06 Agosto 2022

Laguz: la runa che governa le maree e l'inconscio

“Il terzo Ase ha nome Niördhr; abita in cielo nel luogo chiamato Nóatún. Egli regola lo spirare del vento e calma il mare e il fuoco, lui si deve invocare per la navigazione e la caccia. Ha tanta ricchezza e prosperità che può dare e terra e beni e per questo lo si invoca. Niördhr non è della stirpe degli Asi. Egli è cresciuto nel Vanaheimr, ma i vani lo hanno dato in ostaggio agli dèi e presero in cambio in ostaggio colui che si chiama Hoenir. E ciò portò alla conciliazione degli dèi e dei Vani.”

Edda, di Snorri Sturluson

Laguz è la runa del lago, del mare e dell’acqua. È la runa che rispecchia la sostanza astrale per eccellenza: l’acqua infatti assume la forma di ciò che la contiene. Per quanto sia potente e possa scavare montagne con la sua costanza e il suo flusso, l’acqua è capace di modellarsi, di adattarsi a ciò che tenta di cingerla e costringerla. Fa della sua gabbia la sua elegante dimora. Questa runa assume tutte le caratteristiche dell’acqua, il suo segno rappresenta una cascata stilizzata, qualcosa che tocca le vette del cielo per poi scendere e inondare l’umanità. La ricerca incessante dell’uomo verso il divino, la fonte primaria di ogni conoscenza, per poi ritornare come un dono alla terra. Esattamente come una cascata; l’acqua scorre veloce solo se è retta da una roccia altissima che ne promette il precipizio.

Il dio associato a questa runa è Niördhr, dio scandinavo per eccellenza del mare e del lago. Egli era nato secondo la stirpe dei Vani ma venne cresciuto dagli dèi Asi, scambiato come ostaggio per garantire la pace tra le due stirpi di Dèi. Un dio che viene preso come ostaggio, un ostaggio che anzi che ribellarsi accetta la sua condizione, si plasma dentro al suo contenitore. È infatti nella storia degli dèi che risiede spesso il significato delle rune. Il dio dell’acqua, capace di influenzare le maree, che si concede come ostaggio per il bene collettivo. Ecco che la sostanza astrale ha in questa storia la sua espressione più pura; capacità di adattamento come fonte inesauribile di bene per la collettività, un sacrificio del singolo che si plasma alla situazione per concedere la pace nel cosmo.

runa Laguz

Laguz è la runa della capacità di adattamento, di quella particolare intenzione che permette all’uomo di accogliere le difficoltà della vita, di fare della pietra di inciampo la pietra d’angolo. Laguz ci suggerisce di essere come l’acqua, di ritrovare nelle nostre cellule la fonte originaria della vita, di plasmare il nostro corpo dentro al vaso. Nella vita il cambiamento è inevitabile, oltre che auspicabile, si cambia continuamente, si cambia anche per sopravvivere; Laguz ci indica la strada, per accogliere gli eventi è necessario evitare di contrastarli, bisogna comprenderli, dare un nome a ciò che ci succede, a ciò che proviamo. A questo punto, partendo dalla comprensione e dalla empatia, si può intraprendere un percorso alternativo che non sia oppositivo, semplicemente fluire dove gli eventi ci indicano che c’è più spazio.

Questa è la runa dell’intuizione e dell’empatia, di quella particolare capacità dell’essere umano di scegliere istintivamente una strada piuttosto che un’altra perché si sente una necessità ancestrale, inspiegabile. Laguz è empatia, come l’acqua bagna ogni cosa, assapora ogni terra e non divide ma concede unione e collegamento. L’empatia è un mare di collegamento tra tutti gli esseri umani, una forma comunicativa profondissima che supera ogni divisione e cultura. Attraverso la capacità di sentire l’altro siamo inoltre in grado di sentire meglio noi stessi, è un oceano di possibilità e contaminazione. Laguz ci concede il diritto, ci spinge con il suo flusso, a contaminarci con l’altro; l’incontro è sempre una scelta, un salto di cascata.

Laguz è la capacità di raggiungere una qualsiasi vetta –  professionale, spirituale, amorosa – e poi tornare giù, tra gli umani; è il maestro che, anche se è consapevole del proprio cammino, non si ferma sulla cima della montagna, non pecca di hybris, ma scende tra i comuni mortali condividendo il sapere, con rinnovata umiltà.

Infine, da un punto di vista psicologico, Laguz è la runa dell’inconscio: nel fondo del lago dell’inconscio risiedono tutte le foglie, i sassi e gli scheletri delle parti di noi che non accettiamo, che non vogliamo vedere e che non conosciamo. È la runa che consente di smuovere il fondo del lago per portare quelle foglie in superficie, perché nell’inconscio non risiedono solo forze distruttive e terrificanti, ma sono presenti talenti non riconosciuti, risorse mai utilizzate, doni rimasti intatti per secoli. Laguz è la runa del percorso di consapevolezza, è il segno che dovrebbero portare addosso tutti i terapeuti, psicologi, counselor. È la capacità di smuovere con delicatezza il fondo del proprio e altrui lago, di portare alla luce il mito e l’archetipo nascosto. Dalla conoscenza del nostro inconscio, come un fiume che si riversa nel mare, possiamo entrare nell’inconscio collettivo, sentirci parte di un tutto che ci attraversa, che corrode gli spigoli della paura.

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