La letteratura al tempo del virus. Rubbettino regala Sonia Serazzi, quasi un McCarthy. Io vi dono il pdf de “Il lupo” (ma non avrete facili consolazioni)
Ciascuno ha fatto della propria casa l’antro dell’alchimista, la cella, un covo pieno di aghi. Alcune notizie alte dal mondo letterario. Tutto chiede salvezza di Daniele Mencarelli, di cui ho scritto qui, è tra i dodici libri del Premio Strega. Il premio, da qui, appare come una chimera apparecchiata per gli spettri. Eppure, sono felice. Mencarelli è poeta autentico ed è raro che questa autenticità si trasferisca in un romanzo, per un grande editore. Tutti, è vero, vogliamo qualcuno che ci sollevi, che ci faccia risorgere pigliandoci per i capelli dal nostro niente e soltanto quella parola, salvezza, ci lacera.
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L’editore Rubbettino regala ai lettori confinati nelle proprie case un libro. Domani e domenica, chi vuole può scaricare in formato ebook il libro di Sonia Serazzi, Il cielo comincia dal basso. Ho scoperto Sonia Serazzi un paio di anni fa, grazie a Bruno Giurato. All’epoca – sia lode a Giurato e a Francesco Cancellato – scrivevo per “Linkiesta” la rubrica “Il bastone e la carota”. La festa è durata poco: in questo Paese puoi sputare in faccia a un politico ma non ti è consentito scrivere che uno scrittore ha scritto un libro inutile, di merda. All’epoca, scrissi di Sonia Serazzi – per la cronaca, preferivo il suo romanzo petroso a un libro, brutto, di Laura Morante. Ne scrissi così:
“Ora vi dico quello che volevo scrivere, quello che ho scritto, quello che è giusto scrivere. Volevo scrivere qualcosa del genere. «Il nuovo Cormac McCarthy è una donna, è nata nel 1971 e vive in un paese dimenticato dagli dèi, in Calabria». Molto giornalistico. Parzialmente veritiero. Quello che ho scritto, privatamente, a un amico, è questo: «Il libro è notevole. Mi piace che vada tra i sassi con la Bibbia nella tasca, che sia scandito da placche brevi e da parole forti. Come vetro che, levigato, diventa cuoio».Il libro s’intitola Il cielo comincia dal basso, l’autrice si chiama Sonia Serazzi e, per capirci, è molto più brava di una Elena Ferrante qualsiasi. La storia è quella, militare e microscopica, di Rosa Sirace, che «Ho deciso da un poco di appuntare sull’agenda la vita che faccio. E mi piace riempire fogli con sopra il numero del giorno: non ho tutto lo spazio e tutto il tempo, quindi è giusta una carta che contando me lo ricorda». Rosa ha un po’ gli occhi di una Amélie, un po’ gli sguardi, di glaciale lucidità, di una tigre in estinzione. Il libro è la cronaca di una vita infantile, negli inferi della provincia, scandito – scelta strutturale perfetta – per epigrafi, dilirica bellezza: «A Natale incartai al mio amico una palla di vetro con dentro una bimba grassoccia e mora che, ad agitarla un poco, gettava intorno a sé minuscole scintille d’argento. Ero io la bimbetta nella palla di vetro, e il professore delle stelle mi poggiò sul suo comodino: non aveva più voglia di rifugiarsi in soffitta per fendere il buio col telescopio, quindi si coricava su un fianco e le mie stelline imbottigliate lo consolavano». Spesso i passaggi narrativi troncano il fiato, fanno fiorire vertigini («Una notte dopo l’altra, il padre di Domenico si persuase che la morte era masticare il nulla per un poco, tanto un filo di pienezza segreta durava colando in bocca, ed era latte senza fine»), tanto che vien voglia di sottrarre la Serazzi dalla sua magica provincia e precipitarla nella cristalleria di un Premio Strega. Magari. Anzi. Meglio di no. Dalla penuria della solitudine, ecco uno scrittore vero, verace, senza scuole né pudori.Quello che volevo scrivere è che. Il libro di Sonia Serazzi mi ha ricordato Pedro Paramo di Juan Rulfo. Stessa materia genealogica che si fa sasso, stesso valzer tra polvere e ossessione. Ma i giochini del critico letterario, francamente, servono a sfamare il niente. Leggete Sonia, è sufficiente”.
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Sonia Serazzi è una scrittrice al di là dei fari della fama e della grande promozione editoriale. Che un editore la proponga con cura come antidoto a questi giorni di deserto, mi pare bello. Come mi pare straordinario quanto accade in Satisfiction, cioè la pubblicazione del romanzo in progress di Veronica Tomassini, Forever. Non è consolatoria, mai, la Tomassini, è audace come chi, sopra il libro di Isaia trovato tra le macerie di Stalingrado, compili un bestiario, pieno di felini e di oranti. Ti morde la faccia. “Il male. Non è altro in fondo che l’assordante espiazione per conto di altri. Cosa dobbiamo ancora restituire? Abbiamo ceduto, accolto la privazione, esasperato la rinuncia, fino a fenderne le più segrete tratte”.
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In questa epoca di deserto, a chi ha desiderio, invio il pdf de Il lupo. Lo ha pubblicato Marietti nel 2009, mi è tornato in questi giorni, libero da diritti. Ve lo regalo. Se vi garba, scrivetemi qui: info@pangea.news. La quarta del libro, all’epoca, fu firmata da Massimiliano Parente. Scrisse questo: “Non aspettatevi facili consolazioni, non aspettatevi redenzioni, aspettatevi la luce ma anche il buio, il bene incastonato nel male, la pietà incarnata nella spietatezza delle cose e della vita. Aspettatevi l’inatteso, aspettatevi uno scrittore, un uomo, che vi dice l’indicibile dell’umano e dell’inumano”. Anche questo, non è un libro comodo. Per leggerlo occorre togliere tutti i mobili dalla stanza, ergersi sul pavimento, come fachiri. Non attendere altro che la sfida. (d.b.)