
“Ti porterò nel sangue”. Rilke e Lou Salomé: un amore infinito
Poesia
Marilena Garis e Riccardo Peratoner
Oh Delmore, quanto mi manchi. Mi hai ispirato a scrivere. Sei stato l’uomo più grande che abbia mai incontrato. Sapevi catturare le più profonde emozioni con il più semplice dei linguaggi. I tuoi titoli sono stati sufficienti per far balzare al mio collo la musa del fuoco. Sei stato un genio. Un predestinato. Un reprobo.
Le folli storie. Oh, Delmore, ero così giovane. Così tanto ho creduto. Ci siamo riuniti attorno a te mentre leggevi Finnegans Wake. Così divertente, ma così impenetrabile senza di te. Hai detto che ci sono poche cose migliori nella vita che essere devoti a Joyce. Avevi annotato ogni parola dei romanzi che prendevi dalla biblioteca. Ogni singola parola.
E hai detto che stati scrivendo The Pig’s Valise. Oh, Delmore, non c’è nulla del genere, non è vero. Ci hanno guardato, dopo che il tuo infinito delirio, finale, ti ha portato all’infarto, all’Hotel Dixie. Nessuno ti ha reclamato per tre giorni. Irrichiesto. Tu – uno dei più grandi scrittori della nostra era. Nessuna valigia.
Portavi la lettera di T.S. Eliot nel cuore. I suoi elogi per In Dreams. Avresti potuto fermare quel matrimonio. Non caveresti nulla di buono! Avevi ragione. Ci hai implorato – per favore, non lasciate che mi seppelliscano accanto a mia madre. Organizzate una festa per onorare il passaggio da questo mondo, sperando in un altro, migliore. E tu, Lou – lo giuro – e tu sappi che se qualcuno può farlo, quello sono io – tu, Lou, non devi mai scrivere per soldi o verrò a perseguitarti.
Gli avevo consegnato un racconto breve. Mi hai dato B. Ero ferito, mi vergognavo. Perché perseguitare uno senza talento come me? Ero quello che cammina in The Heavy Bear Who Goes With Me. Ai party letterari. Li odiava. E io andavo al suo posto. Qualche bicchiere dopo – la camicia stracciata – il retro sul davanti, manica destra che penzola – la cravatta storta, la patta spalancata. Oh Delmore. Ero così bello. Avevi il nome di un ballerino del film muto, Frank Delmore. Oh Delmore – con la cicatrice dopo aver duellato con Nietzsche.
Leggevi Yeats e la campanella suonava ma non avevi finito di leggere la poesia – rivoli di liquido ti uscivano dal naso, e non smettevi di leggere. Restai trafitto, sconfitto. Ho pianto – l’amore per la parola – l’orso ingombrante.
Ci hai detto di entrare nella tenuta di *** dove tua moglie era tenuta prigioniera. I polsi spezzati dei tuoi nemici. Le pillole che ingarbugliano la tua mente sopraffina.
Ti ho incrociato al bar, avevi appena ordinato cinque drink. Erano troppo lenti, mi dicevi, al quinto dovevi ordinare di nuovo. Le nostre lezioni di scotch. Vermut. Odiavi la radio – testi così patetici.
Hai chiamato la Casa Bianca, una notte, per protestare contro le azioni che ordivano contro di te. Una borsa di studio per tua moglie, per portarla via da te, nelle braccia di chiunque, in Europa.
Ho sentito lo strillone gridare Europa Europa.
Concedimi sufficiente speranza per impiccarmi.
Amleto veniva da una famiglia altolocata.
Alcuni pensano che fosse un ubriacone – in realtà, era una maniaco depressivo, che è come avere i capelli castani.
Devi farti una doccia – atto esistenziale. Potresti scivolare nella doccia, e morire da solo.
Amleto comincia a blaterare cose strane. Una donna è come un melone, Orazio: una volta aperta, marcisce.
Oh, Delmore, dov’era Vaudeville for a Princess. Un dono per la principessa, dal genio del palco ridotto in camerino.
La duchessa infilò un dito nel culo del duca e il regno svanì.
Non ne verrà fuori nulla di buono. Finiscila con questo cortese corteggiamento!
Signore, stia tranquillo o dovrò esiliarla.
Delmore ha capito ogni cosa e potrebbe scriverla in modo impeccabile.
Shenandoah Fish. Eri troppo bravo per sopravvivere. Le ispirazioni ti hanno carpito. Le aspettative. La fama. Dunque, insegnavi.
Ti ho visto nel tuo ultimo round.
Ho idolatrato il tuo ingegno e la tua conoscenza, enorme.
Sei e sarai sempre il solo.
Puoi accompagnare un cavallo nelle acque, ma non puoi costringerlo a pensare.
Volevo scrivere. Qualche frase buona come la tua. Mia montagna. Mia ispirazione.
Hai scritto il più grande racconto breve mai scritto. In Dreams.
Lou Reed
*Ventura Edizioni in Senigallia ha pubblicato come “America! America!” una antologia di poesie di Delmore Schwartz. Ci voleva. Per onorare l’evento, proponiamo in nuova traduzione il testo che Lou Reed scrive per “Poetry” nel giugno del 2012, “O Delmore How I Miss You”. Il fondatore dei Velvet Underground è stato allievo di Schwartz alla Syracuse University, e su quel grande, derelitto poeta americano, per così dire, ha intonato la sua vita artistica. Schwartz lascerà l’insegnamento nel gennaio del 1966, morendo pochi mesi dopo, solo, rifiutato.