
“Volevo restare la creatura avulsa, bardata di contraddizione”. Storie dal Tempio
Letterature
Veronica Tomassini
Eterne discussioni su canone e contro-canone, ore ed ore a chiedersi cos’è oggi e se ha ancora senso la poesia, poi all’improvviso te la trovi davanti, la poesia, nuova, fresca e tragica, in un libretto sottile con sopra un nome sconosciuto e un titolo curioso, Versi d’amore erotico per Natalie Zumab di Mario Esposito, edito da Ensemble. Inizi a sfogliarlo distrattamente e dopo poche righe ti rendi conto che non è la solita minestra riscaldata.
La Natalie Zumab del titolo non è la donna più o meno lasciva o angelicata di turno, bensì il Natalizumab, un anticorpo monoclonale usato per la cura della sclerosi multipla, eppure negli appassionati versi d’amore che Mario Esposito le dedica ci sono tutte le sfumature di una vera passione: la cura, la gratitudine, la speranza, la rabbia, la sofferenza, la dipendenza. E il dolore pure c’è, non è rimosso, è palpabile, ben presente sotto l’ironia e le brillanti trovate linguistiche di un testo poetico che merita di non passare inosservato.
La poesia si occupa spesso del dolore psicologico, molto più raramente degli effetti della malattia sul corpo, e anche quando ne parla raramente lo fa con ironia, ma la vera novità è affrontare l’argomento con sensualità ed erotismo. Come ti è venuta l’idea di raccontare la sclerosi multipla in chiave erotica?
Le infusioni di Natalizumab, farmaco con cui per un periodo sono stato curato, rimandano a un atto che ha a che fare con il corpo in senso stretto: l’ago che entra nel braccio, il farmaco che entra in circolo… È un corpo a corpo fisico, intimo, questo con la cura che, visto in modo laterale, ho definito erotico.
La tua poesia è molto originale e immediata, eppure si percepisce che dietro ci sono molte letture. Chi sono i poeti che ti hanno formato? Ti senti parte di una tradizione poetica?
Ho letto, e leggo, molta poesia, principalmente italiana, sicuramente. Ma non so se ci sono delle influenze nella scrittura di questo libro, e se ce ne sono forse non mi sono reso conto dei modelli. Nei “Versi d’amore erotico…” nello specifico ciò che mi ha influenzato di più è stata la scrittura pubblicitaria (sono un copywriter), che mi ha spinto a portare in poesia un’immediatezza e una vivacità proprie del modo di scrivere del mio lavoro: è uno stile di scrittura che cerca di tenere sempre alta l’attenzione di chi fruisce il messaggio. Con un tema potenzialmente pesante come quello del libro, ho pensato ci volesse una carica di leggerezza e vitalità.
In campo poetico ho due forti simpatie, una per Corrado Bianchetto Songia, meraviglioso poeta biellese. E un’altra per Pasquale Panella, paroliere di Battisti, che con “Poema bianco” ha scritto un libro di poesia funambolico nel linguaggio, ma profondamente commovente. Quando anni fa l’ho scoperta, anche la scrittura di Milo De Angelis ha esercitato su di me un grande fascino.
Specie dopo la vittoria postuma del premio Strega da parte di Ada D’Adamo è molto viva la polemica letteraria sull’autofiction e sul racconto del dolore. C’è chi accusa gli autori di essere egoriferiti, di non inventare più nulla ma di parlare soltanto di sé, di attirare pubblico più con l’empatia per la vicenda umana che per la bellezza della scrittura. Hai seguito queste discussioni? E cosa pensi al riguardo?
Sono al corrente di queste discussioni, ma non ho particolari pregiudizi su cosa debba essere oggetto di scrittura. L’importante per me è che un testo, di qualsiasi natura esso sia, quindi anche autofiction, porti vita nella letteratura, e letteratura nella vita reale. Se il gioco di parole regge.
Nella silloge, basata interamente sulla metafora del rapporto con il farmaco come rapporto d’amore, troviamo tutte le contraddizioni di un amore vero, e questa ritengo sia la vera forza dell’opera. Ma per usare un termine attuale e persino abusato: hai raccontato a modo tuo un amore tossico? O in qualche modo l’amore un po’ tossico lo è sempre? C’è qualcosa, in questo libro, delle tue reali relazioni d’amore?
Ho avuto anche io i miei passati amorosi scombinati, ma non sono presenti in questo libro in modo diretto. Di sicuro ho attinto ad alcune sensazioni ed emozioni forti vissute, ma non in una singola particolare storia. Volevo raccontare un amore impossibile, un po’ folle ma innocuo, infuso di molta, molta passione, cui ci si possa empaticamente appassionare con la lettura. Non credo infine si tratti di amore tossico, ma al contrario di amore curativo (lei è un farmaco), dunque sano. Anche se parecchio singolare.
Pubblicare in Italia non è facile, specie con un buon editore. Puoi raccontarci il percorso del tuo libro fino alla pubblicazione? È stato facile? Hai ricevuto rifiuti, incoraggiamenti, consigli utili? Ed ora, ti sta dando soddisfazioni?
Non è stato immediato e un po’ ho fatto fatica. Ma era un percorso da fare fino in fondo per arrivare, tra rifiuti, critiche, complimenti e attese, alla giusta modalità di pubblicazione. Oltre a mandare il testo agli editori l’ho condiviso con poeti, scrittori e autori di cui ho stima. Ho ricevuto rifiuti garbati. Qualche volta (come è normale nel mondo editoriale) non ho mai avuto risposta. Ho ricevuto incoraggiamenti e parole di empatia inaspettate. Poi è arrivato Matteo Chiavarone con Ensemble Edizioni, che senza fare molti giri di parole mi ha comunicato in modo breve e diretto che mi avrebbe pubblicato. Ho apprezzato molto questa immediatezza dell’editore. Le soddisfazioni vengono dalle presentazioni dal vivo, con neurologi o anche psicologi o psichiatri che insieme ad amici scrittori (l’attentissimo Valerio Millefoglie, Ivan Carozzi e la sua curiosità…) hanno portato tridimensionalità alla discussione intorno al libro, al tema e al tono.
