Odiava l’estate. Le poesie di Tommaso Labranca
Stili di vita
Fabrizia Sabbatini
Chi ama le atmosfere di Hayao Miyazaki, che al ‘fantastico’ lega un forte impianto ‘morale’, si troverà a suo agio. Provate a leggere Una notte sul treno della Via Lattea, magnetica raccolta di Miyazawa Kenji edita da Marsilio nel 1994 (ristampata diverse volte): nel racconto che dà il titolo al libro due ragazzi, Giovanni e Campanella, attraversano il cosmo (“Se veramente proviamo a immaginare la Via Lattea come un fiume, ognuna di queste piccole stelle corrisponde a uno dei granelli di sabbia e dei ciottoli che stanno sul fondo”) con estro avventuriero. Il senso del sacrificio e dell’amicizia, un rapporto concreto e salutare con le cose del mondo fanno da sottofondo etico a un racconto pittorico, magnificente – che non dimentica le ombre del dolore.
Questo racconto ricorda, per chi ha confidenza con la filmografia di Miyazaki, alcuni passaggi di Totoro e de La città incantata. Invece, Gli orsi del monte Nametoko è un micidiale racconto ‘realista’: le dodici pagine che narrano la fatale caccia di Kojuro, “un uomo massiccio e scuro di pelle”, con un occhio guercio, a cui gli orsi “volevano bene”, vanno lette insieme alle cinquanta e passa de L’orso di William Faulkner, per misurare la distanza tra mondi affini, eppure inconciliabili. Un conciliabolo di spettri, di stellate presenze valica i testi di Miyazawa Kenji: non è un caso che Isao Takahata, storico collaboratore di Miyazaki, cofondatore dello Studio Ghibli, abbia animato diversi racconti di Kenji. Nel 2022, per altro, Marsilio ha pubblicato un altro libro dello scrittore giapponese, Matasaburo del vento e altri racconti.
Questa storia, però, va raccontata dalla fine. Frantumato dalla tubercolosi, poco prima di morire, a trentasette anni, nel settembre del 1933, Miyazawa Kenji scrive di getto una poesia, Ame ni mo makezu (qui tradotta come “Non ti sconfigga la pioggia”), che ne sigilla la possanza etica. È una di quelle poesie-testamento, come If di Rudyard Kipling o Invictus di William Ernest Henley, non per forza belle, che riassumo un destino e indicano una via maestra; liriche in cui la componente morale sopraffà quella estetica, in cui la dignità è la forma prevalente. Ad ogni modo, “questi versi furono imparati a memoria da generazioni di scolari giapponesi”. Bizzarria della sorte – e capovolgimento del senso di un’opera, tesa al seminare fantasie più che lirici lenitivi – per un autore pressoché ignorato in vita.
Nato alla fine di agosto del 1896, nella prefettura di Iwate, in una famiglia che gestiva un banco di pegni, Miyazawa Kenji affianca all’amore per la letteratura quello per la natura, con solidale simpatia per le condizioni, durissime, dei contadini dei suoi luoghi. Studia agraria mentre scopre Ralph Waldo Emerson e i romanzieri russi, è appassionato di opera – Mozart e Verdi su tutti –, riesuma il folklore delle fiabe giapponesi. Diventerà un maestro nella composizione dei dōwa, i “racconti per bambini” che in Kenji si aprono a “risonanze filosofiche e religiose, visionarie, e alla complessità di certe metafore che potrebbero apparire più adatti a un lettore maturo” (Giorgio Amitrano). Quanto all’autore, era certo che i suoi racconti “risulteranno incomprensibili solo alle menti corrotte dei grandi”.
Votato al buddhismo secondo Nichiren, centro delle sue ispirazioni poetiche, in perenne lotta con i genitori che lo desideravano impegnato in attività commerciali, Miyazawa Kenji non ha, letteralmente, tempo di occuparsi del successo letterario. Uomo dal profilo sognante, dall’ardore malinconico, lo scrittore si è dato, da un lato, alla divulgazione della pratica Nichiren, dall’altro a migliorare le condizioni del contado, grazie alla pratica da agronomo. Nella società da lui fondata, promuoveva l’arte per sollevare il tenore esistenziale dei contadini, “offriva una consulenza specializzata e gratuita sui metodi di coltivazione, organizzava incontri di lettura e di musica, spesso guardate con sospetto”. Alcuni lo prendevano per un idealista, scambiando per lirica follia l’autentica ispirazione di un artista votato al prossimo.
La sua opera – oggi canonizzata tra i ‘classici’ – fu scoperta postuma. Poco prima di morire, chiese al padre di stampare mille copie del Sutra del Loto, il classico del buddhismo, per distribuirlo gratuitamente. Miyazawa Kenji fu, soprattutto, poeta: ha percorso la vita come una preghiera costante, aperto a tutti gli splendori – a scovare l’oro nel più cupo dolore.
***
Non ti sconfigga la pioggia
Non ti sconfigga la pioggia – non lasciare che il vento provi le tue virtù.
Non soccombere alle nevi invernali – non ti abbatta il caldo dell’estate.
Conserva la forza del corpo. Indefettibile alle spire del desiderio. Non ti attragga la rabbia.
Coltiva una gioia inerme.
