10 Dicembre 2019

“Perché mi hai lasciato, Iosif?”. Eduard Limonov ulula il suo amore per Brodskij e per Jean Genet. E scrive una poesia cinica contro l’Europa “che dorme” (a proposito, traduciamo il Limonov poeta?)

Al di là del cliché ribadito all’eccesso dell’“esteta armato” – “Il nuovo senso estetico era quello che nasceva sfrecciando per una città bruciata sopra la corazza di un carroarmato circondato da giovani belve con il mitra” – Eduard Limonov resta, decisamente, letterato, uno scrittore, che vive assecondando una poetica prima che una politica. La biografia scritta in carcere nel 2002, “Libro dell’acqua”, lo mostra con forza radicale. L’uomo che lascia tutto e va, nello sterminato della vita, è “come Rimbaud”, nella sua “fuga verso il nulla. Ero in preda al languore poetico. Mi aveva invaso la nostalgia per lo spazio. Bisogna viaggiare da soli. Così la vista si fa acuta e penetrante”. Anche quando deve descrivere le foreste dell’Altaj, Limonov usa la metafora letteraria: “Avevo capito da un pezzo che era il paesaggio di un romanzo di Fenimore Cooper”. D’altronde, quando parla di Parigi è ancora più preciso, “Baudelaire ci ha inventati tutti quanti. Lui e Balzac”. Intendo dire che pur facendo la Storia, Limonov sa che l’unica storia che si può forgiare, dissipandola, è la propria, varcando l’arcano della propria opera. In questa pagina – ricordando che Eduard Limonov sarà a Rimini, ultima tappa del suo tour italiano per presentare il romanzo “Il boia”, insieme all’editore Sandro Teti, giovedì 12 dicembre, ore 17, al Teatro degli Atti – traduciamo un articolo del 2000 (pubblicato su “The eXile”), in cui Limonov torna sul rapporto con Iosif Brodskij e denuncia la sua ammirazione per Jean Genet. Titolo: “Tristezza di essere il Numero Uno: megalomaniaco compianto del Dr. Limonov”. Con l’idea di scoprire il Limonov poeta, poi, traduciamo una poesia ‘politica’ del 2013, dedicata cinicamente all’Europa e raccolta nel libro “URSS, nostra Roma antica” (2014).

***

Tristezza di essere il Numero Uno

La cosiddetta “intellighenzia liberale russa” mi ha escluso per molto tempo dal mondo letterario. Si comportavano come se non esistessi, come se fossi morto, un mai nato. Mi pare un fenomeno interessante: l’unico caso simile che conosco è quello di Jean Genet.

Quando mi sono stabilito a Parigi, nel 1980, restai sbalordito della totale assenza di questo grande scrittore nella vita sociale e letteraria francese. Non era menzionato sui giornali e nessun critico aveva scritto un saggio su Genet. Chiesi al mio editore e ai miei amici di Jean Genet, se era ancora vivo, dove vivesse. Nessuno ha saputo dirmi con precisione se vivesse o meno a Parigi. Stando a certe indiscrezioni, abitava in un albergo mezzo disfatto, popolato da arabi, da qualche parte vicino a Montmartre. Non sono mai riuscito a rintracciarlo.

Poi morì e improvvisamente i giornali presero a parlare di Genet, perfino i burocrati del Ministero della Cultura cominciarono ad adorarlo. Ricordo di aver scritto il suo necrologio su un quotidiano comunista francese, Revolution. Straniero, scrissi, era uno straniero tra gli stranieri in Francia.

Solo più tardi capii: che ciò che era capitato a Jean Genet era a causa del suo non essere politicamente corretto. Ha sostenuto le “Black Panther”, ha sostenuto la lotta del popolo palestinese, e così via. Ha rifiutato il modo idiota di pensare del suo tempo. Quindi viveva come in una baracca, in quarantena, come una persona malata, isolata dal mondo.

Anch’io vivo nel mio paese da isolato, sono una persona pericolosa e malata. Se un giornalista mi cita, in qualsiasi contesto, poi aggiunge una postilla del tipo, “Certo, ora Limonov è diventato cattivo, ma…”. i miei colleghi-scrittori mi guardano di traverso. Poiché probabilmente sono morto o non sono mai nato, per loro è facile vincere gli stupidi “Booker” e “anti-Booker” Prize, litigare come galline nei cocktail letterari e sedurre le ragazze… [Anche se è noto che le ragazze migliori sono fottute criminali, donne d’affari, politiche. Quindi in questo sono superiore ai miei colleghi-scrittori, perché essendo a capo di una organizzazione politica ho ragazze migliori e più giovani di loro].

