05 Ottobre 2019

Leonardo DiCaprio non sbaglia un film. Biografia cinematografica del più grande attore di Hollywood e dintorni (che tra poco fa 45 anni)

Guardalo, quel panzone. Bermuda e t-shirt, è proprio lui, quello sceso dal Suv, e fa il pieno di benzina. Guardalo, l’ambientalista. Ha venduto la sua villa a Malibu per costruirsene una nuova, ultra ecologica. Bello sforzo, lui può. È milionario. E pure radical chic. Però io gli perdono tutto, ogni incoerenza, passo sopra ogni suo sproloquio ambientale e gretino, perché è un attore che non mi stanca né mi delude mai. Ti pare poco?

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Leonardo DiCaprio mi piace, da sempre, e per questa precisa ragione: ha l’intuito di non sbagliare un film. Infatti: dimmi un film sbagliato di Leo. Uno solo. Ok, possono essercene di meno riusciti, sicuro, ma non ce n’è uno per cui non vale la pena alzare il c*lo, andare al cinema, comprare il biglietto, e stare due ore e mezza in sua balìa. Beninteso, vi sono film più coinvolgenti, altri meno, e quelli girati da adolescente non contano perché non scelti con l’acume di oggi. Eppure anche Poeti dall’inferno (dove è Rimbaud), anche Ritorno dal Nulla (dove è Jim Carroll), e anche le sue prime, acerbe prove accanto a Robert De Niro, dove era il ragazzino sfigato, menato, vessato: anche in questi vecchi film, non è tempo perso starlo a guardare. DiCaprio non ha seguito scuole di recitazione, è davanti alle telecamere da quando aveva 3 anni (faceva spot per caramelle e biscotti) e se deve qualcosa a qualcuno oltre se stesso è proprio De Niro: non c’è miglior scuola di chi ti prende e dal nulla ti mette accanto ad attori di nome e mestiere conclamati. Stai lì, e devi ‘ballare’. Se ce la fai, se reggi il confronto, se dopo i primi ciak non sei K.O. ma ritto, in piedi, allora mio caro diventi DiCaprio e credimi, non conta essere alti, belli, biondi, con ciuffo e sguardo assassino. È contato, per Leo, fino ai 22 anni. Ovvero finché è salpato sul Titanic morendo congelato e conquistandosi fama mondiale. Fama che Leonardo ha afferrato e distrutto. All’istante. Dopo il film di Cameron era “il re del mondo”, ma sul serio, dopo quel trionfo poteva chiedere e ottenere l’impossibile: DiCaprio invece sceglie di recitare poche scene, a paga minima, in Celebrity, film corale di Woody Allen, film in cui fa la parte di se stesso al contrario, cioè fuori di testa, cocainomane e sessuomane (il fumettone La Maschera di Ferro, uscito subito dopo Titanic, in realtà fu girato prima: il successo del kolossal acquatico portò i produttori de La Maschera di Ferro a cambiare la locandina, spostando in primo piano il faccione allampanato e imparruccato di DiCaprio re doppio di Francia). Così facendo, DiCaprio ha autodistrutto immediatamente l’icona, il bambolotto che Hollywood mirava (e con lucro) lui diventasse.

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Se non te ne fai travolgere, se sai domarlo, il successo ti regala la libertà di scegliere. Dopo Titanic, DiCaprio ha fatto i film che lui voleva e coi registi che voleva. E si è calato nei personaggi più diversi, ci ha regalato prove pazzesche, talmente convincenti da chiedersi incaz*ati perché collezionasse così tante candidature all’Oscar e non ne vincesse mai uno. Ha dovuto farsi sbranare da un orso e uscirne Revenant per riuscirci! Però, che soddisfazione, quella sera, su quel palco. Dai, non è vero ciò che ipocritamente dicono, che vincere non conta, già entrare nella cinquina appaga. Ma per favore! Aveva ragione Giulietta Masina: quella statuetta va vinta, solo per il gusto di sfilare davanti a chi è rimasto senza.

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Hollywood Reporter scrive che “Leonardo DiCaprio siede da solo in cima al pantheon di Hollywood” per coerenza e identità, e io aggiungo che è tra le star del cui privato si sa nulla o quasi: Leo è figlio unico di una tedesca (lingua che parla correttamente) e di un italiano (mastica poche parole). Il padre è un hippie di testa, capelli e abiti rimasto tale (tanto che sul set de C’era una volta a… Hollywood, Brad Pitt l’ha scambiato per una comparsa!), un hippie che mamma DiCaprio ha mollato quando Leo era piccolo. Tra i migliori amici di Leo spicca una donna, Kate Winslet, sua partner in Titanic e Revolutionary Road: i due sono così uniti che DiCaprio ha fatto da testimone al di lei terzo matrimonio e da padrino a un non mi ricordo quale di lei figlio. Tuttavia, il set di Revolutionary Road è stato tra i più difficili per Leo, proprio per le scene d’amore con Kate, su tutte la torrida sc*pata in cucina: provate un po’ voi a far (finta) di sc*pare la moglie di chi ti dirige, e ti incita, e ti dice come, e quanto, perché in quel film Kate Winslet e il regista Sam Mendes erano sposati davvero.

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Invece DiCaprio non si è mai sposato, e nell’attesa sperimenta fidanzate, tutte 20enni tutte modelle tutte mediaticamente mute o quasi poiché non so te ma io non trovo una piena intervista, di nessuna di loro, né durante l’idillio né quando la favola finisce presumo appena si rendono conto che l’altare non è all’orizzonte. O forse si stufano perché DiCaprio è per niente mondano. Leo in privato è noioso? È tifoso accanito dei Lakers, non ha un agente, e prende 20 milioni a film (ma a Tarantino ha fatto uno sconto di 5). Leo investe in azioni, i soldi li spende per salvare l’ambiente, e per impinguare la sua collezione di rari poster della vecchia Hollywood. Vota democratico, e se si mette a parlare di politica non lo fermi più. Ogni 4 anni finanzia e supporta attivamente il candidato non repubblicano: di Trump presidente, non se ne fa una ragione. Il riserbo assoluto in cui DiCaprio si barrica mi impedisce di dirti che libri ha letto ultimamente: perché Leo legge, passa dai classici quali Hemingway, Fitzgerald (lui che è stato Gatsby), a saggi politici, biografie. Divora i libri di allarme ambientale, sballo climatico e catastrofi derivanti. Se sei a-social come Leo, tempo per leggere ne hai, e DiCaprio sta su Instagram solo per metterci paura col surriscaldamento globale!

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Leo ha detto che vomita al termine di ogni scena omosex che gli tocca girare, e così gli è successo da Rimbaud a baciare Verlaine, e a far quel pazzerello di J. Edgar diretto da Clint Eastwood (qui Leo ha reso credibile Hoover, direttore dell’FBI che era tarchiato e tappo quasi come Danny DeVito!). Ma non sono le scene di baci, sesso, o altro, a rendere DiCaprio una star: in ogni film, a Leo non deve mancare la sua scena-madre: lui deve ‘piagne’. Sul grande schermo, in fatto di frignate, DiCaprio non ha rivali, e se non l’hai mai visto in Revolutionary Road, preparati, che in quel drammone le prime lacrime arrivano già dopo pochi minuti…

Barbara Costa

Gruppo MAGOG