“A costo di scandalizzare le partigiane di qualsiasi movimento di emancipazione della donna (…) non si può fare a meno di constatare quanto l’elemento femminile, già alle radici della vita, si presenti come il meno sviluppato, il più indifferenziato, e proprio per questo adempia al suo scopo precipuo”. L’umano come donna di Lou Andreas Salomé inizia così, ben consapevole di spiazzare e far arrabbiare chiunque voglia l’uguaglianza totale, senza tener conto della naturale e inevitabile differenza tra femminile e maschile. “La piccola cellula maschile è simile a una linea che avanza di continuo e della quale si ignora dove possa arrivare, mentre l’ovulo femminile si inscrive in un cerchio chiuso che non oltrepassa. A che scopo dovrebbe?”: Lou Salomé parte dalla micro biologia, da un attento studio delle cellule che ci compongono per spiegarci come maschile e femminile nascono con una struttura cellulare che già nel suo disegno primordiale indica la sua funzione, indica il percorso da seguire. La donna per Salomé è un cerchio chiuso e perfetto che deve guardare al suo interno, perché dentro contiene già tutto. L’evoluzione della donna non è fatta di estroflessione ma di escavazione, la donna deve scavarsi dentro perché nel suo ovulo abita il segreto della vita e della morte, dello spezzare e del ricongiungere. E questo è “in contrasto con l’affermazione che l’elemento femminile sia un’appendice passiva dell’elemento creativo maschile”.
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Il maschile, al contrario, è una freccia spinta verso l’esterno, spinta alla sua differenziazione sin dall’origine. Il maschile per giungere alla sua realizzazione deve differenziarsi, deve uscire dal suo sé, deve separarsi. Il femminile invece ha bisogno di “tenere unite tutte le forze all’interno della propria produzione”. Ecco perché questo saggio scandalizza le femministe, pone una base di differenza biologica tra maschile e femminile, una differenza minima – microscopica ma fondante di tutto il sistema multicellulare. La donna quindi non deve annullare il suo femminile per essere pari all’uomo, non deve sopprimere la sua natura ma accogliere la verità che “la donna è anzitutto e soprattutto qualcosa di totalmente autonomo, che dà quanto l’uomo, e che per lei tutti gli altri rapporti ne sono la conseguenza. L’unione dei sessi con tutto ciò che comporta è l’incontro di due mondi, di per sé autonomi, l’uno dei quali tende più alla concentrazione del suo sé, l’altro più alla specializzazione del suo sé”. L’uguaglianza e la parità non stanno quindi nell’annullare le caratteristiche di differenziazione tra maschile e femminile, nel fare lavori uguali, nel rendere la donna meno femminile e l’uomo meno maschile, quanto nella capacità e nella possibilità di dare in uguale misura tenendo conto dei movimenti opposti di crescita. La donna cresce cercando il suo interno, esplorando l’oceano genetico ancestrale, l’uomo evolve specializzandosi, estroflettendosi dalla sua cellula originaria, spingendosi fuori.
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“La donna paga il suo tributo alla vita soltanto con quello che è, non con quello che fa” pertanto questa differenza tra i sessi ci porta a riflettere sul rapporto con il proprio fisico; la donna, appena sviluppa in pubertà, entra in un contatto molto più intimo, introflesso, con il proprio corpo, ha un contatto più diretto, del tutto interno e personale. Da questo ecco perché anche l’atto sessuale nella donna è il risultante di una manifestazione che coinvolge tutto l’essere fisico, e non una “pulsione isolata”. Anche quindi a livello psichico questa differenza si esprime poiché per la donna devono “avvenire trasformazioni più profonde perché apprenda una connessione così imprecisa, così inafferrabile, tra il soddisfacimento sessuale e quello di tutto il resto del suo essere, come è comune e frequente nell’uomo”. Lou Andreas Salomé non ci dice che uno è migliore dell’altro, non si tratta di formare una classifica tra femminile e maschile quanto di dimostrare la differenza, una differenza che andrebbe conosciuta e preservata. Per esempio nel passaggio da vergine a madre, anche se non si sfocia nella maternità fisica, la donna esperisce due differenti modi di essere, non di agire. Sono due forme, due evoluzioni della sostanza psichica e fisica profondissime. Sono due mondi dell’esistenza che il femminile contiene, che il maschile può solo intuire.
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Solo la figura dell’artista può permettersi di avvicinare la condizione del femminile in modo tale da avere il diritto e il permesso di scrivere della donna: “tuttavia è certo che l’artista di sesso maschile in quanto artista, è straordinariamente vicino alla donna: per questo la comprende a fondo, proprio tramite il suo talento creativo”. Secondo Lou Salomé l’uomo di genio, il creativo, nei momenti della creazione si trova in uno stato di scarsa differenziazione, di minore lucidità, e per questo più capace di ritirarsi nel suo interno andando a esplorare l’interno di tutti, sia donne che uomini. Poiché per Salomé la donna è colei che sembra implodere in sé stessa per fondersi nella vita, “come prigioniera della propria perfezione e non potesse uscirne senza ferite o alterazioni, come il sangue non può sgorgare dalla pelle”, sta all’uomo la massima espressione pratica, poiché egli può portare le sue energie fuori senza conseguenze drammatiche.
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Quello che la Salomé ci vuole far capire è che il femminile andrebbe maggiormente rispettato nella sua forma originaria, senza pretendere a tutti costi una differenziazione, una spinta verso una linea retta che va in fuori e si ramifica. Si dovrebbe conoscere la natura femminile nella forma del cerchio per capire che l’uguaglianza tra i due sessi si manifesta nel raggiungimento di una maturazione reciproca rispettando i moti diversi, centripeto per la donna, centrifugo per l’uomo. Non c’è un modo migliore o peggiore di maturare, entrambi assolvono il proprio scopo tenendo conto della differenza. Lou Salomé non ha una risposta “Chi sarà più forte? La donna, oppure colei che nega il femminile? Questo lo dimostrerà il tempo”. Quello di cui sicuramente c’è bisogno è “continuare a predicare la libertà e ancora la libertà, e bisogna infrangere qualsiasi barriera, abolire tutte le artificiose limitazioni, perché è più opportuno seguire i richiami del desiderio piuttosto che lasciarsi incatenare dai pregiudizi”. In questo il movimento femminista può concentrarsi, nel rompere il pregiudizio e il ruolo preconfezionato. La donna ha bisogno di spazio per evolversi come l’uomo ha bisogno di libertà di movimento.
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Ecco perché condizioni in cui la donna mutila le sue capacità personali per vivere alle spese dell’uomo, farsi bambina per farsi proteggere ancora oppure iniziare attività professionali per sfogare la frustrazione, per stordirsi di lavoro, vuol dire “esteriorizzare il centro di gravità più segreto della donna, spostarlo da lei a un altro essere umano o a un altro oggetto, alterando in tal modo il suo equilibrio naturale.” Lou Salomé con questo saggio ci invita a riconsiderare il femminile e il maschile nella sua totalità, nella differenze come nelle uguali possibilità di crescita. Ci ricorda che “gli uomini veramente virili, cioè quelli che guardano avanti, provano istintivamente lo stesso profondo spavento sia di fronte alla donna ebbra dell’uomo che di fronte alla donna ebbra di emancipazione”. Bisogna quindi onorare e ringraziare la nostra natura, seguire lo stesso flusso che le cellule seguono dalla prima alba, rendere giustizia alla creazione.
Clery Celeste
*In copertina: Lou Salomé (1861-1937) nel 1897, l’anno dell’incontro con Rainer Maria Rilke