11 Luglio 2019

“Felice l’uomo che ha un preservativo in tasca…”: la letteratura moderna nasce raccontando la malattia sessuale (e i “lumi” illuminano cosa c’è sotto le mutande)

Niente sesso, siamo inglesi, come si sa, è un testo teatrale – pardon, ‘farsa’ – firmata dal duo Anthony Marriott-Alistair Foot. Messa in scena nel 1971, tradotta in film due anni dopo, fu un successo tale da diventare motto. In realtà, come tutti in tutti i paesi del mondo, anche gli inglesi fottono.

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Come si sa – e due – gli inglesi amano i primati. Tra gli altri, pretendono il primato di aver capito prima di altri la necessità del profilattico. Condom, per dire, verrebbe dall’indimenticato Colonnello Condom, medico personale di Carlo II d’Inghilterra – siamo a metà Seicento – il quale, visto che la consorte ufficiale, la portoghese Caterina di Braganza (cattolicissima e per questo, forse, ritratta da Sir Peter Lely con viso smunto, portamento smorto, pallida e antierotica), non gli poteva dare eredi si sollazzava di letto in letto. Al focoso Carlo sono affibbiate otto amanti ufficiali – tra attrici, cortigiane, consorti d’alti papaveri inglesi – e una quindicina di figli avuti da costoro. Un Condom gli faceva certamente comodo.

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Nel 1744 un anonimo burlone firmò, tra gli afrori londinesi, un poemetto, “In imitazione di Omero e di Virgilio, di Dryden e di Pope”, che s’intitola The Machine, or Love’s Preservative, con esergo esplicito (“L’elogio di Condom io canto”) e incipit fragrante:

Felice l’uomo nella cui tasca destra è stato trovato
Allacciato con nastro verde o scarlatto,
Un Condom ben fatto; non teme alcuna
Malattia, né scolo né gonorrea ma
Armato audacemente combatte l’amabile
Lotta con la zoccola di Transport, senza tema.

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Tuttavia, fu il geniale medico Gabriele Falloppio, nato a Mantova e professore a Padova, lo scopritore delle cosiddette ‘tube di Falloppio’, nel 1564, a stampare a Venezia l’opuscolo De morbo gallico, in cui si dice tutto sul ‘mal francese’, cioè la sifilide, e si danno nozioni riguardo all’uso medico del profilattico. Il resto, si perde nei meandri del mito, dacché il sesso è tutto: il capitolo 15 di Levitico è dedicato alle “impurità sessuali”, in particolare certifica la gonorrea (“Se un uomo soffre di gonorrea, la sua gonorrea è impura… Ogni giaciglio sul quale si coricherà è impuro”). Un lezioso latino diceva che Minosse, promotore del labirinto, avesse scorpioni nello sperma, da arginare con guaine particolari.

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Non c’è altra arte che quella di amare perché proprio lì il corpo diventa puro verbo, ed è indubitabile la sua sonorità.

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La Yale University Press ha pubblicato da poco Itch, Clap, Pox. Ovvero: “le malattie veneree nell’immaginario del XVIII secolo”. Firma Noelle Gallagher, che insegna letteratura del XVIII secolo, appunto, alla University of Manchester. La tesi è perfino banale: con l’epoca dei lumi, si è illuminata anche quella zona lì, schermata dai mutandoni. La necessità del profilattico nasce in un’era in cui il sesso ‘libero’ – per chi se lo può permettere, è ovvio – è norma. La letteratura del Settecento – il nostro singolare eroe è Casanova – ha arditezze erotiche compiaciute, è l’epoca, in verità, che ha già sotterrato Dio in favore di eros, che alla preghiera antepone la liturgia della sessualità, che al confessionale sostituisce il mattatoio dei sensi. La prima edizione de Le relazioni pericolose è del 1782, il Marchese de Sade nasce nel 1740 – Justine è del 1791 – insomma, la Rivoluzione è preceduta dalla rivoluzione dei sessi, e a dirla tutta, si trombava meglio a corte che tra gli scranni dei ‘rivoluzionari’. L’Ottocento, come si sa, altro che preservativo, imporrà cintura di castità e museruola alle scalmanate voglie.

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In ogni caso, il libro – a cui Clare Bucknell dedica una sfiziosa articolessa sulla “London Review of Books” da titolo Colonel Cundum’s Domain – è importante per la mole letteraria di dati che squaderna. Come si faceva sesso intorno al Tamigi? Una testimonianza di lusso è quella dello spumeggiante James Boswell, penna fina – è l’estensore della Vita di Samuel Johnson – e pennone in resta, che nel suo diario, siamo nel 1763, racconta, dopo aver ‘caricato’ una avvenente attrice di Covent Garden, “Giunto da Louisa, mi sentivo robusto, sano, e arditamente mi sono immerso nella fonte dell’amore, ricevendone un piacere sommo… ma il Signor Gonorrea, annunciato da calore bollente, scaglie dannate, materia disgustosa, ha rovinato il divino evento! Mi sono alzato assai sconsolato… ma come? Una donna così bella, tanto sensibile, può essere a tal punto contaminata?”. All’epoca certe donne inglesi non erano certo schiave dei sospetti degli intellettuali dalle voglie astrali: Louisa rinfaccia al baldo James che è lui, eventualmente, ad essere contaminato, bastardo circumnavigatore di letti altrui. “A quel punto, il mio intrigo con la fatata Louisa finì… Mi aspettavo buon sesso per tutto l’inverno”. Qualche giorno dopo, in ogni caso, “incontrai una ragazza giovane e simpatica… l’ho affrontata, pur senza proteggere la mia armatura”. Il testo allinea una serie di testimonianze letterarie – da Genuine Memoirs of the Late Celebrated Jane D****s del 1761 a Authentick Memoirs of the Life, Intrigues and Adventures of the Celebrated Sally Salisbury del 1723 – che hanno per tema la malattia sessuale, la necessità di tutelare le proprie avventure. Mirabile. Appena nato, il ‘romanzo’ celebra il sesso e i suoi perfidi ostacoli.

*In copertina: Uma Thurman e John Malkovich in un momento di pausa sul set de “Le relazioni pericolose” (1988)

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