14 Febbraio 2021

"Tutte le donne sono di natura come delle gigantesse. Respireranno ad ogni altezza e andranno avanti per la loro strada". DH Lawrence e le sue tresche da ventottenne

Leggo un’edizione Garzanti di Figli e amanti di Lawrence. Arrivo a metà, mi fermo. Il titolo del libro rimane ancora sibillino. Sfoglio allora l’introduzione di Pietro Gelli, pesantemente e inutilmente analitica: riconduce questo libro di Lawrence ventottenne al suo desiderio di liberarsi dalla madre creando un personaggio romanzesco, la Signora Morel, alla quale addebitare ogni male.

È certamente una chiave di lettura. Ma come stanno le cose veramente?

Tra 1912 e 1913, quando Lawrence lavora al suo libro, ha combinato un mezzo casino: ha sedotto e si è lasciato sedurre da Frieda von Richthofen che ha 34 anni e tre figli dal professor Ernest Weekley. Si tratta di un filologo di 48 anni, per capirsi.

Lawrence allora lascia l’Inghilterra e si rifugia sul continente, a Metz. Da qui scrive al prof. Weekley questa lettera il 7 maggio 1912:

Lei conosce già l’estensione del problema. Non si preoccupi di questa mia imprudenza nello scriverle. In questo siamo solo semplici uomini e Mrs. Weekley le avrà già detto tutto, ma Lei non è il solo a soffrire. È realmente un tortura per me, questa condizione.

Siamo in tre anche se non paragono le mie sofferenze a quelle che devono essere le Sue e sono qui come un amico distante, Lei può immaginare le migliaia di bugie, impossibili da capire, che tutto questo comporta. Mrs. Weekley le odia, ma deve andare così. Amo Sua moglie e lei mi ama. Non sono né frivolo né impertinente. Mrs. Weekley ha paura di esser bloccata da Lei e di non riuscire a crescere, quindi deve poter vivere la sua propria vita. Tutte le donne sono di natura come delle gigantesse. Respireranno ad ogni altezza e andranno avanti per la loro strada.

È una condizione che ci tortura tutti. Non creda che io sia uno studente della sua classe, un giovane limitato. In questa materia non siamo dei semplici uomini? Qualunque cosa Lei pensi di me, la situazione rimane la stessa. Praticamente mi scoppia il cuore quando provo a pensare quale sarà la cosa migliore da fare. Ad ogni modo dobbiamo essere onesti con noi stessi. Mrs. Weekley deve vivere in larghezza e in abbondanza. È nella sua natura. Per me questo è il futuro. Sento come il mio sforzo vitale fosse tutto per lei.

Non possiamo perdonare tutti qualcosa? Non è chiedere troppo. Certamente se ho fatto qualcosa di sbagliato la sto facendo, ma non penso che ci sia.

A destra Frieda, a sinistra interpretata da Janet Suzaman in un film del 1981

Sfogliando le lettere di Lawrence giovane non ci troviamo assolutamente davanti a un immaturo che cerca un’altra madre, per dire pane al pane. Dai suoi 17 anni fino ai 23 ha insegnato alle elementari in campagna, la palestra migliore.

Insomma Lawrence è già temprato, uno di cui pochi anni fa sono andati a ruba i saggi: i saggi! non i romanzi. Per dire di quanti contenuti sappia ancora comunicare, di là da ogni facile infatuazione per i complessi che gli appioppanno i posteri, increduli davanti a tanta fame di vita.

Per rendersi conto di tutto questo basta guardare questa lettera del 6 maggio 1912 che scrive a Frieda mentre lei sta per raggiungerlo a Metz da dove poi andranno alla casa dei suoi genitori in Germania:

Andrò in campagna se il tempo rimane buono – tornerò a Metz verso le 2.30 immagino. Posso incominciare a lavorare quando voglio. Ma dobbiamo andarcene da Metz. Dì a Else [la sorella maggiore] che non sono ce l’ho con nessuno. Come potrei? Tu sei l’anima della buona intenzione – come si può essere avercela con te? Ma vorrei tenere sotto controllo i nostri affari.

Non amarmi per cose che non sono – ma poi non dirmi che sono sostenuto. Mi chiedevo cosa ti era successo questa mattina. Se eri stata saggia e buona e mi aiutavi per la mia salute. Ma non serviva. Non serve che domani venga a quel pranzo – ma sono nelle tue mani, “nelle tue mani, O Signore, mi faccio accogliere” ecc. Voglio che tu faccia come vuoi in quelle piccole cose come il mio arrivo in casa di tuo padre. Aggiunta superflua, il tuo volere è il mio volere.

Ti amo – ma devo sempre mordermi la lingua prima di poterlo dire. È perché la mia lingua è inglese. […] Non sentirti ferita, altrimenti – fammi pensare – andrò in monastero – questo hotel a Metz è già prezioso come un monastero.

Questo è l’ultimo giorno che ti faccio un rabbuffo – quindi fanne il meglio che puoi e sii felice.

