04 Luglio 2018

Migranti. Zitti tutti, facciamo chiarezza. Dall’Africa non vengono i delinquenti, ma i più dotati: l’Europa, che sta vertiginosamente invecchiando, ha un gran bisogno di loro

L’uomo che si cela dietro lo pseudonimo Roberto Morel è uno stronzo.

Se si degnasse di rispondere alle chiamate potrei darvi dati più precisi. Potrei fornire le date della sua formazione accademica incentrata sullo sviluppo dell’Africa. Potrei registrare con precisione la miriade di viaggi e soggiorni da volontario prima e da cooperante dopo. Potrei indicare con precisione i progetti cui ha partecipato e che ha diretto, mosso da umanità iconica e da una prospettiva profonda come l’amore di una madre. Invece a braccio e a memoria, con affetto e non senza una buona dose di sincerità, dal momento che siamo amici da oltre un decennio, posso dire appunto che è stronzo… senza mistificazione o tema di smentita, nel modo più obiettivo e sulla base della verifica di molte fonti attendibili.

Ci siamo incontrati per il piacere di stare uno in fronte all’altro, in un momento in cui è costretto a malincuore all’esilio temporaneo dalla Nigeria a causa della necessità di cure mediche. Come accade ogni rara volta che riusciamo a incontrarci di persona, in virtù di una sua breve vacanza, l’ho spremuto avidamente di informazioni e di chiarimenti su alcune delle dinamiche geopolitiche di cui è professionalmente esperto.

Nella miseria culturale di questo angolo di universo, intrappolato nella realtà virtuale adulterata e ipnotica, languivano le anelate informazioni e i dati necessari al formarsi d’una prospettiva critica il più possibile prossima all’obiettività, in merito al tema della grande migrazione in corso.

Negli ultimi tempi l’obbligo contrattuale alla presenza social, mi costringeva a prendere atto dell’estrema forza della propaganda antiafricana leghista e dell’enorme presa della sua comunicazione sulla propria base in espansione. Avvertivo la necessità di approfondire e travalicare i limiti del buonsenso, edificato sulla base di una formazione storica lacunosa e farraginosa ma piuttosto estesa. Non ritengo sia il caso di ammorbare il lettore con riflessioni in merito alle politiche coloniali europee, o di porre l’accento sul fatto innegabile che dopo millenni di schiavitù la predisposizione d’animo dell’africano nei confronti del proprio oppressore potrebbe essere ragionevolmente più aspra. Si pensi per antitesi a come reagirono Osso, Mastrosso e Carcagnosso quando, al sole torrido della Toledo del XV secolo, scoprirono che la propria sorella non era più una bambina. Si pensi a quel delitto d’onore e a sei secoli d’ammazzamenti utili a possedere campi di pomodori raccolti per sedici ore al giorno senza diritti, in cambio di due caffè l’ora. Chicchi tostati e raffinati poi che abilmente predati dalla terra che per l’africano schiavo fu casa.

Il lavoro del politico consiste in buona parte nello sciorinare numeri e dati, manipolati secondo il proprio tornaconto professionale per dimostrare urgenza e necessità di interventi e investimenti. Se non si giunge sempre a falsificare i numeri non è escluso che ciò accada, ma in ogni caso la prassi prevede che i ragionamenti si svolgano a partire da considerazioni su statistiche elette ad arte a strumento retorico, in un gioco di chiaroscuri. Sofismi e demagogia.

Alla stregua d’un politico, fornirò nei prossimi periodi una serie di numeri e dati, che sebbene non siano manipolati nella maniera più assoluta, potrebbero risultare un poco approssimati perché citati a memoria o non aggiornati alla data odierna. Una lieve imprecisione delle cifre sarebbe comunque irrilevante ai fini della comprensione delle conclusioni che si trarranno dall’analisi delle stesse. I dati sono reperibili tramite la navigazione dei siti istituzionali dei ministeri dell’Interno e degli Affari Esteri.

La vocazione di Roberto Morel per il proprio lavoro deriva da enorme senso morale di giustizia. Sicuramente da una buona dose di solidarietà di specie, forse da un pizzico di senso di colpa per la propria fortuna d’essere nato in angolo ricco di mondo, comunque risolto nell’azione e nel rimediare.

