
Il castello di carte e la fine della democrazia
L'Editoriale
Il termine “comunicazione”, nel mondo odierno, comprende una vastità di mestieri e di potenziali pericoli. Tutti noi, oggi, anche chi non lavora nell’ambito della comunicazione, fa comunicazione verso gli altri, che siano amici, l’ambito lavorativo o con gli estranei. Questa nostra comunicazione avviene semplicemente perché viviamo e interagiamo col prossimo, sia offline – ossia nella vita di tutti i giorni, al lavoro o nel tempo libero – sia online, soprattutto sui social. E anche se non siamo sui social, il nostro non esserci è a suo modo una forma di (non) comunicazione.
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Qualche esempio?
A livello globale c’è stata la “gestione della crisi” di Boeing per l’incidente mortale dello scorso 10 marzo del suo 737 Max decollato da Addis Abeba e schiantatosi, probabilmente per un guasto al sistema anti-stallo, causando la morte delle 157 persone a bordo. E tra le varie strategie adottate da Boeing c’è stata la lettera sui quotidiani, anche italiani, del CEO Dennis Muilenburg, che rivolgendosi a compagnie aeree, passeggeri e comunità del trasporto aereo, ha ribadito l’impegno per la sicurezza della sua azienda, terminando la lettera, hanno notato i più attenti, con la sola firma del nome Dennis, per trasmettere vicinanza ed empatia.
La comunicazione è anche questo. Che sia per una multinazionale su scala planetaria o per un albergo della riviera romagnola oppure per una persona fisica, un grande imprenditore, un professionista, un artista o un politico. Serve una strategia e bisogna fare attenzione ai dettagli.
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Nei mesi precedenti alle ultime politiche ho guardato con simpatia alle incursioni bolognesi del tifoso Pierferdinando Casini con sciarpone rossoblu al collo in ogni contesto possibile, che fosse la partita allo stadio o un incontro pubblico in una casa del popolo della periferia. Candidato della coalizione del PD all’uninominale di Bologna, è stato eletto anche per merito di quella sciarpa? Può essere.
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Ma veniamo a un ulteriore esempio, riguardante un’altra politica di lungo corso: Francesca Puglisi (Fano, 1969), giornalista e già senatrice, responsabile nazionale scuola del PD, candidata ma non rieletta nel 2018 e candidata per le prossime europee. Che un paio di settimane fa all’esterno del PalaDozza, prima della partita della Fortitudo contro Roseto, ha fatto distribuire dei volantini elettorali con la sua immagine in maglia Fortitudo con lo slogan “Per una fortitudina in Europa”. Ma a Bologna non l’hanno presa benissimo e la squadra di basket ha addirittura emesso un comunicato ufficiale. «Qualunque situazione che possa veder coinvolti nome e logo al di fuori del contesto sportivo è da considerarsi un’iniziativa personale, che non prevede accordi né legami con il nostro sodalizio». Con lei che ha puntualizzato: «Faccio politica e ritengo che i miei elettori debbano conoscere le mie passioni, nessun opportunismo».
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Adesso non ci resta che aspettare l’esito delle elezioni e vedere se la scelta comunicativa della Puglisi funzionerà. In caso contrario, va detto che il padre, Santi Puglisi, è stato uno stimato dirigente di basket, oltre che a Bologna, anche a Mestre, Trieste e Pesaro. E va detto che l’altra regola d’oro della comunicazione è avere sempre pronta una strategia efficace per la “gestione della crisi”: il famoso “Piano B”. E vedremo se Francesca Puglisi, in caso di insuccesso elettorale sul suolo bolognese, avrà pronto un piano B. Magari tra Mestre, Trieste e Pesaro.
Michele Mengoli
www.mengoli.it