Un paio di settimane fa, prima delle elezioni e della partenza del reddito di cittadinanza – parlamentare – per tutti i neo-eletti col paracadute del proporzionale e prima dei centri dell’impiego pugliesi con le code per il relativo reddito di cittadinanza anche per i cittadini senza paracadute e nello stupore dei dipendenti dei centri dell’impiego per una volta pieni di gente –, mi ha colpito un articolo del Corriere di Bologna. “I giudici della Corte d’Appello confermano le condanne di primo grado per i 58 imputati della maxi-inchiesta contro l’ndrangheta e puntano il dito contro una classe di ‘politici, imprenditori, giornalisti, commercialisti’ che qui al Nord si sono messi al servizio delle cosche…”. Articolo che mi ha fatto tornare in mente un episodio che trovo collegato per la stessa mentalità, non criminale ma criminalmente furba, che da noi per campare ci sia sempre bisogno dell’“aiutino”, dal parlamento a scendere.
Mi spiego. Non tanto i giornalisti, che sono abituati a editori meno violenti ma ben più ipocriti delle peggiori ‘ndrine, ma che al Nord, politici, imprenditori e commercialisti abbiano bisogno dell’ndrangheta per vivere, mi ha fatto scattare questo parallelo che vi racconto.
Accetto raramente di presentare/moderare conferenze o robe del genere perché la concentrazione di paraculi/paracule che vi trovo mi fa poi star male per giorni, però, alle volte, mi faccio incastrare. Non posso dirvi dov’ero perché altrimenti smetto di lavorare e i miei cari mi ritrovano smontato come un mobile dell’Ikea, però posso dire che ero: in Italia; in un circolo super-esclusivo di una ricca città del Nord; dopo la conferenza che ho presentato/moderato ero al tavolo centralissimo dei super-ultra-straVIPpissimi (tanto per dire, il presidente della locale assoindustria era al tavolo accanto, nel nostro, per lui, non c’era posto: livello altissimo).
Per capirci, è uno di quei contesti dove i presenti sono deliziosi e fanno il possibile per metterti a tuo agio, con un giro di bigliettini da visita che neppure nei bagni dell’Echoes degli anni Novanta… Sta di fatto che la serata è un trionfo e finisce la tortura della cena di gala – va detto che più il contesto è vip e più si mangia male e per giunta si beve poco perché ci si vergogna di far vedere che non siamo assolutamente dei mezzi alcolizzati da weekend – e tutti si avvicinano ai tre ospiti della serata – super-ultra-straVIPpissimi – e io che sono accanto a loro sento-vedo tutto.
Al momento perfetto il presidente del circolo presenta il figlio al cerchio magico di super-ultra-straVIPpissimi. E il ragazzo, con una classe infinita, dice al marito della preside del liceo più esclusivo della città che sua figlia vorrebbe tanto entrare nella classe sperimentale ma è impossibile e ci vorrebbe un miracolo e… scambio di bigliettini da visita… ma non preoccuparti che parlo io con mia moglie, dice il marito della preside. Incassato il bigliettino da visita del marito della preside, il figlio del presidente del circolo, con identica classe infinita, chiede al più vip dei super-ultra-straVIPpissimi se per la sua aziendina – sì, il ragazzo è proprietario di un’aziendina – può dargli un certo contatto che per lui sarebbe davvero strategico e… scambio di bigliettini da visita… ma non preoccuparti che parlo io col contatto strategico, dice il più vip dei super-ultra-straVIPpissimi. Adesso, instancabile, il figlio del presidente del circolo punta un altro straVIPpissimo ma intanto il padre-presidente mi si piazza davanti e con la medesima classe sopraffina mi dice che mi legge sempre e che le porte del circolo, per me, sono sempre aperte. Io sorrido e lo ringrazio ma con l’occhio non riesco a non seguire le mosse del figlio per un nuovo “aiutino”. E penso alla miserevole sorte di un Paese che tra i suoi eroi borghesi conta quelli che non hanno il bigliettino da visita in tasca e che, da una vita, fanno senza reddito di cittadinanza, anche parlamentare.
Michele Mengoli
www.mengoli.it