13 Luglio 2022

Contro Massimiliano Parente. Romanzo di vendetta e di amore

Si può scrivere per amore e si può scrivere per vendetta, o meglio per raffrontarsi all’impossibilità di non amare ciò che più si odia, e in alcuni casi i due sentimenti coincidono, l’amore e la vendetta, tanto è labile il confine che separa l’atto di “odiare” dall’atto – non meno distruttivo (ma liberatorio) – di “amare” qualcuno o qualcosa, una persona o un libro o un pensiero. Il distruttore di sogni, primo romanzo di Maria Sole Abate, racconta anche di questo. È la storia di Giulia e dello scrittore S., ma anche di Anaïs, madre di Giulia e amante e lettrice di S., una donna morta suicida per emulare il suicidio di Virginia Woolf, e poi è la storia di un film tratto da un romanzo di S., il suo unico libro di successo, Il distruttore di sogni, appunto, che S. e il regista Marco Sorvino – che sembra una versione parodistica di Paolo Sorrentino – stanno sceneggiando.

Lo scrittore S. è disgustato da tutto, dalla vita, dagli altri, da se stesso, dalla banalità del mondo e perfino dalla sua complessità (per lui inafferrabile); Giulia è assente, gli manca, la ama disperatamente, il suo ricordo lo ossessiona e la vita e il tempo sono insensati senza di lei. Dopodiché Giulia ritorna, una mattina come le altre, e l’amore sembra poter ridiventare ciò che è, l’illusione reale dei sentimenti provati e non più il dolore della loro mancanza. Ma le cose sono destinate a cambiare. C’è un segreto; c’è una vendetta in atto; c’è una storia che va riattraversata a ritroso per capirla; c’è l’opera di S. e c’è l’amore di Anaïs e di Giulia e soprattutto c’è la morte, purtroppo c’è la morte. Le prime parti del romanzo sono scritte in prima persona, in un tour de force stilistico e emozionale cucito intorno al personaggio di S.; quindi c’è la parte di Giulia, forse la più riuscita del libro, in terza persona, e l’epilogo di Virginia, che altri non è che la stessa Giulia – ma abbiamo rivelato troppo del romanzo. D’altra parte la struttura de Il distruttore di sogni è complessa e il suo fascino non risiede soltanto nella trama. Sono tanti i giochi, le citazioni testuali e non, letterarie e cinematografiche, come il finale strappato al Tarantino di Bastardi senza gloria, la vendetta di Virginia tanto simile alla vendetta di Shoshanna, o come il confronto estetico fra il Grande Regista Sorvino/Sorrentino e lo scrittore S., lo scarto narrativo fra la sceneggiatura de Il distruttore di sogni e il romanzo.

Maria Sole Abate ha scritto un libro importante. Si tratta di un esordio tardivo, pubblicato vent’anni dopo un saggio sugli indiani nordamericani che fu la sua tesi di laurea (e che ci piacerebbe leggere), e a questo punto non possiamo omettere – per motivi tanto biografici quanto letterari – che Abate è la compagna di vita di uno scrittore facilmente riconoscibile nello scrittore S., cioè Massimiliano Parente. Ne Il distruttore di sogni ci sono svariate citazioni dei libri di Parente, oltre che una ripresa sia estetica che filosofica del suo pensiero.

“La gente dove c’è la tragedia vede la speranza, dove c’è la morte vede la vita, dove ci sono gli abissi vede la vetta”

pensa a un certo punto S., o per meglio dire scrive Abate nei panni di S., ossia di uno scrittore che non scrive più, uno scrittore per l’appunto simile al Massimiliano Parente della Trilogia dell’inumano, stanco di tutto, troppo in là per tutto; d’altro canto S. detesta lo smalto rosso, a differenza del personaggio Massimiliano Parente, quindi le cose – le apparenze – non sono così semplici, come sempre in letteratura, e Abate si diletta fra realtà e finzione, fra ciò che esiste e ciò che si scrive e che quindi a sua volta non può non esistere sulla pagina.

