecipando attivamente alla vorticosa vita mondana delle années folles, Cunard continuò a lavorare alacremente alle sue poesie e ne inviò alcune all’amico Pound, il quale, come ricorda la biografa Chisholm riportando stralci della loro corrispondenza, non le risparmiò severe critiche: «Perché, perché diamine scrivi in questa specie di dialetto obsoleto e con le cadenze del compianto Alfred Tennyson». E ancora: «Occorre ripulire il palato, rendere la lingua della poesia ancor più vivida di quella della prosa […] Accidenti, mezzanotte è mezzanotte, non “quest’ora di mezzanotte”, e poi storci i tempi verbali per inseguire la rima».[9] Malgrado queste stroncature, nel 1921 apparve Outlaws, edita da Elkin Mathews and Marrot, cui fece seguito, nel 1923, Sublunary, pubblicata da Hodder and Stoughton. Entrambe ricevettero recensioni contrastanti, e vennero in seguito disconosciute dalla stessa Cunard, che le giudicò a posteriori immature.

Il 1925 segnò una svolta decisiva nella poesia di Cunard, che parve risolversi a seguire i consigli dispensati da Pound e dimostrò di aver appreso la lezione modernista direttamente da T.S. Eliot. Fu in quell’anno infatti che la Hogarth Press dei coniugi Virginia e Leonard Woolf pubblicò Parallax. Alcuni studiosi ipotizzano che sia stata proprio Virginia Woolf a suggerire il titolo dell’opera, ricorrente nell’Ulysses di Joyce. Il termine viene infatti evocato più volte da Bloom, che si interroga sul suo significato. In astronomia, la parallasse indica un’apparente variazione della posizione di un oggetto dovuta a una variazione della posizione dell’osservatore. L’epigrafe del testo, una citazione di Sir Thomas Browne che recita: «Many things are known as some are seen, that is by Parallaxis, or at some distance from their true and proper being»[10], evoca in effetti la relazione tra l’osservatore e l’oggetto osservato.

Come sottolinea Chisholm, il legame con la Waste Land eliotiana è «potente, a tratti importuno», ma sono anche presenti allusioni a The Love Song of J. Alfred Prufrock. Il protagonista maschile di Parallax è infatti un poet-fool, in un esplicito rimando al Fool menzionato in Prufrock, che richiama a sua volta lo Yorick dell’Amleto, il buffone di corte il cui teschio riaffiora dalla terra nella fossa che si sta scavando per Ofelia. Di qui, peraltro, la mia scelta di rendere il poet-fool cunardiano con «buffone-poeta».

Nella primavera del 1926 ebbe inizio la storia d’amore tra Nancy e Louis Aragon, che fu più duratura e stabile rispetto alle precedenti. Aragon era, all’epoca, una delle figure di maggior spicco tra i surrealisti, oltre che un membro del partito comunista. Con il denaro lasciatole in eredità dal padre, morto l’anno prima, Nancy acquistò una casa in Normandia, a La Chapelle-Réanville. Fu lì che prese le mosse, nel 1928, l’avventura editoriale della Hours Press. L’obiettivo iniziale di Cunard, che, nelle prime fasi, fu affiancata da Aragon, era quello di stampare esclusivamente poesia contemporanea inedita, ma, come lei stessa spiegò nel suo libro These were the hours: Memories of my Hours Press, Réanville and Paris, 1928-1931 «la mia idea […] venne meno quando Norman Douglas, Arthur Symons e Richard Aldington mi offrirono le loro opere».[11] Così, nei suoi quasi quattro anni di fervida attività la casa editrice di Cunard (che, a partire dal 1929, si trasferì a Parigi, in rue Guénégaud) pubblicò più di venti titoli. Tra gli autori figurano, oltre ai già citati Aldington, Douglas e Symons, anche George Moore, Laura Riding, Robert Graves, Ezra Pound (i suoi primi trenta Cantos videro la luce sotto il torchio dell’amica Nancy), lo stesso Aragon e l’allora sconosciuto Samuel Beckett, il quale partecipò al concorso per nuovi talenti lanciato da Cunard e lo vinse, aggiudicandosi la pubblicazione, nel 1930, di Whoroscope. L’ideazione e l’illustrazione delle copertine era affidata ad artisti avanguardisti della levatura di Man Ray, John Banting e Yves Tanguy.

