10 Luglio 2018

Le grandi fiere del libro e i guru della letteratura nostrana se ne fregano degli editori veri. Per fortuna c’è Elba Book: l’ultima isola per gli indipendenti, l’ultima spiaggia per i lettori

Di solito nell’isola deserta ci si porta un libro, basta quello, per vivere felici. Qui, invece, c’è un’isola al servizio della letteratura, un rifugio, forse, l’ultima riserva dell’editoria indipendente, l’enclave del bello e dell’insolito. Voglio dire. La letteratura, per sua natura, è una festa ma non è ‘festivaliera’. Il salone del libro torinese – tornato a essere un supermarket dell’ovvio – o il tempo libero passato tra i libri a Milano, sono utili a far sentire lo scrittore uno scrittore, sono l’alcova del suo ego, siamo d’accordo, la nostra illimitata pazienza è prona alla compassione. Ma, sostanzialmente, i saloni torinesi e i salotti milanesi sono l’emblema della tracotanza dei grandi gruppi editoriali – con stand transatlantici, perché vince chi paga di più mica chi è più intelligente e intrigante, ovvio – a discapito del lettore, che strapazzato dalla folla annaffia la bile di noia – alzi la mano chi trova un libro nei vari salumifici dell’editoria… quando poi ti intrufoli, per ristoro bibliografico, negli stand del Libraccio scopri che i libri usati lì, specie di tartufi, costano il triplo di quelli nuovi di pacca, già inutili anche se intonsi. Non cambia molto se frequentate la sagra romana, quella per cui stampare più libri renderebbe tutti più liberi (magari: l’eccesso librario, al contrario, sta producendo una regressione estetica, alfabetica, grottesca, non conta il più, generico attributo matematico, ma il cosa, il senso di cosa stai stampando), che ha fatto della piccola e media editoria una griffe, enogastronomica anch’essa (per cui, redditizia). In tutti i casi (Roma, Milano, Torino) la folla, il chiasso, il festival non permettono, biologicamente, al lettore la lettura (che chiede compostezza, attenzione, lucidità nella scelta) e al vagabondo il godimento. Cionondimeno, la massa fa gola al mercante, per questo i salumifici del libro e i salumai-editori preferiscono mettervi le fette di salame sugli occhi, non guardare ciò che stampo compra e basta, ti basti. Per questo, l’Elba Book Festival, che si fa a Rio nell’Elba, cioè in un borgo ricco di storia conficcato in un’isola fulgida di bellezza, è una specie di toccasana e di rifugio dalle banalità editoriali, l’epopea dall’editoria intesa come sogno e non come denaro (per altro, con 650 euro l’editore – cioè, due persone – ha lo stand e pernotta nell’isola per una settimana, a Torino costa mille euro soltanto lo stand di 8 metri quadrati e non puoi neppure dormirci dentro, idem a Roma dove i ‘piccoli&medi’ pagano di più, follia romana, da 1.080 euro per uno stand da 6 metri quadri a 4.560 euro per chi se lo può permettere da 24 metri quadri, e neanche lì puoi campeggiare con gli amici in coro). Al festival isolano “dell’editoria indipendente” – che, si spera, fa libri grandi e autarchici, e poi, sperabilmente, soldi – partecipano editori come Exòrma e L’Orma, Quodlibet e Noctua e Neo e A2mani. Mollare tutto e andare sull’isola, in questo caso, è un gesto editorialmente nobile. Il festival (il programma lo trovate squadernato qui) comincia martedì 17 luglio, e tra le tante cose (compreso, uno spettacolo di Giuseppe Cederna e un incontro con Sigfrido Ranucci e Giovanni Tizian), c’è proprio una ‘tavola rotonda’ che mette a confronto Piccoli e grandi festival del libro. Mancano, al confronto, però, i grandi festival, i rappresentanti delle macellerie del libro di Torino e di Milano. “Abbiamo invitato alla tavola rotonda del 19 luglio anche i direttori artistici del Salone del libro di Torino e di Tempo di libri, ma purtroppo per impegni già presi in precedenza, non potranno partecipare al nostro tavolo di discussione”, mi dice Marco Belli, ideatore e factotum del festival. Ovviamente, mi vien da dire. Ovvio, a questo punto, che Ebla Book Festival sia un atto ‘politico’. In direzione contraria all’ideologia editoriale dominante.

