Fermo immagine. Cosa ci fa l’argentino in Galles? Didascalia – prodotta dalla Cinnamon Press di Gwynedd. “Jorge Fondebrider, noto come uno dei maggiori critici e storici della cultura argentina è anche – anzi, soprattutto – un eminente poeta e traduttore di poeti, dal francese e dall’inglese. La poesia di Fondebrider è meditativa, malinconica e ironica, tuttavia sa essere selvaggia nella sua indignazione verso l’ipocrisia e la violenza”. Riassunto. Fondebrider è uno dei massimi poeti argentini di oggi. Classe 1956, animatore culturale, dall’arguzia spinata, Fondebrider è un grande traduttore (e promotore del Club de Traductores Literarios de Buenos Aires). Svaria dal classico al contemporaneo, dal francese all’inglese, nelle sue varianti periferiche (gallese, irlandese). Tra i tantissimi, ha tradotto Georges Perec, Patricia Highsmith, Guillaume Apollinaire, Gustave Flaubert, Jack London. L’altro lato di Fondebrider, però, è quello dell’accanito promotore della poesia argentina. Certo dell’assoluta unicità della poesia del suo Paese – per pigrizia, ignoranza e insipienza, ci dice, sconosciuta ai più – ha curato quattro antologie di poesía argentina oltre all’opera di Joaquín O. Giannuzzi e di César Fernández Moreno. Convinto che “Borges, come poeta, è del tutto ininfluente in Argentina”, Fondebrider, che ha cominciato traducendo i Beatles e Bob Dylan, è soprattutto poeta, appunto. Autore raffinato e parco (cinque raccolte in 35 anni, l’ultima, nel 2016, La extraña trayectoria de la luz, è invero una raccolta di poemas reunidos), ancora colpevolmente intradotto in Italia (appare nell’antologia Il fiore della poesia latinoamericana d’oggi, Raffaelli, 2016, per grazia di Emilio Coco), saggista di estrema intelligenza (per l’editore Lom ha pubblicato una Historia de los ombre lobos e uno sfizioso volume su Cómo se ordena una biblioteca), è uno con cui vale la pena dialogare.
Quando sorge l’ispirazione poetica, quando ha cominciato a scrivere poesia? E poi, in fondo, cos’è la poesia?
“L’ispirazione arriva da qualunque parte, in qualsiasi momento. Ci sono, ovviamente, stati propizi che ciascuno deve scoprire, perché non sono comuni a tutti. Ad alcuni piace l’estate; io la detesto. Certa gente adora i Caraibi; per me sono uno dei peggiori incubi. Ci sono certi che ascoltano musica tropicale; per me è una schifezza insopportabile. Quindi, so che scrivo meglio in autunno o in climi autunnali. Inoltre, so che mi piacciono paesaggi desolati come la Patagonia, il Connemara in Irlanda, o la Scozia, in generale. Preferisco una certa musica (il jazz, genericamente). Però, insisto, l’ispirazione non dipende dalla volontà. A volte basta una parola, una sequenza di parole, un suono, una immagine a fungere da innesco. Allora, devi metterti al lavoro. Quanto alla seconda domanda, persone diverse, con idee contrarie, usano la stessa parola, poesia, per definire una cosa che varia a seconda della percezione che se ne ha. Per questo, non ho una definizione che desidero condividere. Borges ha detto che poesia è tutto ciò che qualcuno percepisce come poesia. È qualcosa di tautologico, ma non potrei trovare un punto di vista migliore senza offendere gli altri”.
Lei ha tradotto molto, da Georges Perec a Jack London e Flaubert. Che ruolo ha la traduzione nel suo lavoro poetico? Perché sente la necessità di tradurre? Chi sono i suoi ‘maestri’?
