Henry de Montherlant nel 1936 pubblica Le ragazze da marito, vicenda epistolare ma non solo ambientata tra il settembre del ’26 e il giugno del ’27. Mondadori pubblica nel 1958 la traduzione dell’intera tetralogia; Le ragazze da marito è il primo di quattro titoli. Nel 2000 Adelphi pubblica una nuova traduzione del solo Le ragazze da marito; la leggo oggi, dopo che M., un appassionato lettore di Aldo Busi, mi spedisce una recensione di Aldo Busi apparsa nel 2000 proprio su Le ragazze da marito di Montherlant. Appiccato dalla recensione che ne fece Aldo Busi venti anni fa mi procuro il romanzo e lo leggo provando il grande divertimento e quel raffinato piacere dell’autoumiliazione di stampo dostoevskiano: è pur sempre la storia in parte biografica per qualunque lettore di lettrici convinte di aver capito-profondamente chi è l’uomo dietro il loro scrittore-preferito e di averlo scoperto tramite le opere dello scrittore, preparando insomma la situazione ideale per una commedia degli equivoci.
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Scrivo alla casa editrice Adelphi, tramite Messenger. Mi scuso per l’intempestività e chiedo: Possibilità che a venti anni da Le ragazze da marito la casa editrice pianifichi di pubblicare Pitié pour les femmes del 1936 e Le Démon du bien del 1937 e Les Lépreuses del 1939? Risposta, devo dire celere, dalla casa editrice: Per quest’anno e il prossimo no, poi: chissà. Henry de Montherlant non gode di buon corso di stampa, causa certi imbarazzi ideologici, pare, forse anche dei pasolinismi avanti lettera quando per esempio, assistendo a una manifestazione di studenti, scrive di pensare: “Come aveva potuto peraltro sorridere, quel poliziotto? Costals pensava che al suo posto, costretto per motivo di servizio a star dietro a quei figli di papà e a seguirli in quelle volgari pagliacciate, frutto della loro poltroneria e della loro stupidità, non sarebbe riuscito a trattenersi dal pestarli”. Adesso i tempi sono editorialmente propizi per i David Quammen, candidati eccellenti al Premio Cassandra per il XXI Secolo, ma meglio non divagare. Il tema è: Le ragazze da marito: che spasso di romanzo.
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Scrive Aldo Busi nella recensione apparsa sulla Stampa il 21 ottobre 2010: “un romanzo che vendica noi scrittori belli, ricchi e famosi”. Aldo Busi legge il romanzo dalla parte beffardo punto di vista di Pierre Costals, romanziere trentaquattrenne francese e di successo e parte lesa nonostante le apparenze, il quale Pierre Costals per tutta la durata del romanzo scritto da Montherlant non scrive una riga di letteratura, tutt’al più qualche nota di diario e qualche lettera afrodisiaca al vetriolo spedita alle lettrici masochiste. Io, lettore, nonostante lo scorno, non posso invece che fare miei o comunque non posso non spezzare un rigo a favore dei ridicoli palpiti della ventinovenne Signorina Andrée Hacquebaut di Saint-Léonard(Loiret) e della mistica per astinenza involuta Signorina Thérèse Pantevin di La Vallée Maurienne, via Avranches (Manche), lettrici devote che dovrebbero metterlo in conto, e non lo fanno mai, che verranno preferite dalla prima non-lettrice signorina Solange Dandillot con i riccioletti sulla nuca e gli anni, venti, giusti. “La signorina Dandillot non mandò una «bella lettera». Telefonò”.
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Ora che Via col vento deve essere rimosso dal catalogo delle piattaforme streaming per andare incontro alle indignazioni stagionali della clientela così moderna da non sfigurare di fianco ai talebani che distrussero i Buddha di Bamiyan che offendevano i loro principi estetici, non sarebbe il caso di organizzare un bel rogo moralizzatore de Le ragazze da marito di Montherlant, misogino fino alla caricatura della misoginia com’è, magari suo malgrado? Quale atto di crudeltà verso i sentimenti ingenui della donna egocentrica dunque romantica sono quelle parentesi in corsivo al termine di alcune missive: (Questa lettera non ebbe risposta). Sono capolavoro di perfida reticenza manzoniana, ricordano il “La sventurata rispose”: anche qui, è la donna a pagare il suo non misurare le parole che è meglio non dire, che è cento volte meglio non scrivere; valgono la levata di reggiseno incendiati delle intransigenze femministe incazzate. Basterà mai a un’opera d’arte il salvacondotto dell’essere ben fatta? O dovrà passare sempre al vaglio della sensibilità da buon costume e da confessionale dell’ultimo quarto d’ora? Le ragazze da marito è un romanzo che non fa una piega formale, anzi forse solo una, quando Pierre Costals descrive così la stanza del figlio: “Disseminata qua e là sul pavimento intorno al letto, come gli sputi intorno a un arabo, c’era una gran quantità di monete”. Non bastava misogino: pure xenofobo doveva inventarselo Pierre Costals, ma non è tanto questo il problema: è che descrivere la stanza di un monellaccio disordinato come fosse una sputacchiera non tiene, è scritto male.
