Con Alberto Forchielli ci abbiamo scritto tre libri sulla necessità di “muovere il culo” in Italia ma va detto che l’eccezione che conferma la regola è l’Umbria. Non lo dico mica io. Lo dice la magistratura. “Un quadro avvilente di totale condizionamento della sanità pubblica agli interessi privatistici e alle logiche clientelari politiche”; nonché “uno stabile e consolidato asservimento della dirigenza sanitaria agli interessi di parte della locale classe politica”.
Sul Corriere del 15 aprile, Giovanni Bianconi spiega la questione: “L’obiettivo dei politici è il consenso elettorale; quello dei dirigenti ‘acquisire consenso presso i propri referenti politici e conseguentemente assicurarsi il mantenimento dell’attuale posizione lavorativa’. Conclusione: ‘Il criterio della selezione per merito non esiste, o meglio è stato bandito dall’Ospedale di Perugia. E che ciò avvenga in un settore così nevralgico ed importante per la vita e la salute dei cittadini quale il servizio sanitario rende tali condotte ancora più odiose’”.
Aggiunge Bianconi: “In un colloquio registrato, Duca – Emilio Duca, il direttore generale degli Ospedali di Perugia, ndr – confessa che se fosse intercettato verrebbero fuori ‘cinque reati ogni ora’ e gli inquirenti gli danno amaramente ragione”. E quando Duca trova la soluzione per sistemare in un colpo solo tre raccomandate di altrettanti politici “esulta con il direttore amministrativo Maurizio Valorosi: ‘Le sistemiamo tutte e tre così abbiamo fatto contenti tutti… tanto bene è venuta, un bijoux’”.
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Non la trovate emozionante tutta questa passione per il proprio lavoro?
E se i magistrati – nella loro concezione antica del lavoro non ancora 4.0 – denunciano – si legge sul Corriere del giorno dopo – “un ‘consolidato e collaudato meccanismo per cui ogni singola fase concorsuale viene subordinata al soddisfacimento degli interessi della classe politica, con un’ingerenza centrale e prevalente da parte di Barberini, Marini e Bocci’…” compresi “alcuni posti riservati alle ‘categoria protette’ dei disabili”; d’altro canto, per chi invece ha una visione moderna, innovativa, pragmatica, non si può non notare l’abnegazione totale al raggiungimento degli obiettivi prestabiliti.
Perciò bravi, applausi. Per noi che non siamo la magistratura i nomi degli indagati contano il giusto. Conta un po’ di più da dove arrivano questi politici. Ossia da quel PD che stratificazioni secolari precedenti aveva tra le sue fila un uomo come Antonio Gramsci, autore, nel 1917, di un testo che diceva: “Odio gli indifferenti… Non possono esistere i solamente uomini, gli estranei alla città. Chi vive veramente non può non essere cittadino, e parteggiare. Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti”.
Continuava poi Gramsci: “Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze virili della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano… Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti”.
Ecco. Detto ciò, pensate solo se tutto quell’impegno di chi parteggia fosse rivolto al bene di tutti. A come sarebbe l’Umbria.
E l’Italia.
Sì, usando le parole di Duca: “un bijoux”.
Michele Mengoli
www.mengoli.it