Tuttavia il pensiero di S., che come quello di Parente si cela dietro la cartapesta di idiozie e qualunquismi più o meno divertenti e insopportabili eppure necessari perché umani, è ripreso senza sconti consolatori di sorta, capito e affrontato e perfino sofferto; il romanzo di Abate può essere letto come una critica ribelle e a un tempo onesta alla letteratura di Parente e al personaggio che Parente si è costretto a vivere, alle sue pose e alle sue ossessioni. A un certo punto Giulia/Virginia sta leggendo il capolavoro di S., già letto da sua madre. DouDou, un suo amico paterno che sarà complice della sua vendetta, ne è spaventato, inorridito:

“DouDou si fermò immobile davanti alla porta aperta della camera di Giulia. Il libro era sul comodino. Fiammante. Un raggio di sole colpiva la copertina inconfondibile argentata in rilievo. Sperava di sbagliarsi. Entrò in camera. Giulia stava facendo la doccia. Si avvicinò al libro. Deglutì e mentre si sedette sul letto incerto di riuscire a mantenere l’equilibrio sentì la porta del bagno aprirsi. Si voltò. Visione incantevole con solo l’asciugamano grigio intorno al corpo. I capelli bagnati sulle spalle bianchissime e perfettamente modellate. Gli sorrise spontanea con il suo sorriso di bambina, nonostante i suoi quasi diciassette anni…”.

La bambina dunque legge il libro proibito di S., e la “copertina inconfondibile” non può non far pensare a Contronatura, il grande libro proibito di Parente, la cui “filosofia” – ma il termine è inesatto – ritorna di continuo ne Il distruttore di sogni. Abate, come già Parente, si raffronta al nulla di ogni pensiero umano, ma anche all’idiozia e alla supponenza che talvolta coincidono con chi di tale nulla vuole farsi cinico cantore; nondimeno per la sua protagonista, per Giulia, la vendetta travalica e forse giustifica e rende sopportabili l’insensatezza e la disperazione dell’esistenza, il suicidio della madre e l’orrore di S. – ma qui si fa ritorno alla trama, alla storia, gli io si sovrappongono e S. non è veramente S., e bisogna continuare leggere.

“All I’m doing is contemplating the ifs” dice a un certo punto Marsellus Wallace a Jules, in Pulp fiction. Se, appunto – e se Abate volesse davvero vendicarsi di Parente, con questo libro? Se Abate, che è madre, volesse dire la sua sulla filosofia troppo disperata e talora cialtronesca di Parente? Se Il distruttore di sogni fosse la rivendicazione artistica e poetica di una donna che crede nella potenza anche letteraria del sogno? E ancora: se Maria Sole Abate si fosse suicidata, come Anaïs, salvo poi diventare Giulia/Virginia/Shoshanna e scrivere, salvarsi scrivendo e raccontando? Altro che Metoo! Il distruttore di sogni è la vendetta di una donna che crede nella forza del racconto e che combatte l’uomo responsabile del suicidio di sua madre, eppure – o perciò – è anche una storia d’amore, perché Giulia ama S., proprio come Anaïs ha amato S., e perché né l’odio né l’amore sono estranei alla pietà, per rifarci a una bella pagina del libro, e infine perché l’amore, uno sguardo d’amore che include sia S. che Virginia, sconvolge tutto.

I personaggi dei bei libri non sono meno reali delle vite umane. Maria Sole Abate non è né Anaïs né Giulia, né Nina né Virginia, però avrebbe potuto esserlo, come Massimiliano Parente non è né S. né il Massimiliano Parente della Trilogia dell’inumano, però avrebbe potuto esserlo. Il distruttore di sogni è un romanzo coraggioso, dalla struttura elaborata, che pure si legge con facilità, fra una serie di maschere e di io che collimano nell’epilogo, cioè nella vendetta, come le parti del libro; è un romanzo che si spinge sull’orlo dell’amore e dell’odio – che all’amore corrisponde – di S. e di Virginia, e che da ultimo ci ricorda la necessità del sentimento e la fragilità dell’essere (e del restare) umani: e sono le cose più importanti.

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