05 Marzo 2018

Montecitorio è meglio di Hollywood! Il programma di ‘Pangea’ per salvare l’Italia dal baratro. Intanto, abolizione del denaro: la moneta di scambio è la poesia

Battuta facile. La ‘Notte delle Stelle’ si è tramutata nell’Epopea dei Pentastellati, le elezioni italiote hanno spiazzato, in spettacolarità, la cerimonia degli Oscar, Montecitorio è meglio di Hollywood. Ora. Assecondando l’assioma leopardiano per cui non c’è termine al peggio e il mondo procede peggiorando – per intenderci: Di Maio+Di Battista non sono certo Platone&Aristotele; Salvini non vale Seneca e il ‘Berlusca’ non è esattamente Sant’Agostino – gli italiani, testa vuota e pancia piena, dimostrano di anelare al ‘cambiamento’. Cosa significhi ‘cambiare’ in un mondo in perpetuo divenire e con i politici di oggi più scemi di quelli di ieri lo sanno solo loro. Comunque. Noi di Pangea, in fondo, siamo gli esecutori testamentari del Partito Politico Futurista fondato da Filippo Tommaso Marinetti esattamente 100 anni fa, nel 1918, con impeto pre-pentastellato (“Tutto l’attuale sistema d’ordine è assolutamente bacato, reazionario, inefficace, balordo e spesso criminale. Abolirlo, dunque al più presto”) ma con risultati irrisori (1 seggio alla Camera nel 1919). Quella testa matta di FTM, detto per inciso, ne aveva azzeccate alcune. Esempio: “l’emancipazione della donna”, perché possa “vivere senza che ella abbia a gravare sull’uomo”; “favorire il libero amplesso”; “abolire il matrimonio perché dannoso alla libera procreazione e non rispondente ai giusti scopi di umanità e di libertà”; scagliarsi “contro l’immonda anzianità, la burocrazia, per il decentramento”.

Detto questo, dacché gli italiani anelano al cambiamento, Pangea offre la ricetta al risanamento italico culturale. Alcuni punti da spiattellare, in volo sincrono, sul petto delle forze politiche che si morderanno le palle per i prossimi mesi nella speranza di fondare un governo degno di nome.

*EDUCAZIONE

Sbrindellare gli attuali programmi scolastici. Fin da bambini, i cittadini italiani devono imparare: i nomi delle piante, le qualità delle piante commestibili, come si fa a cucinare il pane e a scuoiare una bestia, come si fanno a coltivare le piante essenziali alla sopravvivenza, rudimenti di idraulica, artigianato e carpenteria. Al giovane italiano, entro i 16 anni, devono essere forniti i rudimenti per la propria autosufficienza in ogni clima: egli saprà, ovunque, da Roma all’Antartide, costruirsi una casa e procacciarsi il cibo, senza tema, senza chiedere aiuto ad alcuno. Così, l’italiano, fortificato nelle sue certezze ‘fisiche’, tornerà a essere un po’ Marco Polo, un po’ Leonardo da Vinci, un po’ avventato, avveniristico esploratore.

*LAVORO

Garantita l’autosufficienza ai ragazzi italiani, il lavoro, inteso nel modo attuale, sarà inutile. L’italiano deve liberarsi dalla schiavitù di un lavoro frustrante, creato ad arte per galvanizzare la civiltà neoliberista – più si è frustrati, più si spende. L’italiano, riconquistata la propria individualità, tornerà a ‘creare’: le botteghe sostituiranno le fabbriche; il creativo soppianterà l’operaio; l’opera succederà al prodotto. Le grandi industrie italiane saranno totalmente meccanizzate. L’italiano, in grado di dominare la tecnica, progetterà macchine in grado di lavorare per gli uomini, esiliandoli da una fatica frustrante.

*CULTURA

Dopo i 16 anni, conquistata l’autosufficienza, ai ragazzi italiani sono proposte due strade, qualora non vogliano vivere all’avventura, al vento. La prima: specializzarsi in alta formazione tecnologica. Impareranno a costruire le macchine che libereranno l’uomo dal lavoro subordinato. La seconda: ritirarsi nelle enormi accademie che costelleranno la Penisola. Lì, si studieranno la letteratura e l’arte, per tutta la vita, si imparerà a dominare la retorica, a scrivere poesia. Torneremo a insegnare al resto del mondo – come Dante e come Petrarca – la vertigine lirica. Archiviata la lingua inglese (vile, plebea, utile al baratto e alle canzonette pop), la melodia della lingua italiana sarà invidiata (e appresa) in ogni angolo del globo. I musei saranno luoghi di ristoro e di contemplazione, ma l’obbiettivo è quello di continuare a creare, superando i maestri, anelando un nuovo Rinascimento.

*ECONOMIA

Chiusura delle banche, in favore delle biblioteche. Abolizione del denaro. Ogni italiano saprà guadagnarsi il pane da sé, libero dal sistema coercitivo del denaro, per questo i soldi saranno inutili. L’unico sistema di scambio è quello della poesia. Si paga in poesie. I più capaci a scrivere poesie saranno gli uomini più ricchi del paese. Esempio: dal panettiere non vado perché so farmi il pane da me, mettiamo che mi diriga da un concessionario di automobili. Scelgo l’auto. La indico al concessionario. Mi ritiro. Scrivo una poesia. Se il concessionario è colto da meraviglia, mi da la macchina. Altrimenti, ci vorranno diverse poesie o un libro di poesie. Il commercio si basa sulla meraviglia.

In alternativa. Qualora le indicazioni di governo appena abbozzate da Pangea non fossero attuate, per l’Italia non vi sarà speranza. Nonostante le promesse, il ‘cambiamento’ – tra la morsa europea e la condanna a una esistenza periferica – sarà impossibile. La cultura, sputtanata dal turismo e dalla cretineria congenita, andrà affanculo (citazione del M5S, quando era energizzante e non burocratico). A questo punto – come l’Italia ha sempre fatto – occorre vendere i ‘gioielli di famiglia’. Musei, quadri, palazzi. Al primo arabo che passa. E cambiare paese. Io vado a fondare un giornale e una casa editrice nella Terra del Fuoco. (d.b.)

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