27 Dicembre 2023

“L’amore può tutto, l’amore osa tutto”. La Maddalena di Rilke e la storia del sermone ritrovato

Di ritorno a Parigi dopo un breve soggiorno in Egitto, nel 1911, durante una passeggiata lungo Rue du Bac, Rilke intravide un vecchio manoscritto nella vetrina di un antiquario. Si affrettò ad entrare nella bottega e iniziò a sfogliarlo. Fu così che si trovò tra le mani un testo di rara bellezza: L’amour de Madeleine, il sermone di un anonimo francese del XVII secolo. Naturalmente lo acquistò seduta stante per meditarlo nell’assoluta tranquillità della sua stanza all’Hôtel Biron, dove Rodin aveva allestito il suo atelier, al 77 di Rue de Varenne.

Dopo la prima lettura, Rilke si rende conto che deve “far arrivare quel testo in molte, molte mani” e decide di tradurlo in tedesco. Le sue parole alla principessa Marie von Thurn und Taxis, il 10 maggio, sono incisive:

“Lavorare; per acquisirne lentamente e ogni giorno l’abitudine, ho tradotto il Centauro di Guérin. Molto bello. Vi manderò la copia entro pochi giorni, insieme ad un singolare sermone, L’amore di Maddalena, illuminante, di vera rilevanza spirituale, scoperto a San Pietroburgo e che l’editore attribuisce a Bossuet”.

Ne scrive anche a Rudolf Kassner il 16 luglio:

“Mi si apre il cuore traducendo […] il meraviglioso sermone il cui manoscritto è stato trovato a San Pietroburgo e gliene mando una copia: sono certo che le piacerà moltissimo”.

Nonostante approfondite ed accurate ricerche, il sermone resta tuttora anonimo. Alcuni sostengono che il testo debba essere attribuito al famoso predicatore Jacques Bénigne Bossuet (1627-1704) e che fosse destinato ad un monastero di suore di clausura. L’unico dato certo è che fu scritto nel XVII secolo.

L’amore di Maddalena è un testo mistico che celebra lo smisurato amore “penitente” della donna verso Cristo, da lui teneramente ricambiato fino alla morte e oltre. “Ma che amore è, quello di Maddalena?” si chiede l’anonimo francese:

 “L’amore può tutto; l’amore osa tutto, l’amore non è solo libero e confidenziale, ma anche ardito e intraprendente; e io vedo Maddalena che si fa da parte; che non osa levare gli occhi né guardare quel viso; che considera una felicità già troppo grande il potersi avvicinare ai suoi piedi, che sospira e non parla; che piange e non osa sperare in alcuna consolazione; che dona tutto quel che ha e tutto ciò che è, e non osa neppure chiedere grazia. Se è l’amore che ti spinge, Maddalena, che temi? Osa tutto, affronta tutto. L’amore non conosce limiti; i suoi desideri sono la sua regola; i suoi trasporti sono la sua legge; i suoi eccessi sono la sua misura. Esso teme solo di temere; e ciò che lo autorizza a possedere è l’ardire di pretendere tutto e la libertà di affrontare tutto”.

Il sermone accompagna Gesù e Maddalena nel loro viaggio d’amore e raggiunge picchi lirici di ineguagliata bellezza, intercalando la narrazione con alcuni passi del Cantico dei Cantici. L’amore penitente non può tuttavia osare il linguaggio della sposa del Cantico “Vieni, diletto del mio cuore, vieni; baciami con i baci della tua bocca”, no, deve esprimersi in altro modo. Deve cantare attraverso le lacrime, i singhiozzi, il melodioso silenzio; deve dire: “non son degna del tuo amore, allontanati”; deve soffocare il suo desiderio. “Soffocandolo, però, lo fa vivere in altro modo, più intimo e più delicato. Questo desiderio, frenato dall’umiltà, raggiunge il suo oggetto per un’altra via. […] Ecco dunque i meandri mirabili e misteriosi dell’amore penitente che si accosta fuggendo e che arriva a possedere respingendo”. Gesù comprende bene quel linguaggio: “sa riconoscere che lo si respinge a quel modo proprio perché lo si desidera ardentemente”. Questo desiderio che si esprime attraverso il suo contrario, gli tocca il cuore e lo colma d’amore.

Maddalena lo segue ovunque, fin negli abissi del supplizio; regge la geometria del dolore ai piedi della croce e, quando lo depongono nel sepolcro, non lo abbandona nemmeno per un minuto – finché lo vede, risorto. Ed è lì, in quel momento, che scatta l’inverso meccanismo. È lui a dirle: “allontanati” come a spiegarle “non toccarmi, ora che sono a portata delle tue mani; aspetta a toccarmi quando sarò salito al cielo […]; allora ti avvicinerai con tutto il tuo impeto”.