Premesso che la malattia non è mai una fortuna e affermare il contrario è bieca retorica, ritieni che ricevere una diagnosi impegnativa modifichi il proprio modo di decodificare la realtà? E ritieni che l’esperienza della malattia abbia in qualche modo scatenato la tua creatività, o saresti diventato poeta comunque, in qualche altro modo?
Ho scritto molti libri, molti di poesia, prima di questo (senza passare per la pubblicazione). Avevano un’altra lingua. Forse un po’ più astratta e oscura. Sono stati la mia palestra di scrittura. Con i versi per la “Signorina Zumab” sono però arrivato a nuove conclusioni creative, avevo bisogno di modificare e alleggerire il mio linguaggio per raccontare la complessità – e tutto il peso – di ciò che mi stava accadendo. La condizione di malattia influenza, o meglio, può influenzare, nel profondo la realtà perché è una sonora sveglia, un richiamo a essere più consapevoli e presenti nella realtà di ogni giorno. E nella mia nuova realtà c’era anche la consapevolezza di poter scrivere, in modo un po’ inaspettato forse, inventivo, di un tema forte, difficile.
Nel libro inserisci alcune note riguardanti il tuo percorso di cura, per rendere le poesie più chiare e fruibili. Ho trovato questo molto utile e rispettoso nei confronti del lettore. La poesia di oggi sembra dividersi tra il volutamente oscuro e la banalità, con poche eccezioni. Tu sembri elevarti su entrambe queste forme, è voluto o inconsapevole?
Qualsiasi sia il risultato di questo libro in particolare credo sia frutto di ricerca e riflessione. Il momento della scrittura in sé, quando digito sui tasti della tastiera, è invece molto fluido, immediato. Come se il pensare molto intorno alla propria modalità di scrittura faciliti molto l’esecuzione. Le note, molto semplici, presenti nel libro, fanno parte dell’idea di scrittura pensata per questo testo: sono dei facilitatori per il lettore che talvolta arrivano quando il flusso si fa più denso o oscuro. Desideravo un’esperienza di lettura senza grandi asperità, ma che rimanesse comunque significativa e incisiva. Spero di esserci, almeno in parte, riuscito.
Nelle tue poesie non usi forme chiuse, eppure c’è musicalità. Che rapporto hai con la metrica? Hai una tecnica o vai a istinto?
Non ho studiato la metrica poetica, ma letto tanta poesia. E ascoltato molto rap, soprattutto italiano, negli anni ’90. Nel rap di allora, la parola “metrica” ricorreva molto nei testi, correlata alla capacità del rapper di incastrare rime e assonanze in un unico flusso sonoro, a tempo sul beat. Era uno status, un feticcio, un oggetto di cui vantarsi come un paio di sneakers, o un vestito, di marca. Ho cantato in un gruppo, non propriamente rap, i SUPERLOWed (un album e un ep) in cui abbiamo sperimentato molto con la metrica in questa accezione stilistica, lavorando su suono e musicalità della parola a tempo.
“Sexy Lady, cosa credi che non sappia che in tutto c’è il bene e il male? Io per capirlo bene sono finito in ospedale”. Citi più volte Eraclito e la coincidenza degli opposti. Cosa rappresenta per te?
Sono citazioni spontanee, quasi scolastiche, mi viene da dire liceali, per nulla erudite, l’idea era di restituire il senso di immediata, quasi ingenua, creatività con cui ho scritto il libro. Più che citazioni (Eraclito, Catullo, ma anche Gainsbourg…) sono delle coloriture. Sulla coincidenza degli opposti ti dico che questo libro ne è probabilmente un esempio. Quando ancora non lo avevo pubblicato e annunciavo novità su di me a persone, care, che non vedevo da tempo, mi succedeva di dover dire nella stessa frase che avrei pubblicato un libro e che ero malato di Sclerosi Multipla. Ottenendo un feedback naturalmente non univoco. Gioia e dispiacere. Vedo queste due cose come un’unica moneta, con due facce.
Perdona il Marzullo in me: la malattia ti aiuta a scrivere o la scrittura ti aiuta a curarti?
La malattia, forse più in generale le difficoltà, ti provano, vogliono vedere come reagisci. La scrittura può essere molto utile nell’integrare malattia (e difficoltà) con il tuo sé di tutti i giorni, che vive, e che sogna.
***
5
Amore che pungi come una spina
Nel passaggio
dall’infusione al lavaggio, penso
e col pensiero vago:
ma come hai fatto Natalie, a entrare nella mia vita?
Risposta scema, dall’ago.
*
12
Illusions
Nella sala del piacere
con piacere
mi lascio bucare
dalle infermiere.
Non piangere gocciolando per me
Natalie.
Non è un dispiacere
(ma nemmeno un piacere)
avere due lesioni.
Nella scala del piacere
vieni prima di tutte
le illusioni.
*
15
Ammore malato
Natalì
(detto in napoletano)
il nostro amore è veramente
ma veramente strano.
Io ho il problema e tu la cura.
Sei la mia medicina…
Ma anche tu ce l’hai un problema
di cui conosco la cura
(la rima):
Una patologica ma socialmente accettabile sindrome
da crocerossina.