Nell’autunno del 1928, Cunard partecipò a una serata danzante a Venezia. L’orchestra era composta da jazzisti afroamericani: fu così che conobbe il pianista Henry Crowder, con il quale intraprese quella che Anne Chisholm definisce la relazione più importante della sua vita e che la avvicinò alle lotte per l’uguaglianza razziale in America, spingendola a battersi per la causa. Del resto, l’amore di Cunard per l’Africa veniva da lontano. Fu lei stessa a raccontare che incominciò a sognarla quando aveva appena sei anni. Nel libro che dedicò al ricordo di Norman Douglas (Grand Man: Memories of Norman Douglas, del 1954), il quale fu per lei, insieme a George Moore, una figura paterna, descrive la propria eccezionale capacità di immaginare il deserto del Sahara: «La sabbia, le dune, gli spazi immensi, i miraggi, il caldo e l’arsura: mi sembrava di riuscire a visualizzare tutto questo». In seguito vennero «sogni straordinari […] con gli africani che danzavano e suonavano i tamburi intorno a me, e io, sebbene ancora bianca, ero una di loro e sapevo, misteriosamente, danzare alla loro maniera».[12]

Nel 1931 Cunard pubblicò un pamphlet intitolato Black Man and White Ladyship, una feroce apologia delle relazioni interrazziali in una realtà profondamente razzista in cui si domanda: «Perché, uomo bianco, il resto del mondo deve essere riplasmato nella tua immagine tetra e decadente?». Cunard vi sferra inoltre un attacco diretto e corrosivo alla White Ladyship del titolo, vale a dire sua madre Maud, che osteggiava la storia d’amore della figlia con Crowder al punto da giungere a diseredarla e, più in generale, alle ipocrisie e al conservatorismo dell’alta società anglosassone. Cunard racconta che, a uno dei fastosi ricevimenti organizzati da Maud, la contessa Margot Asquith, nota per i suoi commenti puntuti, aveva provocatoriamente interrogato la sua ospite in merito alle inclinazioni bohémiennes della figlia: «Di che si tratta stavolta – di alcol, droghe o negri?». Al che Maud aveva telefonato a «metà della Londra mondana» domandando: «È vero che mia figlia conosce un negro?».[13]

Il frutto principale delle loro fatiche fu tuttavia la poderosa Negro Anthology che si proponeva, nella prefazione, di testimoniare «le lotte e le conquiste […] dei popoli negri», come pure «le persecuzioni e le rivolte contro di loro».[14] Cunard e Crowder viaggiarono a lungo in Europa, negli Stati Uniti e nelle Indie occidentali per raccogliere contributi all’ambizioso progetto, che riunì infine, nelle sue 854 pagine, poesia e prosa narrativa e saggistica ma anche partiture musicali offerte da più di 150 voci principalmente afroamericane, tra cui quelle di Langston Hughes, Zora Neale Hurston, James W. Ford, George Padmore. Vi fu coinvolto anche Beckett, in veste di traduttore dal francese. Il libro, monumentale compendio di letteratura, politica, sociologia, storia, etnologia, musica, storia dell’arte, vide finalmente la luce per l’editore londinese Wishart & Co. nel 1934, quando la relazione fra Crowder e Cunard si era già amichevolmente conclusa.

Quelli che seguirono furono gli anni dell’impegno in favore della causa comunista. Nell’agosto del 1935 Nancy, viaggiatrice instancabile, si recò da sola a Mosca. L’anno successivo partì alla volta della Spagna, dove infuriava la guerra civile, come inviata del «Manchester Guardian», affiancando all’attività di reportage quella di sostegno alle forze repubblicane. Fu allora che conobbe Pablo Neruda, che portò con sé nella sua casa francese mettendolo a lavorare a un nuovo progetto editoriale: una rivista intitolata «Los poetas del mundo defienden al Pueblo español», di cui uscirono sei numeri e che conteneva versi in inglese, spagnolo e francese di Louis Aragon, Tristan Tzara, W.H. Auden, Langston Hughes, Federico García Lorca. Questo malgrado l’imperizia tipografica che Neruda stesso si attribuì nella sua autobiografia: «Stampavo a rovescio le lettere p che si trasformavano così in d […] Un verso in cui appariva per due volte la parola párpados fu per due volte trasformato in dárdapos. Per molti anni Nancy mi punì chiamandomi così. “My dear Dárdapo…” soleva cominciare le sue lettere da Londra».[15] E ancora: «Nancy fu uno dei personaggi donchisciotteschi, ostinati, coraggiosi e patetici, più curiosi che abbia mai conosciuto».[16]

Nel 1937 Cunard distribuì un questionario ai principali intellettuali dell’epoca, invitandoli a dichiarare la loro posizione nei confronti della Spagna repubblicana e di Franco e, di conseguenza, le loro simpatie politiche. Le 148 risposte ricevute vennero raccolte nel pamphlet Authors Take Sides on the Spanish War, pubblicato da Left Review. Tra coloro che espressero il loro sostegno per il governo di sinistra democraticamente eletto nel 1936, prima del colpo di Stato, figuravano Aldous Huxley, Rebecca West, Cecil Day Lewis, David Gascoyne. Evelyn Waugh e Edmund Blunden si dissero a favore del regime fascista. Eliot si sfilò, affermando che almeno alcuni uomini di lettere dovevano evitare di schierarsi, mentre Ezra Pound liquidò il questionario definendo la Spagna «un lusso emotivo per un branco di sciocchi dilettanti».[17]

