13 Marzo 2024

“Sono fedele ai ricordi, non agli uomini”. L’amore tra Lou e Rilke: un libro per i mutilati del cuore

“È indicativo: la nostra prima esperienza è una perdita”.

Scrivere qualsiasi cosa riguardo i testi di Lou Andreas-Salomé è sempre rischioso, faticoso e sicuramente riduttivo. È stata un’anima immensa, che ha spaccato la linea del tempo. Le sue parole continuano anche oggi a creare delle crepe in chiunque si avvicina ai suoi scritti, fessure che aprono varchi di buio per farci entrare la luce. Ecco perché vi parlerò di soltanto un paio di capitoli del suo “Ricordando la mia vita”, edito da Castelvecchi. Lou Andreas-Salomé scrive una sorta di diario di ricordi della sua vita, organizzato per capitoli a tema e vediamo scorrere nelle pagine la vita di questa intellettuale nella sua completezza di donna, scrittrice, psicanalista. Il testo inizia con la frase che ho riportato in esergo: la nostra prima esperienza è una perdita. Nascere infatti è la prima esperienza di perdita, di distacco dal corpo della madre; nell’infanzia avviene la perdita del fantastico e del magnifico, gradualmente avviene la perdita anche del Dio. Si parla di perdita, non di abbandono, di qualcosa che semplicemente accade, di ineluttabile; la perdita di Dio, di un dio che abita l’infanzia, ovvero quel momento particolare dove tutto è possibile, dove ogni racconto può prendere forma e stare nella dimensione del reale. Lou Salomé parla col suo dio ogni sera ma poi questa comunicazione viene spezzata dalla crescita, ecco la perdita. La perdita del dominio del desiderio.

Due sono i capitoli – a mio avviso – irrinunciabili di questo libro, quelli dedicati al ricordo di Rilke e della relazione avuta con lui. È il punto di vista di Lou, la sua riva del fiume che si apre e concede un approdo temporaneo al lettore. Entrare dentro un amore come quello tra Rilke e Lou Salomé equivale ad azzerare ogni residuo di credenza sull’amore: se avevate delle certezze potete buttarle nel gabinetto, serenamente. Se pensate di aver amato nella vostra vita scoprirete di non sapere niente, di essere solo dei mutilati del cuore. Siamo tutti uomini monchi, mancanti di una parte fondamentale, di una apertura cardiaca alla vita che comprende perdita, abbandono, silenzio, gioia, condivisione e rispetto. Tutte queste sfumature potrebbero essere compresenti nell’amore, ma vi sfido a vivere un amore come quello tra lei e il poeta. Trovatelo, ora in questi tempi del meccanicismo, dei match su Tinder, dei follower e dei like alle storie, trovatelo un altro essere umano che non sia un mutilato del cuore. Due capitoli che vi ribalteranno, questo è sicuro. Ma si sa, la scrittura della Salomé ha una ferocia piena di grazia, leggere questo testo è come essere inseguiti da un puma, vi affascina e vi incanta per la sua andatura e le sue forme, gli occhi ipnotici, ma è sempre in attesa di sbranarvi. Leggere Lou Salomé è stare con questo puma, camminarci a fianco, con il rischio continuo di vedersi divorare una mano o una gamba, proprio mentre prima vi faceva le fusa, maledetto gattone. Lei era una donna-puma, una seduttrice e una musa insieme, ispirava e annientava, a volte custodiva con la grazia e l’abbondanza che sanno avere solo le madri. Era una intellettuale raffinatissima e una psicoanalista sublime, capace di scalare le vette di un pensiero scientifico e filosofico, e allo stesso tempo non si spaventava ad entrare nei gorghi della mente dei pazienti, nelle circonvoluzioni cerebrali oscure, sorrette da sistemi di pensiero liquidi, infiltranti e tutti velenosi.

La relazione con Rainer Maria Rilke ha inizio dalle parole, da parole poetiche seminate in un tempo anteriore al loro incontro. Infatti, quello che pare essere un nodo del destino avvenuto in modo casuale era in realtà un nodo che si stringeva lentamente anzitempo, quando Lou riceveva queste poesie in forma anonima, dove si sedimentava un verso dopo l’altro. Il tempo degli Dèi è un tempo sincronico, dove tutto è già in essere, tutto già accade contemporaneamente; nel tempo degli umani, nel tempo della carne, esiste il concetto di tempo lineare dove le cose devono accadere secondo un ordine preciso, chirurgico, quasi metallico. L’incontro con Rilke non si può ridurre al resoconto dell’incontro tra un uomo e una donna, seppur romantico e seppur interessante; Rilke è un uomo-poeta, un animale speciale e ibrido, che contiene dei tratti umani e poetici, l’essere poeta è una vocazione ineluttabile, ma essere è una cosa ancora più straordinaria.