Intanto. Come nasce l’idea del festival sull’isola per l’editoria indipendente? Cosa vi anima, cosa vi stimola a farlo?

Nel 2014 nasce l’idea di un festival dell’editoria indipendente a Rio nell’Elba. A un paio di chilometri dal bellissimo borgo della zona nord-est dell’isola, il fotografo Hans Georg Berger aveva trovato nel 1977 l’eremo di fondazione medievale dedicato a Santa Caterina infestato dalle erbacce. Dopo la ristrutturazione Berger fondò, come ebbe modo di scrivere Michel Foucault, un falansterio, un presidio della cultura in una delle più belle isole italiane. Elba Book, festival del libro indipendente, si colloca nei pressi dell’eremo dove soggiornarono, alcuni tra i più importanti intellettuali e artisti della cultura mondiale della seconda metà del ’900 in una sorta di “ostaggio creativo” (Nan Goldin, Norberto Bobbio, Roberto Gabetti, Amaro Isola, Riccardo Francovich, Hervè Guibert, Michel Foucault e tanti altri). Elba Book Festival sta proseguendo la medesima ricerca tentando di dare voce alla scena editoriale indipendente italiana che rappresenta un importante volano economico per il piccolo comune di Rio, che fin dagli anni Ottanta, dopo la chiusura delle sue storiche miniere di ferro, ha deciso di investire con coraggio su un turismo lento, sostenibile e culturale. L’obiettivo è di mettere assieme piccoli e medi editori al fine di condividere le varie esperienze sul mercato cartaceo e digitale per mettere a punto nuove strategie di joint venture, cooperazione, nuovi metodi di distribuzione, nuove proposte politiche per la tutela degli editori indipendenti. La manifestazione vuole mettere al centro della propria politica culturale la promozione della lettura attraverso l’implementazione di una rete tra “tutti i soggetti attivi nel mondo del libro” (biblioteche, librerie, editori, associazioni culturali, associazioni professionali, associazioni di volontariato).

…cioè, continuo con la domanda precedente, cosa manca all’editoria italiana, in fondo? Cioè (e spalanco subito la questione): che idea hai dell’editoria italiana, oggi, maciullata (o benedetta) dai grandi gruppi editoriali? E della letteratura? Cosa ti piace leggere?

 Trovo che nel giardino coltivato dall’editoria indipendente stiano sbocciando tra i più belli e interessanti libri del panorama italiano (le edizioni sono spesso più curate e originali di quelle dei grandi gruppi editoriali). L’editoria indipendente italiana di qualità dovrebbe trovare una politica comune riguardo, per esempio, strategie alternative di distribuzione. Leggo un po’ di tutto, da Novella 2000 a Hegel. Sono uno scrittore di libri gialli, quindi leggo spesso letteratura di questo genere.

 Ho visto che dedicate uno spazio a Gianmaria Testa, cantautore ‘altro’, autarchico, indipendente. Mi chiedo. Come costruite il programma del festival?

Ogni anno lo costruiamo attorno a un concetto cardine. Per l’edizione 2018 abbiamo scelto come immagine del festival la radice, che fa parte di quella costellazione di simboli su cui si fonda la nostra manifestazione; ripartire dal proprio territorio, dagli elementi archetipici che lo contraddistinguono, che lo rendono diverso da tutti gli altri luoghi per ritrovare quell’energia autentica che apre nuove prospettive di crescita culturale. Gli incontri ruoteranno attorno al concetto di rigenerazione. Rigenerazione dell’uomo, dei materiali, dei luoghi, ma soprattutto rigenerazione civile (tema caro al compianto Gianmaria Testa).

