21 Luglio 2022

“Lasciare traccia del proprio passaggio”. Sulla poesia di Marco Munaro

Andrea Temporelli stupisce ancora il mondo della letteratura italiana. Il poeta ‒ infatti ‒ il romanziere, l’insegnante e critico letterario, torna sulla scena curando come direttore una nuova collana per Ladolfi Editore. Nella fattispecie, si tratta della Collana Opale, che si prefigge di dare risalto a quei “poeti nel limbo”, che forse non hanno ancora avuto appieno il giusto riconoscimento nella nostra realtà italiana; e che pure, se davvero letti e considerati, si manifestano come autori di primo piano, se non di tutto rilievo e rispetto.

Temporelli dunque ha curato una auto-antologia di Marco Munaro, resa pubblica a ottobre del 2021. La prima di una serie che si prospetta davvero interessante. Anche il titolo del libro stuzzica e intriga il lettore non di primo pelo: Un tempo nel tempo. Poesie (1983-2021).

Se da un lato questa auto-antologia si presenta come parte di un libro che il lettore è invitato a ricostruire o a immaginare, dall’altro è un’opera godibile in sé, nella sua architettura e nei suoi passi, nel respiro di una voce fedele alla vita e al suo canto.

Munaro, del resto, (insegnante pure lui) è poeta prolifico. Sono davvero tante le raccolte che finora ha pubblicato. È inoltre traduttore di Queneau, Rimbaud e Virgilio. Nel 2003, ha fondato “Il Ponte del Sale. Associazione per la Poesia”; associazione che poi ha pubblicato come casa editrice, solo per fare qualche nome, oltre allo stesso Temporelli, anche Simone Cattaneo e Riccardo Ielmini. Alla ricerca di una poesia di qualità, insomma, che insegue e persegue, ed esige, altrettanta aristocrazia della forma: stili unici ed inimitabili; per questo invidiabili, irraggiungibili: marchio indelebile di sacrificio verso la parola e verso quel verbo che solo consacra e / o annienta il poeta nell’assoluto.

Tornando alla poesia di Marco Munaro, essa è poliedrica, variopinta, spicca come i tantissimi comignoli affratellati sui tetti di una grande città quale può essere quella di Torino. Giusto per citare qualche verso da Cinque sassi:

Farfalle

Lasciare traccia del proprio passaggio
su piccoli, cari, fogli di carta.
Gettarli. E ritrovarli, per caso,
a sventolare, come
farfalle per la camera

O, ancora, a pagina 158 del libro:

Robigo Roigo

Ruota del destino
che porti il cammino
o Ruggine del grano
oro disperso, vano.


È dalle parti del campanile di San Rocco?
Ero sull’albicocco.
O è alla Rotonda, tra le calle
del cimitero sconvolto, ‒ LE MANI
che vòlto rivolto
il rovaio?

Temporelli, pertanto, persevera nel perseguire e divulgare una poesia che ben presto diventerà, a mio parere, di tradizione. L’artigiano del verbo, lo scalpellino della parola, torna non solo per dire che non se ne è mai andato dal mondo delle lettere, ma soprattutto per difendere e dare spazio a quella poesia vera, che in molti, invece e purtroppo, vorrebbero vedere annegare nel lago torbido delle loro più nefaste fantasie.

Tuttavia la poesia è viva; tutt’altro che scomparsa. Ora ne abbiamo traccia. Basta solo accorgersene. Basta solo sfogliare (per il momento) questo primo libro, per farci fortemente assaporare il sapore propizio del vento.

Gruppo MAGOG