“Ma proprio perché posseduto da questa sicurezza onirica, non tendeva a sopravvalutare ciò che aveva già scritto, considerandolo anzi nient’altro che uno stimolo per altri sperimenti espressivi in cui lo sforzo tecnico, la lotta con la parola, si impigliava ancora quasi necessariamente nell’eccedenza sentimentale”.

Rainer era un uomo in cui la lotta tra l’umano e il poetico si esprimeva in maniera particolarmente intensa e dolorosa. Una lotta devastante che non lasciava speranza nei suoi periodi di abisso e oscurità. Lou gli starà sempre vicino, sostenendolo e osservando a una corretta distanza le sue crisi, sarà presente con la delicatezza di chi ha imparato a rispettare un equilibrio difficilissimo tra intimità e autonomia. Con la sua intelligenza Lou comprende la lotta selvaggia, con la sua sensualità erotica porterà a Rilke l’esercizio del vivere senza sentimentalismo.

“Senza dubbio ogni attività artistica contiene il pericolo di una tale rivalità con la vita ma questo pericolo era sensibilmente superiore per Rilke, perché il suo ingegno era tutto volto al poetico superamento dell’indicibile, al tentativo di esprimere l’inesprimibile con la veemenza delle sue poesie”.

La rivalità con la vita sfocia inevitabilmente nell’angoscia, un tormento che ingloba tutto l’uomo e lascia il poeta libero di annaspare, nella speranza di raggiungere quella parola luminosa salvifica, quel verso assoluto e perfetto. Ma questa angoscia di cui è testimone Lou Salomé non è una angoscia comune, non è la classica perdita dell’oggetto, ma una angoscia diversa, è un mostro che non si controlla, che non si può legare con nessuna corda magica.

“All’angoscia totale di essere inghiottito dal Nulla insieme a quella forza interpersonale, cioè Dio, che agisce sull’individuo e sul Tutto. Nella realizzazione di Dio, il poeta e l’uomo dovevano scontrarsi: infatti l’uomo non è che l’immediatezza dell’essere, il suo recipiente, il poeta invece è colui che, nel processo creativo, è chiamato a rendere reale quest’essere”.

In questo Nulla che spalanca la bocca, una bocca che è senza denti, che diventa già gola dell’abisso è possibile essere ingoiati senza salvezza, l’uomo Rilke si perde e persino il dio della parola si sgretola, evapora in questo Nulla. Questo è il dramma del poeta, il terrore di un nulla assoluto che inghiotte tutto, che divora e mastica nelle mandibole edentule i periodi di improduttività, di sterilità creativa. La scrittura non è solo un esercizio, è uno scavo continuo nelle nebbie dell’esistere, cercare di distinguere le forme di quello che arriva ai nostri occhi, dare un nome alle cose, creare mondi.

La relazione tra Lou e Rainer accadde su questo piano materiale in modo immediato, senza alcuna mediazione dell’amicizia, prima avvenne l’erotico e poi il resto. Questo lo ammette lei stessa in una sorta di lettera dedicata a Rilke, già morto.

“Per questo l’unione erotica dovette precedere l’amicizia, anche la nostra amicizia si compì non per libera scelta, ma attraverso uno sposalizio arcano”.

Abituati al grigiore dei tempi “moderni”, all’appiattimento relazionale devastante queste parole sono lame affilate su pietre antiche, alla maniera dei guerrieri ittiti. La parola-lama passa più volte sulla pietra, viene strisciata in un equilibrio chirurgico, per poi affilarsi e tornare lucente a tagliare tessuti, ossa e sangue. Il contatto erotico avvenne per primo, precedendo qualsiasi consenso, qualsiasi norma da galateo. Questo perché sull’altro piano, nel tempo degli dèi, tutto era già in essere, tutto era già accaduto. Quando ci chiediamo cosa sia l’amore, come potremmo definire questa difficile parola, che in italiano si riassume solo in questo termine, mentre già per il greco antico esistevano numerose sfumature della questione, ecco che dovremmo prendere tutti in lettura questo testo. Lo leggeremmo e alla fine potremmo pure chiuderci in casa, mandare a quel paese ogni relazione. Perché l’amore di Lou Salomé per Rilke è qualcosa che travalica le bieche emozioni umane, esula dal possesso, dalle definizioni, dalle finzioni tra maschere.

“Se per anni sono stata la tua donna è perché con te mi si è aperta, per la prima volta, la dimensione del reale quale inscindibile unità psico-fisica e inconfutabile prova della vita stessa”.