 Senti ma… fuori dai denti: ti piace il Salone del Libro torinese? E quello milanese? Da quello che vedo, i guru dei ‘salotti’ letterari italiani non ci sono nel vostro programma…

Abbiamo invitato alla tavola rotonda “Piccoli e grandi festival del libro” del 19 luglio anche i direttori artistici del Salone del libro di Torino e di Tempo di libri, ma purtroppo per impegni già presi in precedenza, non potranno partecipare al nostro tavolo di discussione.  Credo che quest’anno la piccola editoria indipendente sia stata molto penalizzata a Torino dopo il ritorno dei grandi gruppi editoriali. L’Associazione Elba Book Festival ha intrapreso in questi ultimi quattro anni una ricerca politica che ha l’obiettivo di rilanciare un territorio alla periferia dell’Impero ricco di tradizione e insieme valorizzare un’editoria che forse ha sempre più bisogno di piccole manifestazioni (non grandi kermesse) fortemente radicate nei luoghi, nei comuni, per ritrovare una dimensione del libro meno mercificata e più umana.

Ebla BookChe cosa significa, precisamente, ‘editoria indipendente’? Intendo, le grandi case editrici da chi dipendono, da cosa? Nessuno, in fondo, piglia soldi pubblici per stampare libri.

Vorrei risponderti citando la “Dichiarazione internazionale degli editori indipendenti, per la tutela e la promozione della bibliodiversità” firmata a Parigi nel  2007. “Un editore indipendente concepisce la sua politica editoriale in assoluta libertà, in modo autonomo e sovrano: non esprime l’ideologia di un partito, di un’istituzione, di un gruppo mediatico o di un’azienda. Anche la costituzione del capitale dell’editore e l’identità degli azionisti sono una prova d’indipendenza. La finanziarizzazione del settore editoriale — acquisto di case editrici da parte di imprenditori senza alcun legame con l’editoria e realizzazione di una politica di elevata redditività — comporta una perdita d’indipendenza e, molto spesso, un cambiamento della linea editoriale. L’editore indipendente, grazie alla sua libertà di espressione, è protagonista della bibliodiversità. Ma, al di là degli elementi di definizione, che pure costituiscono il fondamento dell’autonomia, è possibile valutare in maniera più precisa il livello d’indipendenza di una casa editrice attraverso i criteri quantitativi, ma anche qualitativi, che rispondono a queste domande: chi possiede le strutture? qual è il peso della ricerca del profitto nella politica editoriale? come e con quanta coerenza si realizza il catalogo? in che modo l’editore entra in relazione con il lettore?”. Questa è un po’ la sintesi della filosofia di Elba Book Festival e degli editori che vi partecipano.

Il sogno realizzato. La cosa più bella che hai fatto all’Elba Book? Il sogno irrealizzabile (forse). Chi vorresti portare al festival?

Essere riusciti in questi anni a mettere insieme imprenditoria illuminata, realtà culturali elbane e non, scuola e le energie nascoste del territorio riese; infatti Elba Book è festival del territorio (non un format) che ha creato in questi anni gemellaggi importanti (una radice che mette in comunicazione luoghi diversi): la Fiera del Libro di Iglesias, il Premio letterario “Città di Siena”, la Città di Isaura-Associazione per la gioia della lettura e l’Associazione L’Elba del Vicino con sede a Rio Marina, una nuova e importante collaborazione che vuole celebrare la ritrovata unione amministrativa tra i due comuni del versante nord-est dell’isola. Insomma una rete tra festival, premi o qualunque falansterio della cultura indipendente che tenta di rigenerare tra la gente la voglia di leggere a scuola, a casa propria o per strada. Proprio non saprei, forse mi piacerebbe portare al festival sempre più giovani elbani; perché quando saremo troppo vecchi per organizzarlo avremo bisogno di una vivace retroguardia che prenderà il nostro posto.

 

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