La prima cosa di cui mi dice quando lo interrogo in merito alla migrazione è che è incazzato come una biscia a causa delle mistificazioni e delle omissioni di ogni media, in merito alla realtà di ciò che quotidianamente accade a centinaia di migliaia di esseri umani. Mi dice che nessuno o quasi si degna di comunicare all’opinione pubblica ciò che realmente costituisce il crogiuolo dei motivi del fenomeno in corso.

Comincia sfatando il primo dei falsi miti: i migranti sono delinquenti e scarti umani. No, nella maniera più assoluta. Quando un nucleo familiare investe in una partenza, nella speranza di migliorare la propria condizione economica, quando spende fino a 5.000 dollari per mandare un membro della propria famiglia in Europa, sceglie il più sveglio, il più dotato, colui che ha maggiormente studiato e che possiede un mestiere. Mi racconta brevemente di un amico senegalese, ora sposato con una donna italiana e felicemente integrato, che giunse in Italia dopo aver conseguito due lauree in lingue (ne parla quattro), una a Dakar e una in India, e lavorò come ambulante abusivo in spiaggia per due anni.

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Entra poi nel vivo di quello che mi segnala come l’argomento principe del dibattito. La popolazione europea corrisponde a circa 700 milioni di individui, per un’età media di circa cinquant’anni. Gli africani sono 1 miliardo e 200 milioni, per un’età media fra i venti e i venticinque anni circa. La Nigeria, stato più popoloso d’Africa, ha una media di 5,1 figli per coppia; l’Italia si attesta intorno all’1,1. Nel 2050 gli africani avranno superato abbondantemente il miliardo di individui. Dai dati sopracitati, si evince che la popolazione giovane africana corrisponde approssimativamente alla totalità della popolazione europea. Roberto mi dice …di conseguenza questo è l’antipastino. Mi parla poi di Salvini e della sua malafede nel sostenere che gli africani ci cacceranno dall’Italia e cancelleranno la nostra cultura. “Mente sapendo di mentire”, così dice lui. Il 2017 è stato l’anno della significativa riduzione degli sbarchi. Sono giunti in Italia 120 mila migranti. La domanda che interessa porsi è la seguente: quanti si sono fermati? Le stime dicono che circa la metà di coloro che giungono in Italia  si spostano verso gli altri paesi europei e questo comporta, per il 2017, la permanenza di circa 60.000 africani. Nel 2017 la popolazione africana sbarcata in Italia e tuttora presente sul territorio corrisponde dunque allo 0,1% circa (60 mila : 60 milioni = x : 100; 60 mila x 100 diviso 60 milioni). Sarebbe esemplificativo un tour degli accampamenti di Ventimiglia, per prendere visione del continuo ricambio della loro popolazione.

E allora dove sta l’invasione? Dove sono questi qui che non se ne stanno a casa loro e che vengono a rubarci il lavoro e fare la pacchia? Fantasmi, spettri, mostri, l’uomo nero sotto il letto o dentro l’armadio.

Un altro luogo comune, un mito da sfatare, è il discorso delinquenziale. L’avversione al rischio influisce molto quale deterrente al crimine per gli immigrati. Sono un essere umano che sta conseguendo un sogno, sono in un paese ricco, provengo da uno povero, ho la possibilità di aiutare il mio nucleo familiare, di dare un futuro alla mia prole. Per quale motivo, dopo aver affrontato il viaggio, i sacrifici e la spesa, dovrei rischiare di compromettere tutto ed essere rimpatriato? Sarebbero riflessioni intuitive e semplici, se fosse concesso di pensare e utilizzare un cervello meno inquinato dal bombardamento mediatico e ripeto propagandistico.

Al momento i principali teatri di guerra e scempio sono Sudan (regione del Darfur), Repubblica Centrafricana e Congo belga. La maggior parte dei rifugiati del Sudan sono accolti in Uganda e si calcola l’esodo di 500 mila abitanti del Darfur verso il Chad. La Repubblica Centrafricana ha rifugiati sparsi ovunque e una moltitudine di sfollati interni. I congolesi sono accolti in una dozzina di paesi africani, fino al Sudafrica, che si trova a circa 3.000 chilometri di distanza.