“Da quando ho iniziato a scrivere, mi accompagna la traduzione. Ho tradotto per prima cosa i testi dei Beatles, per capire cosa dicevano. Questo mi ha portato a Bob Dylan, e Bob Dylan alla poesia statunitense. Poi venne l’inglese. E dunque l’irlandese, il gallese, lo scozzese. Vale a dire: prima di tradurre romanzi o saggi, ho tradotto poesia, una pratica che mantengo e che mi consente di leggere in profondità gli autori che ammiro. Credo che mi sia rimasto impressa una parte delle cose buone che quegli autori hanno scritto. La traduzione amatoriale mi ha portato a un tipo di traduzione professionale. Cominciò quando mi sono occupato di altre forme di scrittura. Da tutto si impara qualcosa. Flaubert è praticamente un poeta e il suo livello di perfezione mi lascia a bocca aperta. Jack London mi ha insegnato come andare al cuore di qualcosa senza perderlo di vista. Georges Perec mi ha insegnato i metodi dell’autobiografia, senza che l’autore appaia in primo piano. Ma in molti altri autori ho trovato ispirazione. Per aggiungere altri che ho tradotto, mi è piaciuto molto lavorare con l’irlandese Moya Cannon, ma anche con Richard Gwayn e R. S. Thomas, entrambi gallesi, e con un magnifico scrittore irlandese che raccomando vivamente: Claire Keegan”.
Lei ha redatto una antologia della poesia argentina. Che poesia si legge oggi in Argentina, quali sono i temi dominanti? Che ruolo ha un autore come Jorge Luis Borges, che in Italia è l’autore argentino più noto?
“Non ho pubblicato una antologia di poesia argentina, ma quattro. Ho l’impressione che, rispetto ad altre nazioni latinoamericane, gli argentini non abbiano saputo promuoversi bene perché, quando lasci il paese, capisci che se ne sa molto poco. Sono certo che se menziono Joaquín O. Giannuzzi, Francisco Madariaga, Alberto Girri, Arnaldo Calveyra o Juan José Saer, per dirne alcuni, né lei né i suoi lettori sappiano a chi mi riferisco, eppure si tratta di alcuni dei più grandi poeti argentini di ogni tempo. Forse la sorprenderà, ma, Borges, come poeta, non ha alcuna importanza in Argentina. La sua poesia è sempre stata recepita come troppo eloquente e ‘letteraria’. Per tanto, per la maggior parte dei poeti argentini è stata importante la sua prosa, mentre la poesia è del tutto ininfluente. Ora: la ricchezza della poesia argentina è enorme e sono certo che in Italia se ne sa molto poco. In generale, la pigrizia e l’ignoranza – una cattiva combinazione – ci collocano in un tutto informe che si chiama ‘poesia latinoamericana’, che è a sua volta incluso in un tutto ancora più informe che si chiama ‘poesia spagnola’. Il problema è che la prosodia latinoamericana si è separata da quella spagnola più di un secolo fa e quasi non c’è alcun contatto tra i poeti delle due sponde dell’Atlantico. Poi, ogni paese del Latinoamerica ha la propria storia e le proprie tradizioni: non sono la stessa cosa un poeta cubano, che tende naturalmente al barocco, e un poeta cileno, che ha la propensione all’epica. Sono caratteristiche che, in generale, il termine ‘latinoamericano’ tende a cancellare. È come se uno pensasse con l’etichetta ‘poesia europea’ di includere allo stesso modo un inglese, un tedesco e un albanese. Sono tradizioni distinte, approfondite da linguaggi diversi. Ma la lingua comune tende a ingannare”.
Mi incuriosisce il titolo di uno dei suoi libri, “Come si ordina una biblioteca”. Come è nata l’idea di un libro simile?
“Come si ordina una biblioteca è il primo libro di una raccolta che dirigo per l’editore cileno Lom. L’idea è nata pensando alle diverse strategie con cui persone diverse ordinano i propri libri. Io ho molti libri, con i problemi logistici che questo comporta. Poi ho voluto sapere come hanno fatto altri scrittori, editori, traduttori, storici, antropologi, archeologi, scienziati e almeno due direttori di biblioteche nazionali (dell’Argentina e del Messico). In quel libro registro quelle idee”.