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Possibile sembri a me solo che le crudeltà maggiori Montherlant le riservi a Pierre Costals? A Pierre piace intrattenere della corrispondenza con le lettrici affezionate, lo aiutano a tenere allenata la mano, ma i suoi gusti sono semplici e schietti: “Ecco, ieri ho visto dai Dogny una ragazza straordinaria. Che graziosa bestiolina!” Il segreto di Pierre Costals, vuoto come tutti i segreti, è che a lui piacciono belle, punto. Citazione a fagiolo di Marcel Proust: “Lasciamo le belle donne agli uomini senza immaginazione”. Lo scrittore Montherlant dello scrittore Pierre Costals sta rivelando il suo diritto a essere un uomo banale, nient’affatto costretto a competere con le qualità dei suoi personaggi letterari.
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Nel romanzo leggendo chi dice o chi scrive cosa va riconosciuto che Montherlant fa in modo che Pierre Costals non si distacchi dal frasario del seduttore neghittoso: scrive alla Hacquebaut “Conosco bene l’amore: è un sentimento per il quale non ho alcuna stima”. Adolescenzialismo punk. Oppure lo lascia a riflessioni degne della bacheca di un incel moderato: “La donna è fatta per l’uomo, l’uomo è fatto per la vita, e in particolare per tutte le donne. La donna è fatta per essere raggiunta e inchiodata; l’uomo è fatto per conquistare e poi distaccarsi: lei comincia ad amare quando lui ha già finito (…)”. Se una donna sente da un uomo riflessioni di questo tipo e ancora lo desidera lo si capisce bene che l’uomo avrà i suoi difetti ma che quelli della donna sono molti di più. D’altronde Costals sa appellarsi allo schiavo d’amore che si dibatte all’interno di ogni lettore mediocre incapace di leggere una storia senza volerne fare parte in qualche modo. Costals scrive alla Hacquebaut “Cedete alla voglia di scrivermi solo dopo esservelo proibito come punto d’onore. Non aspettatevi peraltro che io vi risponda. Vi risponderò soltanto se ne sentirò l’urgenza, il che equivale a dirvi che le mie risposte saranno rare”. Ebbene, se non è una perfetta pratica erotica questa! Mica quelle rodomontate coi frustini, le manette di cincillà, l’humbler schiacciapalle che trovi a quarantatré dollari su AliExpress. Promettere un’assenza, imporre una disciplina, far brillare il nudo di una disobbedienza d’amore… Le avesse scritto: “Scrivetemi quando volete!” probabile la Hacquebaut si sarebbe stufata di scrivergli molto prima.
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Inscenando la patetica relazione per lo più inesistente tra Pierre Costals e Andrée Hacquebaut lo scrittore Henry de Montherlant ironizza ferocemente sulla relazione scrittore-lettore che è pericolosa fintanto che resta nell’ambito della letteratura. Appena ne esce o è noiosissima o al limite può diventare una seccante vicenda da stalker e commissariati di polizia. Gli scrittori hanno un bell’inventarsi che i lettori diventino pazzi di loro: tante volte ricevuto un autografo e scattato un selfie durante un firmacopie è stato fatto tutto, fino al prossimo festival. Il lettore impagabile per uno scrittore è il lettore ingrato, cioè quello che pagando il libro crede di aver assolto l’unico dei suoi doveri morali verso l’opera. Le lettere più belle non deve essere un caso se Montherlant le fa vergare a Andrée Hacquebaut, colpevole di non essere attraente abbastanza per ispirare più di qualche moto intellettuale al Pierre Costals che le regala molti libri: ma l’amore intellettuale riesce a riscaldare solo chi provvede da sé agli amori di tutti gli altri tipi. Se ne deduce che Pierre Costals i suoi testi migliori non li spreca per la corrispondenza, li inserirà nelle opere letterarie che gli varranno in premio, tra le altre cose, di ricevere belle lettere di ammiratrici purtroppo più intelligenti che belle. Scrive la Hacquebaut/Montherlant a Costals/Montherlant “Nutro per voi una passione pacata e fredda”. Oppure: “Ed è questo che non volete capire. Lasciarsi amare significa già amare”. Ancora: “Ah, comincio a conoscerle, queste primavere di desolazione”.
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Scrive: “Io appartengo alla generazione sacrificata, quella delle ragazze le cui occasioni d’amore sono state decimate dalla guerra che uccide i ragazzi: siamo anche noi delle vedove.” La Hacquebaut ha un talento classico e tragico superiore a quello di Costals ma va bene ribaltare un romanzo leggendolo allo specchio, però non vorrei dare l’impressione che un testo simpaticamente misogino in realtà sia il manifesto del suo contrario, d’altronde Montherlant non risparmia il ridicolo alla Hacquebaut, rivelata in pieno nel passaggio: “Al mattino, pianse dalle sette alle sette e venticinque. […]. Gli spedì una lettera per posta pneumatica in cui diceva che aveva pianto dalle sei alle otto”. Uomini, donne, tutti attori del teatrino che ci piantiamo nella testa purché qualcosa ci spetti.
Antonio Coda