L’incontro con l’altro, nella visione dell’amore di Salomé, porta in dono la prova della vita stessa. Questo è qualcosa che appartiene però al divino, non all’umano, non all’uomo e alle sue fragilità. Il loro amore e il loro incontro è qualcosa che ha spostato l’asse degli eventi, è qualcosa che appartiene a un piano altro, a un mondo astrale superiore e infinitamente lontano dalla materia che ci circonda. Amori come questo sono forse solo possibili tra due come Rilke e Salomé, tra due anime che giungono da secoli antichi, con la tensione verso il divino, verso la creazione, ancora immacolata e per questo con una difficile convivenza con gli strappi che porta il quotidiano.

Rilke molte volte le ha detto “tu sola sei reale”, proprio per l’adesione alla realtà e al senso della vita che questo amore donava a entrambi, non con estraneazione, non vortice e perdita di orientamento, ma prova della vita. In una lettera del 1913 Rainer le scriveva:

“Spesso mi dico che solo attraverso te io resto in contatto con l’umano, in te esso mi si rivolge, avverte la mia presenza, mi respira accanto; altrimenti gli rimango sempre alle spalle e non riesco a farmi riconoscere”.

Tutto questo è possibile perché certi incontri scatenano fuochi tanto esasperati, rivoluzioni dell’anima così potenti perché non attingono al piano del reale. È sul piano astrale che le cose scoppiano, che si chiamano a gran voce. Siamo degli illusi o dei materialisti incalliti – e per carità nessun giudizio per chi è adeso alla materia e ha bisogno di toccare per credere – ma siamo degli illusi se pensiamo che l’unione con l’altro sia un fatto casuale, senza direzione e senza conseguenze. Nel momento dell’incontro avviene anche l’avvicinamento di mondi invisibili al nostro occhio ormai cieco, disperato. I mondi invisibili si parlano e scaricano sul corpo tutta la loro potenza, è lì che il sistema elettrico del corpo, il sistema nervoso, crolla. È da questo sussurro tra i mondi invisibili che si uniscono che abbiamo le farfalle nello stomaco, i giramenti di testa, il respiro corto.

“Non avevamo forse in comune, noi due, quel sussurro di un mondo invisibile che portavamo nel sangue fin nei più profondi trasalimenti del corpo, fin nei più brevi, più sacri istanti della nostra esistenza?”

Date queste premesse si può pensare che questo amore sia stato eterno, finalmente una favola a lieto fine. Come fanno due mondi invisibili che si sussurrano segreti e che nel sangue esplodono di fuoco a separarsi? Come è possibile che venga mantenuta una distanza, se l’altro ti fa percepire l’unità e l’esistenza della vita, del reale? Eppure, Lou Salomé ribalta la storia, rovescia sul tavolo tutte le aspettative come una scacchiera deformata e traditrice. In realtà il possesso, l’unione corporea svanirà, ma resterà una amicizia che sorpassa qualsiasi confine, temporale e di distanza fisica. La Salomè a un certo punto decide di allontanarsi da colui che le aveva fatto scoprire la prova della vita stessa, ma questo è una concessione piena di grazia per Rilke: aveva visto oltre alle definizioni delle relazioni, sapeva che affinché lui potesse procedere nella sua maturazione come uomo e come poeta era necessario un distacco. Allo stesso tempo però c’è qualcos’altro, e lei con grande sincerità e umiltà lo ammette: la prova della vita, l’esistenza del reale erano andati oltre, a un certo punto ciò che legava i due in principio diventa – arricchendosi – gravido di significato, lei va oltre alla classica unione nella coppia. Lou Andreas-Salomé è una donna che per tutta la vita ha ricercato, provato e portato la libertà nel cuore, una libertà fuori scala, una sensazione di autodeterminazione che le femministe di oggi dovrebbero proprio andare a pulire le fogne (e pure in silenzio). Lei lascia Rainer, gli impone la distanza, per consentirgli lo sviluppo e per riconcedersi una nuova libertà, ora consapevole che la vita esiste e che è reale, più reale.

“Pur essendoti profondamente vicina e preoccupandomi della tua sorte, mi trovavo al di là di quello che lega un uomo a una donna, senza essere capace di tornare indietro. Non cerco attenuanti. La testa racchiusa nelle mani, cercavo spesso di far luce dentro di me e sfogliando una volta le pagine ingiallite di un mio vecchio diario, rimasi colpita dalla nuda verità di una frase, non ancora frutto dell’esperienza: ‘Sono per sempre fedele ai ricordi; ma incapace di esserlo agli uomini’”.

Lou Andreas-Salomé ammette quello che molti pensano ma che non hanno sufficiente fegato per dirlo, ammette di restare fedele ai ricordi ma non agli uomini. Ammette che esiste una sola fedeltà, che è per la propria anima, per ciò che è stato; questa fedeltà non coinvolge gli uomini come esseri umani, essi sono solo uno strumento, un veicolo di comprensione della propria anima, una prova della vita.

Clery Celeste

Gruppo MAGOG