Il titolo di uno dei suoi libri di poesia mi affascina. “Imperio de la luna”. Cosa significa? Che tipo di poesia le piace leggere?
“Imperio de la luna ha a che fare con due cose: molti anni fa ho letto un poema di Wallace Stevens (Domination of Black) che, per qualche strana ragione, il traduttore aveva deciso di intitolare Imperio del negro. Non si tratta di un ‘impero’ nella sua definizione formale, ma di qualcosa che sta sopra tutto, dappertutto. E la luna, onnipresente nelle mie poesie a quel tempo (e in ogni tempo), mi si è imposta. Per questo, ho deciso di chiamare il libro a quel modo”.
Le interessa la cultura italiana? Che idea ha della letteratura italiana?
“Per buona parte della mia giovinezza ho letto molti autori italiani. Pavese, fino ad oggi, resta uno dei miei scrittori preferiti. Poi Ungaretti, Montale, Quasimodo, che mi interessano ancora. All’epoca, ho letto tutto ciò che potevo: Papini, Guareschi, Beppe Fenoglio, Natalia Ginzburg, Pasolini, Svevo, Moravia etc. Più tardi, quando ho smesso di leggere il romanzo in generale, l’Italia si è riassunta nella poesia. Negli ultimi anni ho letto con grande piacere Patrizia Cavalli e Valerio Magrelli (che ho avuto il piacere di conoscere anni fa, e con cui sono ancora in contatto) e molti altri poeti tradotti diligentemente da Jorge Auicino, uno dei migliori poeti argentini e grande traduttore dall’italiano, che pubblica nel suo blog, Otra Iglesia Es Imposible. Certamente, tutto questo è poco, ma abbiamo una vita soltanto, giusto?”.
Ora a cosa sta lavorando, cosa sta scrivendo?
“Non lavoro mai a un solo progetto. Scrivo poesie, ma non sono prolifico. Pubblico un libro ogni dieci anni, più o meno. Nel 2016 è uscita la raccolta delle mie poesie e lì ho incluso due libri inediti. Ora, con mia sorpresa, sto scrivendo un altro tipo di poesia, e non mi dispiace. Sto scrivendo un libro su Dublino per l’editore spagnolo Pre-Textos e sto traducendo diverse cose: ho appena terminato Dead as Doornails, un memoriale sulla vita letteraria a Dublino e a Londra negli anni Cinquanta, di Anthony Cronin; al momento sto lavorando a una edizione annotata dei Tre racconti di Flaubert; mi aspettano un libro di poesie dell’irlandese Michael O’Laughlin, un libro di memorie del gallese Patrick Macguire e nel tempo libero sto terminando una Breve storia della poesia argentina contemporanea, a cui lavoro da dieci anni. Progetti ne ho molti, tempo ne ho molto poco, denaro pochissimo”.
*
Definizioni
V.E.
Se io dicessi che il vento
è la corrente d’aria che si produce nell’atmosfera
quando muta la pressione,
sarei astratto.
Non direi, per esempio, che è la cresta che si forma
sulla superficie delle onde
quando stiamo seduti io e te
a guardare l’orizzonte una giornata di gennaio
e i tuoi occhi, molto azzurri,
propongono un altro cielo.
Non parlerei del cappello che vola via,
né direi che corriamo a cercarlo,
sorpresi forse del fatto che dopo anni
continuiamo, insieme, a guardare l’orizzonte,
una giornata di gennaio.
Io e Moya Cannon continuiamo a camminare
A Dublino mi dicesti che a novembre
Buenos Aires si tinge di viola,
ed era autunno a St. Stephen’s Green e persino negli uccelli.
Anche nelle mie scarpe.
Quella volta pensai che noi due
siamo nati in diverse latitudini
ma lo stesso anno;
che le tue poesie hanno freddo;
fondamenta di una casa,
avi, compassione.
Le mie, mi dissero, fanno disperare.
I tuoi occhi sono azzurri.
Jacaranda, ti dissi.
Costeggiavamo il lago.
Continuiamo a camminare.
