Quando lo leggi non puoi che restare impigliato già nel titolo: Chiese chiuse, di Tomaso Montanari (Einaudi, 2021). Se da un lato questo titolo sembra tanto irriverente da suggerire alla memoria la legge Merlin e la fine delle ‘case chiuse’, dall’altro riporta alla luce una verità solida quanto inconfutabile: la chiusura delle chiese. Senza contare le serrate forzate dei luoghi di culto durante il primo tempo della pandemia, lungo la tragica primavera 2020.
Dentro l’Italia del ventunesimo secolo, le chiese, con il loro silenzio secolare, con il loro corpo millenario, violato, martoriato e svenduto, ci chiedono di essere rispettate un po’ di più, e forse anche salvate. Alla peggio, di essere poste al centro di una riflessione seria. Quante volte, poi, sarà capitato di trovare chiusa una chiesa? Tomaso Montanari suggerisce come ci sia perfino da ringraziare nel trovarle chiuse, queste chiese. Mi stupisco quando l’autore, storico dell’arte, rettore dell’Università per Stranieri di Siena, cita il profilo Instagram Urbex, Urban exploration (che seguo anch’io), una pagina che esplora e documenta luoghi e soprattutto chiese abbandonate. Ma non solo. Suggerisce di andare alla voce “Chiese sconsacrate” su Wikipedia per accertarsi della “impressionante rassegna di disastri. Un rosario di sconfitte, di morti annunciate, di recuperi ancora possibili”. Un J’accuse da leggere d’un fiato.
Un’opera documentata di denuncia che mette non il dito, ma le dita nella piaga e constata più che un delitto, lo sfacelo, un’Italia sacra che sta crollando, in “una scena da ultimi giorni di Pompei”. L’Italia sembra assomigliare sempre al Decameron. Basti pensare a quell’ “industria del sacrilegio”, presa in giro dalla celebre novella Frà Cipolla con le sue “mirabolanti reliquie farlocche”. Tra le pagine di Chiese chiuse, scopro che, secondo canone 1190 del Codice del diritto canonico, “è assolutamente illecito vendere le sacre reliquie”. Illecito ma possibile. Infatti Tomaso Montanari ci invita su eBay a digitare semplicemente la parola reliquie. “Quando l’ho fatto l’ultima volta (dicembre 2020) sono usciti 1703 risultati, a tratti clamorosi. Accanto a grossolani falsi recentissimi (tra i quali spicca un enorme chiodo “della crocifissione”: intero, senza teca e con un sigillo di ceralacca “dell’Ordine di Gerusalemme”; onesta solo la richiesta: 230 euro), c’è un fiume in piena di oggetti provenienti da chiese e monasteri”. La storia dell’Italia sacrilega sembra somigliare sempre di più (oppure ispirarsi) alla novella del Boccaccio quando si legge che, nel 2014, un giovane prete calabrese vendeva, proprio su eBay, al modico prezzo compreso tra 5 e 10000 euro, una spina della corona di Gesù e una parte della spugna imbevuta dell’aceto che i soldati romani posero sul costato di Cristo. Il bilancio dei furti è tragico e inesatto: “è avvenuto un naufragio”. E su eBay si trovano giustappunto ondate dei “detriti” di questo naufragio.
“Ci vorrebbe l’abilità descrittiva di un antiquario barocco, o la fantasia creativa di un pittore cinquecentesco di grottesche liturgiche, per render conto di ciò che si vede nelle cappelle, o nelle sacrestie, delle chiese abbandonate e saccheggiate di cui abbiamo parlato. Carteglorie, turiboli e navicelle, pissidi e calici, aspersori e secchielli, patene e ampolle, croci astili e candelabri, campanelli e leggii si mescolano, a mucchi, ai libri sacri: messali, breviari, antifonari, orazionali di ogni epoca, e di ogni dignità. E tutto annega nei paramenti: dalmatiche e tonacelle, camici e stole, piviali e sinnicchi, amitti e cotte, pianete e manipoli… Per non dire delle tovaglie, e dei fornimenti d’altare”. Ma il problema non pare nato ieri, solo il naufragio si è fatto più evidente. Leonardo Sciascia, nel lontano ottobre 1969, già si stracciava le vesti: “L’Italia è il paese dell’arte ma le opere d’arte che vadano in malora”. Nonostante quello che diceva Cicerone nella quarta orazione contro Verre (70 a.C.), “duemila anni dopo, per il lutto delle chiese italiane non piange nessuno”. Anzi più che funerali, si celebrano matrimoni, rigorosamente laici.
“Le antiche chiese sconsacrate sono, in effetti, ambitissime dall’industria dei matrimoni civili: sebbene il ragionamento che riconduce a un ambiente (già) sacro una scelta laica non sia perfettamente lineare. Gli esempi sono innumerevoli, in tutta Italia. Tra tutti si può citare l’impagabile sito notteganze.it”. La rovina materiale si sposa con quella morale, da quando le chiese sconsacrate vengono svendute alle aste dei più importanti siti immobiliari. Non si può leggere, senza un certo sarcasmo, l’annuncio di Real Estate Discount: “Cosa aspetti? Se desideri investire in una chiesa abbandonata in vendita, dai subito un’occhiata alle nostre offerte!”. Ma come si fa a comprare una chiesa senza scrupolo morale?
La domanda a monte, però, è un’altra: di chi sono le chiese? “E chi dovrebbe impedire che siano abbandonate al disfacimento, saccheggiate, messe in vendita, trasformate in bigliettifici, gettate nelle fauci dell’estrema destra, scempiate in nome della liturgia? Chi dovrebbe, insomma, tenerle aperte a tutti?”. La risposta non è contemplata e non si conosce neppure il numero esatto delle chiese, chiuse o aperte, in Italia. “Si stimano in circa 95000, 85000 delle quali sarebbero beni culturali, e come tali sottoposte a tutela”. Alla fine, dopotutto, è pur sempre un affare di coscienza. Sporca o pulita, l’importante è non lavarsene le mani. Nel Discorso in Senato contro i Patti lateranensi, il 24 maggio 1929, Benedetto Croce afferrava per la gola questa sacrosanta verità: l’affare di coscienza. “Come che sia, accanto o di fronte agli uomini che stimano Parigi valer bene una messa, sono altri per i quali l’ascoltare o no una messa è cosa che vale infinitamente più di Parigi, perché è un affare di coscienza. Guai alla società, alla storia umana, se uomini che così diversamente sentono, le fossero mancati o le mancassero!”.
Linda Terziroli