Piccoli saggi, prima di Piccole donne. Infusa di trascendentalismo e colta da accessi di femminismo, Louisa May Alcott, un attimo prima della definitiva ‘bollinatura’ da parte della letteratura per ragazzi indagò nella forma, vagabondò nel genere. Satira garbata, schizzi autobiografici, reportage bellici. Pellegrinaggio totalmente privo di flaneurismo letterario. Soddisfare il pubblico o morire di fame – questa la sua filosofia. Si definiva “macchina da scrittura” e per mantenere a galla la sua ‘patetica famiglia’ scriveva otto ore al giorno, in aggiunta alle fatiche domestiche – pulire, cucinare, insegnare a scuola. Un effetto collaterale dell’avvelenamento da mercurio che la condusse alla morte fece sì che scrivesse spesso con un braccio dolorante e una gamba gonfia appoggiata su uno sgabello – ricorda Liz Rosenberg nell’introduzione di A strange life, selezione di saggi della Alcott che Notting Hill Editions pubblica adesso, riuniti per la prima volta.
Nei brevi testi non c’è spazio per sentimentalismi di sorta – in un’epoca che pure li incoraggiava – o esperimenti narrativi sconclusionati, ma solo dedizione per quel lettore che prima di fidarsi della materia scritta ha bisogno di intravedere la realtà oltre la finzione. Da qui il lavoro dietro le quinte di Hospital Sketches (1863), basato sulla sua esperienza di infermiera durante la guerra di secessione americana – punto di vista del tutto inedito, che colse l’attenzione di un pubblico affamato di notizie sul conflitto civile – in cui, con animo pratico e femminile, non scrive di coraggio o strategia, vittoria o sconfitta, ma delle peculiarità della sopravvivenza. Una sorta di primordiale new journalism. Nondimeno, la cinica e acuta elaborazione di Transcendental Wild Oats (1873), resoconto della fallita comune utopica del padre – ‘Fruitlands’ – Amos Bronson Alcott, votato agli ideali filosofici del trascendentalismo, intenzionato ma incapace di provvedere al sostentamento familiare, preda com’era di deliri naturalistici insieme ai suoi seguaci. Henry David Thoreau, Ralph Waldo Emerson e Nathaniel Hawthorne furono maestri d’eccezione – di scrittura e scienza naturale – della giovane Alcott, che a otto anni compose la sua poesia d’esordio, “Al primo pettirosso”. Thoreau, in particolare, era solito accompagnare le quattro sorelle Alcott per lunghe passeggiate nella natura e gite in canoa, illustrando flora e fauna del New England. Il primo libro della carriera di Louise fu dunque Flower Fables – pubblicato nel dicembre del 1854 –, una raccolta di fiabe scritte per Ellen Emerson, la figlia di Ralph Waldo Emerson.
Irriverente e astuta, sempre ferma nel punto di intersezione fra tragedia e commedia, la Alcott, nei suoi saggi, se da un lato fa lieve leva sulle corde del cuore, dall’altro investe il linguaggio delle sue convinzioni di politica sociale – parità di diritti, voto alle donne. E prima di un rocambolesco reportage sulla propria esperienza di ragazza mandata a servizio in una tediosa famiglia – How I went out to service (1874) –, s’era dedicata, in Happy Women (1868), alla strenua difesa dei benefici di una vita da non sposata e all’inalienabile diritto delle donne a non cadere fra le infauste maglie del matrimonio. A rimanere single – si direbbe. Zitella, scrive lei. (Fabrizia Sabbatini)
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Happy Women (1868)
Uno dei crucci del genere femminile è la paura di rimanere zitella. Per sfuggire a questa infausta condanna, le ragazze più giovani si lanciano a capofitto nel matrimonio con stupefacente imprudenza; mai si soffermano a ricordare che la perdita della libertà, della felicità e del rispetto per se stesse è scarsamente ripagata dall’arido tributo di essere appellata “signora” anziché “signorina”.