Jorge Fondebrider
(trad. it. di Mercedes Ariza)
*
How does poetic inspiration arise in you, when you begin to write poetry? What is poetry in your opinion?
La inspiración aparece en cualquier parte y en cualquier momento. Hay, por supuesto, estados propicios que cada cual tiene que descubrir, porque no son comunes a todo el mundo. Hay gente a la que le gusta el verano; yo lo detesto. Hay gente que adora el Caribe; para mí es una de las peores pesadillas. Hay gente que escucha música tropical; para mí es una porquería insoportable. Entonces, yo sé que escribo mejor en otoño o en climas otoñales. También sé que me gustan paisajes desolados como los de la Patagonia, o Connemara en Irlanda, o Escocia en general. Eso y ciertas músicas (generalmente el jazz). Pero, insisto, la inspiración no depende de la voluntad de uno. A veces hay una palabra o una secuencia de palabras, un sonido, una imagen, y eso sirve como disparador. Después hay que ponerse a trabajar.
Respecto de la segunda pregunta, personas muy diferentes, con ideas muchas veces enfrentadas, usamos la palabra poesía para llamar de esa manera algo que varía con la percepción. Así que no tengo una definición que quiera compartir. Borges decía que poesía es lo que cada cual percibe como poesía. Es algo tautológico, pero no podría mejorar ese punto de vista sin ser ofensivo con otras personas.
I read that you have translated a lot. Georges Perec, Jack London, Flaubert. What role does the translation play in your poetic inspiration? Why did you feel the need to translate? Who are your ‘masters’?
Desde que empecé a escribir la traducción me acompañó. Traduje primero letras de los Beatles para entender qué decían. Eso me llevó a Bob Dylan y Bob Dylan a la poesía estadounidense. Y después vinieron los ingleses. Y luego, los irlandeses, galeses y escoceses. Vale decir, antes de traducir ficción o ensayo, traduje poesía, práctica que todavía mantengo y que me permite leer en profundidad a autores que admiro. Confío que algo de lo bueno que esos autores escriben se me haya pegado.
La traducción amateur me llevó a otra más profesional. Ahí es cuando empecé a ocuparme de otras formas de escritura. De todos uno aprende algo. Flaubert es prácticamente un poeta y su nivel de perfección a veces me deja con la boca abierta. London me enseñó cómo ir al centro de algo sin perderlo de vista. Perec me enseñó maneras de la autobiografía en las que el autobiógrafo no se pone en primer plano. Pero en muchos otros autores encontré inspiración. Para sumar algunos otros que traduje, me gustó mucho trabajar sobre los poetas Moya Cannon de Irlanda, Richard Gwyn de Gales, R.S. Thomas también de Gales y sobre una magnífica cuentista irlandesa que recomiendo enfáticamente: Claire Keegan.
I saw that you built an anthology of Argentine poetry. What poetry is read today in Argentina, what are the dominant themes? What role does an author like Jorge Luis Borges, in Italy well known and translated?
No publiqué una antología de poesía argentina, sino cuatro. Tengo la impresión que, respecto de otras naciones de Latinoamérica, los argentinos no hemos sabido promocionarnos bien porque, cuando uno sale del país, nota que lo que se conoce es muy poco. Estoy seguro que si yo te menciono a Joaquín O. Giannuzzi, Francisco Madariaga, Alberto Girri, Arnaldo Calveyra o Juan José Saer, por decir algo, ni vos ni tus lectores sabrías quiénes son, y se trata de algunos de los más grandes poetas de Argentina de todas las épocas. Para tu sorpresa, Borges no tiene, como poeta, la menor importancia en la Argentina. Su poesía siempre fue percibida como demasiado elocuente y “literaria”. Por lo tanto, para la mayoría de los poetas argentinos fue un ejemplo por su prosa, no por su poesía que no resultó nada influyente.