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La polveriera libica rappresenta per i migranti il peggiore degli incubi. In seguito alla guerra civile del 2011 e all’intervento militare dell’Onu, si è visto l’instaurarsi di due distinti governi su linee tribali. Tripoli e Cirenaica si contendono risorse e dominio in uno stato di costante guerra civile. “Macron si fa bello, col presunto ruolo di mediatore, ma di fatto non fa che organizzare armistizi della durata di un giorno”. Chi approfitta della situazione sono i capi tribù e i piccoli signori della guerra che vantano una forte influenza sulle popolazioni. Non esiste più il controllo, le forze dell’ordine: tutto è affidato al caso, alla prepotenza e alla violenza. Non ci sono frontiere.

I migranti che giungono in Libia vengono arrestati e condannati a sei mesi di prigione. In funzione della convenienza, le donne vengono poi vendute a trafficanti d’esseri umani, schiavisti, che costringono alla strada nel ruolo di prostitute. Gli uomini, oggetto di compravendita, vengono sfruttati per le peggiori mansioni immaginabili. Esistono pochi casi in cui il migrante possiede denaro sufficiente ad acquistare la propria vita e viene quindi liberato.

L’Italia si è macchiata dell’infamia di stringere accordi con la criminalità libica: evidentemente il Governo, aduso ai compromessi e ai traffici con la mafia, non ha voluto mancare l’occasione di sfruttare una competenza consolidata. I protagonisti dell’aberrazione sono molteplici e le fonti riguardanti l’argomento di facile reperibilità. La sostanza degli accordi prevede aiuto economico e finanziamento in cambio del sequestro dei migranti sul territorio libico.

L’unico motivo per cui, nel 2018, si registra un calo del flusso degli sbarchi dei gommoni (non delle migrazioni), pari all’80%, è che le tribù libiche ricevono finanziamenti per non far partire i migranti. Sicuramente gli accordi prevedono il trasferimento di liquidi oltre alla costruzione e ricostruzione di infrastrutture quali aeroporti e pozzi petroliferi (o la donazione di dodici motovedette alla Guardia Costiera libica).

Esiste un rapporto dell’UNHCR, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, che utilizza esplicitamente il termine lager per definire i campi in cui vengono custoditi i migranti, in condizioni disumane. Le celle non sono areate. Vengono malmenati, torturati, mal nutriti. Sono privi di qualsiasi diritto.

Ciò che rende il fenomeno della migrazione dall’Africa necessario e inarrestabile è l’aspetto demografico di cui si ragionava in apertura. Non si può pensare di mettere un tappo disumano in Libia, o di finanziare il Marocco per la costruzione di muri a Ceuta e Melilla ed evitare così che uomini e donne giungano a piedi passando da Egitto e Turchia o in altro modo.

Secondo Roberto Morel, le strade percorribili sono solo due: bollare i migranti come nemici e intraprendere una lotta senza quartiere, cioè proseguire con le politiche correnti, oppure integrare. Integrare considerando una benedizione lo svecchiamento del continente. Ragionare di bilanci in considerazione del fatto che, per pagare le pensioni ai vecchi europei, ci devono essere giovani lavoratori. Beneficiare delle migrazioni strappando le risorse economiche versate ai trafficanti e destinandole invece ad ambasciate e consolati, che svolgano un ruolo di filtro per migrazioni concertate e pianificate. Finalizzare le migrazioni alla correzione delle lacune economiche: soddisfare, attraverso la richiesta di manodopera, la domanda specifica del mercato del lavoro. Opporre al traffico di esseri umani la diffusione della scolarizzazione e della cultura.

L’ipotesi di ospitare in Europa 2 milioni di Africani, in rapporto ai 720 milioni di abitanti indigeni, non è affatto sconsiderata. Non sposterebbe affatto gli equilibri sociali e antropologici, eviterebbe la radicalizzazione figlia dei maltrattamenti e delle violenze attualmente all’ordine del giorno.

Per quanto la politica tenti di distogliere l’attenzione dei popoli dalla realtà, essa prevede che la sfida dell’Europa sia attualmente quella di capire come distribuire i flussi secondo necessità e creare reale integrazione. Per comprenderlo, la domanda da porsi non è come posso tenerli lì? Ma: come posso integrarli qui? La sola Nigeria, nel 2050, avrà 400.000.000 di abitanti.

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Il fatto che il sindacalista malese Soumaila Sacko, recentemente assassinato a San Calogero, in Calabria, da un mafioso, non sia stato nominato fino a questo momento, non esclude che l’articolo sia dedicato alla sua memoria. Tutt’altro.

Luca Perrone  

Gruppo MAGOG