…Così L., figlia di un uomo ricco; bella, realizzata, sensibile e buona. Aveva sperimentato la vita mondana e scoperto che non la appagava. Nessun amante era abbastanza giusto da suscitare una risposta nel suo cuore, e a ventitré anni aveva iniziato a guardarsi intorno per cercare qualcosa che la occupasse e la interessasse. Fu attratta dallo studio della medicina, ne fu assorbita, partì da sola per Parigi e Londra, studiò in maniera assennata, conseguì il titolo e, dopo aver esercitato con successo per un certo periodo, fu nominata medico interno di un ospedale cittadino… Ora non ha tempo per la noia, l’infelicità o il vago desiderio di qualcosa che le riempia il cuore e la vita, che spinge così tante donne a rifugiarsi in attività e interessi frivoli o deleteri. Non parla mai della sua missione o dei suoi oneri, ma adempie splendidamente all’una e si assume tranquillamente gli altri…
Ad M… povera ma attraente, per merito di doni e grazie di natura, si presentò la grande occasione della vita di una ragazza: un ricco pretendente; giovane eccellente, ma inferiore a lei sotto tutti i punti di vista. Entrambi avvertivano il divario ma, sperando che l’amore li avrebbe resi uguali, lui seguitò a insistere nella causa.
“Se lo amassi”, disse lei, “avrei la strada spianata e non esiterei un minuto. Ma non è così, ci ho provato… La gente mi dice che sono sciocca a rifiutare una tale fortuna, che è mio dovere accettarla, che me la caverò benissimo senza amore, e ne parla come se si trattasse di un affare. È difficile dire ‘no’, ma… nel matrimonio voglio guardare in alto, non in basso. Non riesco a far apparire come scelta giusta accettare una simile offerta, e devo lasciar perdere, perché non ho il coraggio di vendere la mia libertà”.
…S. invece è povera, semplice, scarsamente dotata e ordinaria in ogni cosa, tranne una: uno spirito allegro e disponibile, che ama il prossimo più di se stesso e non si placa finché non ha dimostrato la sua sincerità. Poche persone, in questo stato, avrebbero vissuto quaranta duri e monotoni anni senza divenire aspri e spigolosi, o cinici e depressi, ma S. è dolce e solare come un bambino… Trovando il suo giro di impegni domestici troppo ristretto per la sua benevolenza, è diventata una di quelle missionarie a domicilio, i cui rapporti non vengono mai letti e gli stipendi mai pagati. Case povere, letti malati, anime peccatrici e cuori addolorati la attraggono irresistibilmente come il piacere attrae le altre donne, e lei esercita fedelmente il suo ministero per queste persone, sconosciute e non riconoscenti.
“Non ho mai avuto un amante e mai potrò averlo, è chiaro. Sono così banale”, dice, con un sorriso patetico nella sua umiltà, nella sua inconsapevole malinconia. Si sbaglia, perché ci sono molti per cui quel viso semplice è bello, quella mano utile è cara. I suoi amanti non sono di genere romantico, ma donne anziane, bambini, uomini dissoluti e ragazze abbandonate…
A. è una donna che, nel corso di un’esperienza insolitamente varia, ha visto così tanto di ciò che un saggio ha definito “la tragedia della vita matrimoniale moderna”, che ha paura di provarla. Sapendo che per una persona dalla natura particolare come la sua, un simile esperimento sarebbe doppiamente pericoloso, ha obbedito all’istinto ed è diventata una zitella cronica. L’amore filiale e fraterno deve soddisfarla e, grata che tali legami siano possibili, vive e si accontenta di ciò. La letteratura è una sposa affettuosa e fedele, e la piccola famiglia che è sorta intorno a lei, anche se forse poco amabile e scarsamente interessante per gli altri, è una proficua fonte di soddisfazione per il suo cuore materno. Dopo una traversata un po’ burrascosa, è felice di ritrovarsi in un porto sicuro…
Sorelle mie, non abbiate paura delle parole “vecchia zitella”, perché è in vostro potere fare di questo termine un decoro, non un disonore. Non è detto che si debba diventare una zitella acida e dispettosa, con nient’altro da fare che preparare il tè, spettegolare di scandali e custodire un fazzoletto da taschino. No, il mondo è pieno di lavoro e ha bisogno di tutte le menti, i cuori e le mani che possiamo mettere a disposizione. Non è mai esistita un’opportunità tanto fertile per le donne di godere della propria libertà e di dimostrare che la meritano, usandola con saggezza. Se l’amore arriva come dovrebbe arrivare, accettatelo nel nome di Dio e siate degne della Sua migliore benedizione. Se non dovesse arrivare mai, in nome di Dio rifiutatene l’ombra, perché non potrà mai soddisfare un cuore affamato. Non vergognatevi di dire la verità, non lasciatevi scoraggiare dalla paura del ridicolo e della solitudine, né rattristatevi per la perdita… Siate sincere con voi stesse, coltivate qualsiasi talento possedete e, mettendolo fedelmente a disposizione per il bene degli altri, troverete sicuramente la vostra felicità e farete della vita non un fallimento, ma un gioioso successo.