Ahora bien, la riqueza de la poesía argentina es enorme y estoy seguro de que en Italia se sabe muy poco de eso. En general, la pereza y la ignorancia –una mala combinación– nos ubica en un conjunto informe que se llama “poesía latinoamericana”, a su vez incluido en otro conjunto más informe todavía que se llama “poesía española”. El problema es que la prosodia latinoamericana se separó de la española hace más de un siglo y casi no hay contacto entre los poetas de una y otra margen del Atlántico. Luego, cada país de Latinoamérica tiene su propia historia y sus propias tradiciones: no es lo mismo un poeta cubano, que tiende naturalmente al barroco, que un poeta chileno, con propensión a la épica. Son características que, en general, el término “latinoamérico” tiende a borrar. Es como si uno pensara que la “poesía europea” incluye en igualdad de condiciones a un inglés, un alemán y a un albanés. Son tradiciones distintas, profundizadas por idiomas distintos. Pero el idioma común tiende a engañar.
I am curious about the title of one of your books, ‘Cómo se ordena una bilbioteca’. How was the idea of a similar book born?
Cómo se ordena una bilbioteca es el primer volumen de una colección que dirijo para la editorial chilena LOM. La idea surgió a partir de las distintas estrategias que personas muy diferentes se plantean a la hora de ordenar sus libros. Yo tengo muchos, con los consiguientes problemas logísticos que eso implica. Entonces quise saber cómo hacían otros escritores, editores, traductores, historiadores, antropólogos, arqueólogos, científicos y, al menos, dos directores de bibliotecas nacionales (de Argentina y México). En ese libro soy complilador de esas ideas.
The title of one of your poetry books fascinates me: ‘Imperio de la luna’. What does it mean? What kind of poetry do you like to read?
Imperio de la luna tiene que ver con dos cosas: hace muchos años leí un poema de Wallace Stevens (“Domination of Black”), que, por alguna extraña razón, el traductor había elegido titular “Imperio del negro”. No se trata de un “imperio” en el sentido de la definición formal, sino de algo que está por encima de todo y en todas partes. Y la luna, omnipresente en mis poemas de esa época (de todas las épocas), se me imponía. Por eso decidí llamar al libro de ese modo.
Are you also interested in Italian culture? What idea do you have of Italian literature?
Durante buena parte de mi juventud leí a muchos autores italianos. Pavese, hasta el día de hoy, sigue siendo uno de mis escritores favoritos. Luego, Ungaretti, Montale, Quasimodo siempre me importaron. Por supuesto que leí todo lo que podía en ese entonces: Papini, Guareschi, Bepe Fenoglio, Natalia Guinzburg, Pasolini, Svevo, Moravia, etc. Después, cuando dejé de leer novela en general (sólo leo estilistas y pocos), Italia se me redujo a la poesía. En los últimos años leí con mucho gusto a Patrizia Cavalli, a Valerio Magrelli (a quien tuve el gusto de conocer hace años y con quien todavía sigo en contacto) y a muchos otros poetas que traduce diligentemente Jorge Aulicino, uno de los mejores poetas argentinos y un gran traductor del italiano, y que publica en su blog Otra iglesia es imposible. Seguramente todo esto es poco, pero uno tiene apenas una vida, ¿no?
…and now, what are you writing, what are you working on?
Nunca trabajo en un único proyecto. Escribo poemas, pero no soy prolífico. Publicó un libro cada 10 años, más o menos. En 2016 salieron mis poemas reunidos y allí incluí dos libros inéditos. Ahora, para mi sorpresa, estoy escribiendo otro tipo de poesía, y no me quejo. Escribo además un libro sobre Dublín, para la editorial española Pre-Textos y traduzco varios libros: acabo de terminar Dead as Doornails, una memoir de la vida literaria en Dublín y Londres en los años cincuenta, de Anthony Cronin; ahora mismo estoy con una edición anotada de los Tres cuentos, de Gustave Flaubert; me espera un libro de poemas del irlandés Michael O’Laughlin, una memoir del galés Patrick Macguire, Y en los ratos de ocio, termino una Breve historia de la poesía argentina contemporánea, que empecé hace unos diez años. Planes tengo muchos, tiempo muy poco, dinero poquísimo.