14 novembre 1935. Ventiseienne di incontaminata foga, Margiad Evans, incipriata in una nube di profumo scelto per l’occasione, si accinge a registrare fra le intime pagine del diario il suo primo anniversario di ‘matrimonio’.
Con il marito Michael Williams – padre della figlia Cassandra – però, convolerà a nozze solo cinque anni più tardi, nel 1940. Lo ‘scambio’ d’anelli e voti da infrangere è stavolta sigillo della relazione con una donna, Ruth Farr, germogliata un anno prima fra le mura di casa, il Lavender Cottage, dove la giovane Ruth – reduce da dissapori familiari – viene introdotta da Mrs Whistler, madre di Margiad.
“Sono in fiamme e brucio. Corri Arabella, corri. Un laccio fisico ci stringe in modo da non poterci separare” annota la Evans pochi mesi dopo l’incontro, velandosi dietro il nome di Arabella, suo alter ego letterario – nel 1933, in The Wooden Doctor, Arabella è protagonista di una torbida ossessione adolescenziale per il proprio medico. S’intravedono già, in filigrana, i temi – malattia, sessualità, misticismo – che saranno materia pulsante, nel 1952, della sua opera lunare, Un Raggio di Oscurità (Magog, 2023).
Scarni, all’interno della geografia biografica della scrittrice, gli accenni a Ruth Farr – definita dall’autrice, dopo un primo, inglorioso impatto, “una lesbica dichiarata ed evidente” –, volatile come uno spettro, confinata all’invisibilità delle liaison elettive. L’intreccio, quantomeno amicale, perdura anche oltre la ‘separazione’ e al netto di infedeltà diversamente manifeste. Agli albori del sentimento, la Farr s’infiamma infatti per le tenere carni di Nancy, sorella minore di Margiad, per poi recidere il triangolo, ridurlo a un duo eletto, da letto; la Evans, dal canto suo, è preda di un’intermittente infatuazione per il suo editore, Basil Blackwell.
“Esperienza? Sono una donna con due seni e un ventre vibrante e giuro che ho provato terrore all’idea di andare a letto con Ruth perché non conoscevo la grammatica di quei gesti. L’amavo. Sono stata a letto con lei per amore. Non ho mai negato di esserne innamorata, non ho mai mentito. Il sentimento ha iniziato a divampare e io l’ho confessato” – scrive, patrocinando la propria causa, in risposta alle accuse mosse dalla sorella, oltraggiata all’idea di un amore consumato per mera ‘esperienza’. Ben distante da ogni bollinatura di genere, Margiad si cuce la passione sul petto.
Quando il legame con Ruth si scioglie in maniera risolutiva – la Farr si consolerà poi fra le vesti spirituali della mistica Dorothy Kerin, dando alle stampe il libro Will you go back? (The Dorothy Kerin Trust, Kent, 1977) – la tematica omoerotica resterà però una costante, silenziosa e simbolica, degli scritti di Margiad Evans. Solo pochi anni prima, nel 1928, avevano visto la luce editoriale Il pozzo della solitudine di Radclyffe Hall e Orlando di Virginia Woolf, capisaldi di un genere letterario di cui l’opera della Evans – bypassando ogni ‘tirata’ queer (la questione viene più specificamente affrontata da Kirsti Bohata in Rediscovering Margiad Evans [University of Wales Press, 2013]) – lambisce i contorni. Nel breve saggio che la Bohata dedica al tema, emerge l’inclinazione dell’autrice a descrivere il contatto con Ruth Farr nei suoi scritti privati usando immagini e metafore che ricompaiono poi nelle opere destinate al pubblico. La musica, le apparizioni e la malattia, in particolare – metafore sovente utilizzate per accompagnare momenti angosciosi – vengono talora associate al desiderio che aleggia fra due donne, creando un sottotesto omoerotico nella sua narrazione o comunque legate a inquietudini passionali. Nell’opera della Evans, il sesso sembra risarcire il corpo della patologia a esso inflitta.
Il linguaggio della malattia, che troverà compimento letterario e poetica forma in Un Raggio di Oscurità – diario mistico di un’epilessia –, è anche sintomatico dei malesseri emotivi della Evans. Quando la relazione con Ruth rischia di deragliare, nel maggio 1934, causa ‘adulterio familiare’, annota:
“Ruth ha reso il nostro amore un senzatetto. Di lei non mi resta che l’orribile [?] ricordo del mio ardimentoso petto che bramava il suo tocco; un cancro sulle mie labbra e nel mio seno, come il corpo amputato e amaro di una madre sulle cui vene avvelenate declinavo perversamente la testa, sentendo scorrere in me lo stesso fiele, come se dimorassi nel suo grembo”.
Quanto agli scritti riservati al pubblico, lo spettro omoerotico comparirà nei romanzi Creed e The Wooden Doctor, così come nei racconti “The Haunted Window” e, in particolare in “A Modest Adornment” – storia di un triangolo saffico avente per protagoniste due anziane donne –, pubblicato nella raccolta The Old and the Young. In tutti, amore, malattia e morte si fondono in una triade perfetta.
La Evans, che amava le storie brevi ma non altrettanto scriverle, si cimentò impetuosa in questa unica raccolta – la cui composizione prende spunto da aneddoti narrati dai vicini di casa, in particolare da Mrs Ellen Saunders, come ricorda Ceridwen Lloyd Morgan nell’introduzione a The Old and the Young (Poetry Wales Press, 1998) –, realizzata perlopiù fra le mura dall’amato cottage di Potacre, nel Llangaron. Ogni racconto è istoriato da illustrazioni dell’autrice, così come le copertine dei romanzi, firmate col suo vero nome, Peggy Whistler.
A ispirarne la prosa breve, un variegato nugolo di autori, da Jane Austen alle sorelle Brontë, Tolstoj, Thomas Mann e Flaubert, fino a Le Fanu e alle novelle romantiche di The Woman’s Weekly.
Non amò invece i racconti di Virginia Woolf: “Comincio a pensare che tutte le donne scrivano allo stesso modo, come sedute su un tappeto a fiori, avvolte dal tepore di una bella stanza tutta per sé”, e non troppo quelli di Katherine Mansfield: “A volte [è] così profondamente brava – altre volte pare dimenticarsene e il risultato è puro bathos – un’orribile sorta di stupido inciampo da ragazzina immatura”. Certo, i salotti di Bloomsbury erano piuttosto lontani dalla mistica e monastica rigidità della vita di campagna al confine fra Galles e Inghilterra.
Ad incontrarne i favori, invece, l’americana Eudora Welty, con le sue storie di comunità rurali degli Stati del sud, lo stile superbo, tutto “potenza e furia” e alcuni autori gallesi come Glyn Jones e Gwyn Jones, con i loro ritratti di persone e costumi non molto differenti da quelli centrali della sua vita.
Amava avventurarsi in profondità, Margiad Evans, fra gli abissi di boschi, terra e cielo, sempre al confine di se stessa, vera terra da esplorare. Il 22 luglio 1944, rosa da affanni narrativi, annotava sul diario:
“La mia penna traccia sentieri. Camminerò oltre le colline della pace, perché è sul fianco più lontano che dimorano le mie storie”.