Pazza d’amore, ella corre, cerca, si sfinisce. “Non mi è difficile immaginare l’effetto terribile che produssero quelle parole di Gesù sul cuore di Maddalena” dice il sermone. Ma, più avanti, chiarisce: Gesù vuole che Maddalena si smarrisca nella forza dell’amore, perché goda dell’atto di amare al di là dell’oggetto che lo ha fatto sorgere. La allontana per “eccitare l’amore” non per “saziarlo”.

Quando Maddalena comprende che le fughe di Gesù sono seduzioni e che non lo possiede meglio di quando sembra perderlo, pronuncia a sua volta il suo “fuggi diletto mio!”. Quel che più sorprende è che lo esprime nel momento in cui lui le si avvicina per accarezzarla più teneramente che mai, forse sperando di ricevere una carezza e per tutta risposta sente quel “fuggi!”. È incostanza? È ripicca d’amore? Assolutamente no: è la ferale bellezza dello sguardo senza possesso. L’amore puro non ha paura di perdere tutto; nella sua massima estensione arriva persino a desiderarlo, senza nulla trattenere per sé, tutto donando. “E così si consuma tutto il mistero del santo amore”, nel tempo dell’esilio terreno, nell’attesa dell’eternità “e allora vedremo, ameremo, gioieremo, vivremo per i secoli dei secoli”.

Qui si chiude il sermone: una delle tante “corrispondenze baudelairiane” che popolano tutta l’opera e la vita di Rilke. Evidente è la crasi de L’amour de Madeleine con il besitzlose Liebe (l’amore senza possesso) che tanta parte ha avuto nella poetica rilkiana: Maddalena non è altro che una delle “grandi amanti colme di forza” (che troviamo nel Malte e lungo tutta l’opera e i copiosi epistolari). A lei è dedicato uno dei grandi poemi biblici delle Nuove Poesie (1907):

Mai fino all’ultimo ebbe cuore
di rifiutarle o di vietare
ch’ella del proprio amore si gloriasse;
ed ella cadde ai piedi della croce
vestita d’un dolore ch’era tutto adornato
delle più grandi gemme del suo amore.

Ma quando venne in lacrime al sepolcro
per spalmarlo di balsami, Egli era
per lei risorto e per poterle dire,
più beato, il suo: Non mi toccare –

Lei capì solo poi nella sua grotta,
quando, fortificato dalla morte,
lui finalmente le vietò il conforto
di spalmarlo di unguenti e il presagio del contatto,

per educare in lei la donna Amante
che sull’ Amato ormai più non si china
perché, sospinta da bufere enormi,
sopravanza la voce dell’Amato.

(Cristo Risorto, Nuove Poesie)

Come l’anonimo francese, Rilke si libra in una lettura audace delle Scritture nel solco dell’amore assoluto, intransitivo, slegato dalle maglie del possesso e persino dal suo oggetto. Gesù si fa qui strumento di elevazione per la Maddalena, forgiando in lei la grande Amante che, amando, sopravanza l’Amato all’infinito.

El Greco, Crocefissione, 1597-1600, Museo del Prado, Madrid

Dopo la traduzione del sermone, Rilke ritornerà ancora sulla figura di Maria Maddalena. Ammirerà assorto la Crocefissione di El Greco al Prado, dove si recherà nel febbraio del 1913, e così ne parlerà a Magda von Hattingberg il 13 febbraio 1914:

“di fronte alle tenebre squarciate del cielo, la croce con la lunga fiamma smorta del suo corpo […] Maria e Giuseppe, a destra e a sinistra del dipinto, in piedi e con lo sguardo a lui rivolto, seguono la direzione del suo dolore per sempre innalzato, incapaci d’altro. Solo Maria Maddalena, vedendo colare il sangue dai suoi piedi inchiodati l’uno sull’altro, è sommersa dalla sofferenza. Cade in ginocchio, raccogliendo in una mano il sangue che cola lungo la croce, proprio sotto i piedi, e con l’altra, la sinistra, quello che è già colato più giù […] non vede altro che il suo sangue”.

Sul catalogo del Prado, sull’immagine della Maddalena disperata che si affanna a raccogliere il sangue di Cristo ai piedi della croce e degli angeli che accorrono ad aiutarla, quasi ad accerchiare quel sangue a mani nude, Rilke appuntava la parola “musica”. E forse pensava: “Le delicatezze del tuo viso/ tu le offri a chi sa sopportare”, come aveva scritto nel Pellegrinaggio del suo Libro d’ore.

Marilena Garis

Gruppo MAGOG