Dopo il trionfo del Caudillo e lo scoppio della Seconda guerra mondiale, Cunard lasciò la Francia per il Cile, dove incontrò di nuovo Neruda, proseguendo poi le sue peregrinazioni in Messico e nelle Indie occidentali. Di ritorno in Europa, si stabilì a Londra, dove diede il suo contributo alla resistenza francese lavorando come traduttrice. Alla fine della guerra tornò in Francia per scoprire con orrore che Le Puits Carré, l’amata casa di La Chapelle-Réanville, così battezzata dalla stessa Cunard per via del pozzo di forma quadrata che si trovava nel cortile all’ombra di due tigli, era stata vandalizzata e saccheggiata, non solo dai nazisti, ma anche dagli abitanti del luogo, che avevano portato via tutto: la sua collezione di opere d’arte, i suoi gioielli africani, i suoi tappeti orientali; persino la preziosa corrispondenza con Aldington, Aragon, Breton, Eliot, Robert Graves, Aldous Huxley, Ezra Pound era sparita.

Fu un colpo devastante per Nancy, che tornò a Londra e riprese a viaggiare. Benché il suo equilibrio psicologico mostrasse i primi segni di cedimento e la sua salute fisica iniziasse a risentire dei lunghi anni di eccessi e di vizi, continuò a lavorare con la consueta foga, scrivendo due biografie molto elogiate dalla critica: alla prima, la già citata Grand Man: Memories of Norman Douglas, pubblicata da Secker and Warburg nel 1954, fece seguito, due anni dopo, G.M.: Memories of George Moore, edita da Rupert Hart-Davis e dedicata all’altro suo padre putativo.

Nel frattempo, le sue condizioni continuarono a declinare e il suo comportamento divenne sempre più stravagante, a tratti anche violento e distruttivo. Trascorse perciò gli ultimi anni della sua formidabile vita tra ospedali e sanatori finché, ridotta a una magrezza spettrale e stremata nel corpo e nello spirito, fu portata all’hôpital Cochin di Parigi, dove morì il 15 marzo 1969. La sua triste fine ispirò all’amico Neruda una dolente riflessione: «Il suo corpo si era consumato in una lunga lotta contro l’ingiustizia del mondo. Non aveva ricevuto altra ricompensa che una vita sempre più solitaria e una morte nell’abbandono».[18]

Annalisa Crea

*Si pubblica per gentile concessione parte del saggio introduttivo di Annalisa Crea a: Nancy Cunard, “Parallax”, De Piante, 2023


[1] «Freddo, secco e tagliente» (mia traduzione).

[2] Townsend Warner S. (1994), The Diaries of Sylvia Townsend Warner, a cura di Claire Harman, Chatto & Windus.

[3] Acton, H. (1948), Memoirs of an Aesthete, Methuen, p. 223 (mia traduzione).

[4] «Sta’ in guardia dal male che pronto t’incoglie / Se d’una sirena tu sfiori le scaglie» (mia traduzione).

[5] Wilhelm, J.J. (1990), “Nancy Cunard: A Sometime Flame, a Stalwart Friend.” Paideuma, vol. 19, no. 1/2, pp. 201–21. JSTOR, http://www.jstor.org/stable/24724078. Ultimo accesso: 5/3/2023 (mie traduzioni).

[6]«Soglia su cui defeca ogni cane della città» (mia traduzione).

[7] Buot F. (2008), Nancy Cunard, Pauvert (mia traduzione).

[8] La citazione originale: «Writing perforce rhymes with fighting» è tratta da: “Three Negro Poets.” Left Review 3:9 (1937): 529-536, p. 529 (mia traduzione).

[9] Mie traduzioni.

[10] «Molte cose vengono conosciute come alcune vengono osservate, ovvero per Parallasse, a una certa distanza dalla loro essenza vera e propria» (mia traduzione).

[11] Cunard, N. (1969), These Were the Hours: Memories of My Hours Press, Réanville and Paris, 1928-1931, a cura di Hugh Ford, Southern Illinois University Press, p. 70.

[12] Cunard, N. (2016), Selected Poems, a cura di Sandeep Parmar, Carcanet Press, pp. XXVI-XXVII (mia traduzione).

[13] Mie traduzioni.

[14] Mie traduzioni.

[15] Neruda, P. (2020), Confesso che ho vissuto, Einaudi.

[16] Ibid.

[17] Mia traduzione.

[18] Neruda, P. (2020), Confesso che ho vissuto, Einaudi.

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