La bellissima Else, sorella maggiore di Frieda, fu allieva di Max Weber

Tutti sono capaci di vedere un immaturo in cerca di protezione in questo ventottenne che ha trovato una più grande “sulla carta”. Basta continuare a leggere le lettere per rendersi conto che si trattava invece di un rapporto estremamente moderno. E per niente scandaloso. Le scrive il 15 maggio:

Non preoccuparti del bambino. Se arriva ne saremo felici e faremo un marasma per prepararci – e se non dovesse mai arrivare – mi spiacerà. Non credo che quando le persone si amano che qui si debba interferire. È un tasto delicato per i miei sentimenti. Voglio che tu abbia dei bambini da me – non importa quanto presto. Non ho mai pensato a questo desiderio in modo definito. Ma vedi, dobbiamo avere una fondazione più o meno stabile se vogliamo correre il rischio della responsabilità dei bambini – non il rischio dei bambini, ma il rischio della responsabilità.

Dopo un po’ ho pensato che scriverò ancora a Ernst. Forse può corrispondere meglio con me. […] Dobbiamo solo darci del tempo per tornare forti […] Sposarti per me è una gran cosa, non qualcosa a cui arriviamo veloci e in modo appassionato. La sento nel cuore come una sensazione abbastanza terribile – e grande nella mia vita – è la mia vita – un po’ sono ispirato da timore reverenziale e meraviglia – voglio abituarmici. Se pensi che sia paura e indecisione, sbagli. Sei tu che sei indecisa e dovresti andare più di corsa. […] Mi hai tutto, non è un flirt per me ché mi darebbe tanta noia, a meno che non fossi ubriaco. Divertente, questo sentire una passione, il desiderio sessuale, non più come una sorta di pellegrinaggio ma come qualcosa di fisso, calmo. Penso che quando si ama la vera passione sessuale diventi calma, una sorta di forza blianciata invece che una tempesta. La passione che quasi fa impazzire la gente è ben lontana dall’amore vero. Sto imparando cose che prima non avrei mai pensato di imparare. Guarda quella poesia che ti ho mandato [su una sua vecchia frustrazione, Louise Burrows] – non la scriverei mai per te. Ti amerò tutta la vita. È una nuova idea per me. Ma ci credo. Auf wiedersehen

*

A proposito di poesie. Sono quelle che l’hanno fatto uscire alla ribalta quando aveva 25 anni. Anche se erano state accolte in modo tiepido dal maestro di quegli anni, Walter de la Mare. Infatti Lawrence le mise presto da parte.

Negli anni in cui compone Figli e amanti Lawrence ormai ha trovato un canale migliore per riversarsi rispetto alle poesie. Il romanzo: su cui stende i suoi affreschi in modo ottocentesco, se vogliamo, per ampie campiture. Così che Figli e amanti si fa ancora leggere come vicenda familiare, c’è un grande respiro quando seguiamo la storia del matrimonio e dei figli. Ma poi intravvedi quell’elemento autobiografico che turba tutto, un piccolo regno di segnali ambivalenti che ti incuriosisce.

Per questo Lawrence mentre scrive Figli e amanti declina l’invito di de la Mare a rimetter mano alle poesie. Lo fa per due volte nel marzo del 1912, stesso mese in cui si consuma il dramma a casa del professor Weekley: Lawrence non può più per coerenza accettare un suo invito a pranzo.

La prima lettera a Frieda è un semplice biglietto del 20 marzo dove le dice: Sei  la donna più bella in tutta l’Inghilterra.

Lei divorzia nell’ottobre del 1913 allegando anche la lettera di Lawrence all’ex marito che diceva tutte le donne sono di natura come delle gigantesse. Respireranno ad ogni altezza e andranno avanti per la loro strada.

Si sposeranno il 13 luglio 1914.

*

Quel che mi colpisce, in Figli e amanti, è il rispetto della tradizione da parte di un anticonvenzionalista come Lawrence: figlio di una maestra e di un minatore, uno che si fa le ossa a sua volta come maestro e poi osa rubare la moglie a un professore che ha vent’anni più di lui. Sembra, potenziata e ingigantita, la storia di Julien Sorel di Stendhal. Solo che Stendhal deve far morire il suo personaggio, contrastato da troppe forze sociali reazionarie.

Lawrence può osare di più.

Se ho visto bene l’edizione del carteggio che arriva sino al 1913, il nome di Freud non compare una sola volta, contrariamente alle varie teorie che sono circolate su Lawrence in sede di critica. Meglio così. Godiamoci una lettera al suo editore, lo stesso che aveva lanciato Conrad e che di lì a poco avrebbe preso sotto la sua ala un altro Lawrence, Lawrence d’Arabia.

Andrea Bianchi

***

DH Lawrence a Edward Garnett, gennaio 1912

Le manderò a breve 180 o 190 pagine del romanzo “Di contrabbando che ho fatto. non sarà troppo più lungo, vero? Spero che ormai le fila siano state tirate – odio quei pezzi dove lo cucitura è allentata e tenue.

Ma è opera non facilmente valutabile – voglio dire, valutabile a proprio uso e consumo. C’è così tanto di me stesso, di me nudo. Mi do via così tanto e scrivo quel che palpita di più, il sé più sensibile, che provocherà disgusto per il libro perché mi tradirà davanti a una manciata di idioti. Ed è questo, immagino, che deve sentire uno scrittore che sia profondamente personale, uno scrittore lirico. Penso spesso a Stendhal, alle sue contorsioni da torturato ogni volta che si ricordava che “Il rosso e il nero” era di proprietà pubblica.

Vorrei che “Di contrabbando” fosse diffuso in via privata, a poca gente che sappia comprendere. Ma immagino che per regola generale della vita si debba dargli una chance in pubblico e vedere se è buono abbastanza.

DH Lawrence

Gruppo MAGOG