Eusebio è il nickname di Eugenio Montale. In questa poesia ricordo la visita che gli feci nella sua casa a Milano in via Bigli, nell’autunno del 1961, dopo il mio ritorno dagli Stati Uniti. Avevo soggiornato in Virginia (Università di Charlottesville), a Washington e a New York, ospite di Denis Towey, mio coetaneo, ma già allora noto drammaturgo e poi professore di Teatro in varie Università. Era stato John Crockett, lette le mie poesie nella sua bellissima casa di Washington a ‘inviarmi’ da Montale: anche prima del Nobel (1975) era il poeta più famoso d’Italia. Invitato dalla Mosca a leggere, non lessi la poesia che avevo in tasca perché in cuor mio aveva già deciso che “fare il poeta” era un sogno assurdo, soprattutto nella concreta Milano degli anni Sessanta. Mosca era di Drusilla Tanzi la compagna di Montale (sposata poi nel ’62). John Crockett, nipote del famoso eroe americano David, era stato negli anni Cinquanta il responsabile a Milano della Radio “Voice of America” e del Centro culturale USA. (Paolo Pezzaglia)
*
Con le lenti azzurre la Mosca
in velluto verde festosa
riceve il giovane poeta
che racconta dei suoi Beat d’America
del teatro, è ovvio off
(off? Dov’era mai… fuori Broadway?)
Degli amici Denis Towey, regista d’Irlanda,
e non ancora prete, ma già destinato
– la primattrice bionda sulle ginocchia –
John – voice of America –,
John Crockett che l’ha mandato lì come poeta,
in via Bigli, sì, ultimo piano.
E della ditta che gli è capitata di famiglia
e della Bocconi odiata. Come farà mai
– a veramente vivere – il giovane poeta?
Tossisce Eusebio
«Anche Svevo, ha letto?
automobili vernici solventi angoscia…»
nell’angolo in pantofole
appartato e presente:
ecco altri amici arrivati da Bagdad
che parlano d’Oriente e d’India
«Dell’India non so nulla, la Cina…»
«Ho ben letto Li Po e gli altri…
vorrei essere cinese…»
e poi parla di ufologie sue
– beffarde angosciate e strane –
e lui il giovane poeta (sotto il suo De Chirico)
pronto a dire no, e glielo dice che non gli piace,
meglio i quadri là davanti
«Disegni suoi o di Morandi?».
«Allora ci legga qualcosa…»
ma credendo d’avere una vita vera davanti
– per non passare per lepre
che non aspetta che di scappare,
così dice Eusebio
(malfamate è la genìa)
io, testardo e gentile
forse coglione, dico:
«No, sono cacciatore invece…»
La dignità del dopo si vedrà cos’è
domani, domani forse mai.
«Torni a trovarci…»
L’accompagna il Poeta
su e giù per gli scalini famosi.
Non li rividi più e lo rimpiango
giovane poeta meglio non fosti più accolto!
Ma che cosa è essere poeta?
Me lo domando ancora
E lo so bene solo ora
che molto mi duole dentro
Sto scrivendo ancora sì
– e gli uomini lupo
tanti, intorno e…
Paolo Pezzaglia
*Milanese, classe 1938, la vita di Paolo Pezzaglia è stata scandita dal talento giovanile per l’hockey su ghiaccio (fu campione nazionale juniores), il lavoro nell’altissima impresa – dirigente della ditta di famiglia e vice presidente del gruppo Anfia presieduto da Giugiaro – la poesia. Nel 1960 fu finalista al ‘Lerici Pea’ con Alberto Bevilacqua e Alda Merini; l’anno dopo l’incontro con Montale, evocato nella poesia pubblicata. Nel 2014, con Mursia, pubblica “La mia fabbrica per una poesia”.