C’è stato soltanto un uomo il cui talento letterario era commisurabile al mio – benché diverso e minore del mio. Iosif Brodskij. Il Nobel per la letteratura nel 1987. Ma Brodskij è morto poco dopo la morte dei suoi lettori. I suoi lettori, quei quieti uomini sovietici, sono morti da qualche parte tra il 1986 e il 1991. Quindi, visto che Brodskij non era più necessario, è morto anche lui. Mi sento un po’ solo a causa della sua assenza, ho pure scritto una poesia su quanto mi senta solo al mondo senza di lui. Può o meno fa così: Senza Brodskij, la noia mi devasta. Come politico competo con Alexander Barkashov, e credo di poterlo battere. Nel 1992 ho invidiato Vladimir Zirinovskij, ma in questi ultimi anni Zirinovskij è diventato sempre più piccolo e comune (perdonate il francesismo), un coglione lecca culo del governo.

Ho sempre voluto essere il numero uno. Ma ora che sono il numero uno, probabilmente la personalità più interessante, di certo lo scrittore più interessante del mio paese, ora, sono piuttosto triste. Ho bisogno di avere rivali che mi guardino negli occhi.

Brodskij era una Maestro, abbiamo vissuto una complicata relazione di amore-e-odio. Non gli piaceva il mio primo libro, invidiava alcune pagine di Diario di un fallito. Ho invidiato la sua ode In morte di Zukov. Quando, nel 1998, uscì il mio libro, Anatomia di un eroe, avevo fisicamente bisogno che Brodskij leggesse quel libro. O uno simile a Brodskij. Ma Brodskij giaceva conficcato nel suolo di Venezia.

Perché mi hai lasciato, Iosif? A proposito, entrambi abbiamo scritto di Venezia, ma il mio La morte degli eroi moderni è meglio della sua delizia neoclassica su quella disfatta città-museo. Non era brillante, Iosif, ma era un Maestro, sapeva apprezzare, sapeva sentire. È una rara apparizione, un Maestro, dunque, ora, chi cazzo mi leggerà?

Tuttavia, mi leggerà Korchynsky! Poeta ucraino, avventuriero, soldato, Dmytro Korchynsky è stato fondatore e guida dell’organizzazione nazionalista ucraina, UNA-UNSO, nel 1990-97. L’ho incontrato a Mosca, nell’aprile del 1999, poi alcuni compagni di Kiev mi hanno inviato il suo libro. Il libro parla di guerre, della lotta del suo partito, è pieno di riflessioni filosofiche. L’ho letto con piacere, con comprensione. Perché è il libro di un uomo libero, cinico, bellissimo. A volte, siamo stati su diverse rive della stessa guerra, come in Abcasia. Il mio nemico Korchynsky mi leggerà. Se sopravvive, perché è ricercato dalle autorità ucraine. Anche io, per altro, dal marzo 1996.

Eduard Limonov

**

L’Europa dorme

L’Europa dorme, e si sbaciucchia nel sonno,
il pigiama si affloscia sulla sua carne corrosa,
l’Europa dorme, la dama non è più una fanciulla,
occhiali sul comodino, antenati appesi al muro…

Il tuo popolo di aborti è formato
da orde germaniche, franchi, visigoti,
angli, sassoni, sangue coagulato con alcool;
con la forza, non tenevi sotto controllo
soltanto la terra, ma tutti i mari.

Le piante sono annaffiate. Il pavimento è pulito,
nessuna chiazza d’insetto sul soffitto e il fruscio
dello stendardo vermiglio con la croce uncinata
non disturba il denaro del vecchio disseccato.

Si è dimenticata di quanto fosse ubriaca,
che è andata a letto coi fascisti, felice…
(I nomi delle SS, non li ricordi?
Eppure per loro hai spalancato le gambe)
A mala pena ricorda di aver gridato Kaputt!
Quando la guerra fu persa…

L’Europa dorme, ma i Turchi nella sala da tè
in silenzio fino all’alba si accordano
con gli arabi per partecipare alla guerra
per portare la jihad a Berlino prima dell’estate…

La luna sopra l’Europa bianca,
è come un simbolo di sventura, l’emblema della lotta:
all’appello della guerra libica
risponderà l’eco della guerra siriana…
e i Turchi e gli Arabi, furiosamente,
leggono il listino dei prezzi delle armi…

Europa, la vecchia troia, sta annusando,
sul suo orecchio cade il cappuccio protestante,
all’alba arriverà il compagno americano
la inviterà a far guerra all’Iran.

Eduard Limonov

Gruppo MAGOG