“Malattia come un destino”. Daniele Mencarelli, l’anomalia letteraria
Libri
Fabrizia Sabbatini
Ho letto, dopo la polemichetta di Cotroneo e la doppio-polemichetta di Moresco, su L’Espresso dell’ultima settimana la contropolemichetta di Parente e per quanto pure a me piacciano più di altri gli scrittori che piacciono a Parente (però Pallavicini e Culicchia li ho mai letti) ancora non ci si sposta dalla lotta promozionale dei nomi: leggi A? Ma no, la letteratura è leggere B! Cretini tutti: la letteratura è C e zut. Quando poi la letteratura non è nessuno, ovvero sono i libri, mica gli scrittori, e gli unici titoli fatti da Moresco erano i suoi e insomma tutto molto trito e triste, gli scrittori dovrebbero scrivere i migliori romanzi di cui sono capaci e i critici letterari anche tramite le pagine dei giornali cercare di far passare quelli che secondo la loro onestà intellettuale sono proprio i migliori romanzi a giro, per quanto ne possano sapere, per quanti ne abbiano potuti leggere. Invece i giornali hanno le rubriche e le recensioni gliele devono riempire, le case editrici hanno gli stipendi da pagare e i libri li devono pubblicare, e un lettore o abbocca o dovrebbe ammettere a sé stesso che alla fine tutta la letteratura di questo mondo ce la si trova già soffermandosi sui greci e i latini aggiungendoci quel tocco di romanzi ottocenteschi per dirsi più che soddisfatti. Pure io, ci mancherebbe, vado molto per periodi: a volte mi interessano le nuove-uscite solo di quegli scrittori di cui ho letto i libri-vecchi che ormai non legge più nessuno e che io ho letto a decenni dalla prima edizione, altre volte mi sembra da ottusi non leggere esclusivamente gli scrittori morti e sicuramente bravi, sopravvissuti alla polvere giudiziosa dei secoli, altre volte ancora mi sembra di non poter fare a meno della traduzione di quello scrittore sconosciuto che fino al giorno prima era vissuto in una giungla sperduta, di ascoltare la sua voce inedita poiché incontaminata gioco-forza.
Questo per dire che ho cominciato a leggere Ninna nanna delle mosche di Alessio Arena e il bello dell’aver sentito uno scrittore prima che scrivesse il suo romanzo-romanzo è quando poi quel romanzo-romanzo sembra sia finalmente giunto, quando lo scrittore d’istinto (bellissimo L’infanzia delle cose, opera prima di Arena, come lo è Tamarisk Row, opera prima e sregolata di Murnane), diventa lo scrittore che ha deciso cosa vuole dire e come dirlo, è il caso de Le Pianure, per Murnane, e non arrivo a dire che Ninna nanna delle mosche sia un romanzo di torsione nella possibilità della forma-romanzo come lo è il romanzo di Murnane, e chi inventa una nuova forma espressiva si sappia sta reinventando il mondo per chi con quella forma saprà entrarci in contatto, dico che passando da un’opera all’altra si vede, si sente, come la scrittura non sia stata ferma, come uno scrittore che lo è non smette mai di diventare un altro scrittore, di scrivere ogni volta il suo primo romanzo da scrittore-di-dopo, e non sta a noi dire se viene prima o dopo lo scrittore-di-prima.
La letteratura riesce ancora a renderci felici d’essere vivi, contro tutte le ragioni che rendono inammissibile la felicità, per questo a quarant’anni io sto ancora dietro ai libri e a chi li scrive. La letteratura insegna la gratitudine, e lo è.
Antonio Coda