Conta, in ogni cosa e nelle cose ultime, soltanto in te stesso. Metti tutti avanti a te.
Osserva – ascolta – con attenzione. Tieni care le lezioni apprese.
Una casa dal tetto di paglia, presso il prato, all’ombra della pineta.
Una manciata di riso e un pugno di miso, insieme a qualche verdura, sono sufficienti per la giornata.
Se a Est un bambino è malato: corri presso di lui e curalo perché guarisca.
Se a Ovest una vecchia è in punto di morte: corri presso di lei, incoraggiala, sollevala da ogni fardello.
Se a Sud un uomo è in punto di morte: corri alla sua porta e dissipa la sua paura con parole buone.
Se a Nord scoppia una rissa o attacca un alterco: mettiti tra i litiganti, supplicali di interrompere tale spreco di spirito.
In tempi di siccità, spargi lacrime con il prossimo.
Se l’estate è fredda, cammina con apprensione, impegnati per gli altri.
Stai lontano dalle masse inconsapevoli:
meglio essere liquidato come creatura inutile che lusingato come un “Grande Uomo”.
Questo è ciò che voglio, la persona che desidero diventare.
*
Una lettera
La pioggia cade picchiettando
pioggia trasparenze, che cade e trema tra le immagini della mente
equiseti, acetoselle, salici:
i capelli del cipresso sono troppo lunghi.
Il mio corpo è oscuro e caldo
qualcosa fermenta
sul rivo verde, bagnato dalla pioggia:
un manto di gomma si muove
sembra che il fango sia blu
è difficile capire molte cose
Dove sei ora?
nello spazio ingiallito di ombre, alla mia destra?
la pioggia è più forte – più trasparente
Un bambino mastica qualcosa
un uomo sputa improperi dalla bocca.
Mi piacerebbe camminare nel corridoio, ora:
per favore, vienimi incontro ancora, ancora dieci volte
con i tuoi piedi nudi che brillano, bianchi,
sulle tavole di legno, fredde
per favore, cammina con me
*
Gelosia dell’alba
Il cielo all’alba si scioglie
il pregiato zaffiro del pianeta con gli anelli
scintilla, ci abbaglia di nobile luce
raccoglie l’essenza della neve e le aste del manganese
poco fa le stelle, enigmatiche e chiare,
tracciavano scie di occhiolini blu
nelle pure profondità subacquee di quel cielo glaciale
dove le onde si scuotono sonnambule
e la strada corre lungo le rive:
il mietitore sa sempre ogni cosa
e me ne fa la cronaca:
“Per capirci, è perfettamente sferico
ha anelli e sette lune
ma ricorda: è morto, il suo fruscio
è sterile – vai a vedere se non mi credi!”.
Nessuna asserzione muterà il mio desiderio
la mia determinazione nasce dall’amore
la mia volontà dall’assetto di uno sguardo eccentrico
nell’alba squisita e perenne
la mia forza è inalterata, nonostante
sia immerso nella più profonda caduta
…i cento golfi e gli innevati ginepri
sorgono proprio in questo istante
oh, lastre di un ancestrale mare…
Le stelle flottano con un estremo battito d’ali:
sembrano uccelli sul punto di estinguersi.
*
Il mio cuore, ora
Il mio cuore, ora
è un lago salato, triste, caldo,
una cupa foresta di lepidodendri
che si estende per duecento chilometri lungo la costa:
devo dunque
farlo addormentare
che non si agiti finché
il primo rettile non diventerà un uccello.
*
seminagione di nubi:
lo scarabeo si posa
su un giglio
il mattino volta le spalle
il cielo ricopre la valle
*
Parlare con gli occhi
Non manca molto,
semplicemente: non si fermerà
gorgoglio, zampilli, gargoyle
non ho dormito tutta la notte e il sangue fluttua
fuori il mondo è blu
sembra che la morte… è presto
ma la brezza è magniloquente
la luce è pura e resta nella mano
il vento crolla presso di me
il cielo è gonfio
il blu è il blu di una stuoia sprangata dal fuoco
onde di fiori autunnali
che sbocciano come capelli:
vestito con un nero cappotto
potresti tornare da una conferenza medica
se la morte mi prendesse ora non potrei lamentarmi
con tale dedizione mi hai servito
che resto indifferente al dolore
nonostante il sangue, costante
segno che l’anima si sta staccando dal corpo –
il mio solo tormento è a causa del sangue
non sono in grado di dirti altro
ai tuoi occhi sono certamente uno spettacolo miserabile
ma da qui… dopo tutto
ciò che vedo è un cielo azzurro e candido
e il vento, un vento cristallino, trasparente.
*
Notte
Due ore sono passate:
il sangue scorre ancore nella gola
la notte primaverile germoglia, gli alberi respirano quieti.
Vuoto di uomini
questo è il seminario della primavera
dove i bodhisattva hanno rinunciato a cento milioni di vita
e i molteplici Buddha hanno trovato il Nirvana
io ho risolto, risoluto,
di poter morire in ogni istante
senza che nessuno mi veda
né che alcuni mi prenda la mano
eppure, ogni volta che tiepido
sgorga il sangue, di nuovo
ne ho paura: così indistinto, bianco…
Miyazawa Kenji