Posso solo immaginare il bruciore di stomaco di quanti sono affetti dalla malattia del secolo, il politicamente corretto, e sghignazzare malignamente. Cinquemila artisti insignificanti avevano alzato la voce contro il Presidente degli Stati Uniti d’America, da Madonna a Miley Cyrus – a quanto pare, anche oltreoceano bisogna rispondere tempestivamente alla chiamata alle armi del partito che ti dà da mangiare. Poi arriva lui, il più grande scrittore vivente, il nuovo Céline, Michel Houellebecq e, con un solo articolo, seppellisce tutta la loro prezzolata boria da difensori liberal-globalisti dello status quo – poveretti, non riesco neppure a figurarmi il loro imbarazzo al cospetto della parola definitiva del Maestro.
Sta di fatto che, sbattendosene come non mai delle eventuali critiche mosse dalla torma verminosa dei suoi colleghi, Houellebecq ha preso carta e penna per dire che Donald Trump avrà pure tutti i suoi difetti, ma gli sembra a memoria d’uomo “il miglior Presidente americano” che abbia mai visto. Provate a immaginare il loro stupore pieno di disappunto. Me li vedo proprio che deglutiscono pesantemente e iniziano a sudare dalle tempie, mentre si chiedono: “Ma io, chi sono per andare contro il campione assoluto della letteratura mondiale attuale?”. Non deve essere stato facile – per noi, la compassione nei loro confronti è d’obbligo.
Non che avessimo dubbi rispetto ai gusti politici dell’eroe letterario transalpino, malgrado le precedenti dichiarazioni houellebecquiane sulle elezioni americane – tipo, “non me ne frega un cazzo”. Come fa dire a un suo personaggio, in Le Particelle Elementari, “Tutti i grandi scrittori sono dei reazionari. Balzac, Flaubert, Baudelaire, Dostoevskij: reazionari”. Niente di cui stupirsi! Lo diceva anche Raboni, in Italia, – non certo un simpatizzante di CasaPound – che tutta la grande letteratura è di destra.
Sicché non ci sorprende leggere che Trump ha ragione a non vedere alcuna ratio essendi nel progetto europeo, non sussistendo un pantheon comune di valori. Questo è casomai “un’idea stupida tramutatasi in un brutto sogno, dal quale sarebbe oramai il caso di svegliarsi”.
Houellebecq non ha dubbi in merito, l’Unione Europea si dissolverà e “prima accadrà, meglio sarà”. Tanto per non farci mancare niente, ha pure aggiunto che “l’Unione Sovietica ha collassato allo stesso modo perché basata su un’ideologia falsa e inefficace”. In compenso, dal suo punto di vista, una delle poche “costanti della lunga storia europea è la lotta contro l’Islam, che al momento è inevitabilmente tornata in primissimo piano”.
Ma venendo al punto del pezzo comparso su Harper’s Magazine, e volendo essere totalmente onesti, bisogna dire che l’autore di Sottomissione non scorge in Trump il Messia. Più prosasticamente gli pare che, quello che lui chiama “un clown”, sia meglio di tutti coloro che l’hanno preceduto. Non gli dispiaceva, in verità, neppure Obama. Anzi, pensa che si sia ampiamente meritato il Nobel per la Pace – per quanto concesso con eccessivo anticipo – rifiutando l’invito di Hollande ad attaccare la Siria.
“Trump sta portando avanti e amplificando questa politica di disimpegno iniziata da Obama”. Ma di quale disimpegno sta parlando? In sostanza, gli americani stanno ponendo fine al loro atteggiamento di controllo maniacale sul resto del mondo, alla loro ossessione per la diffusione della democrazia in giro per il globo. “Si stanno ritirando dalle nostre spalle” e “ci stanno lasciando esistere”. Del resto, si chiede il francese, ma che cosa sarà mai questa democrazia, forse votare ogni quattro anni? Chiaramente, come avrà notato qualunque italiano, questa è appena una messa in scena, il suo simulacro, una presa per i fondelli ben orchestrata alla quale oramai credono in pochi – si tratta per intenderci, caro lettore, dello stesso idiota che, leggendo questo passo, penserà che io stia denigrando l’ideale in sé.
Ma non è solo per la politica estera che Houellebecq apprezza Trump. Anche quella economica gli pare quantomeno sacrosanta. Per esempio, i dazi. È vero, e lui lo riconosce, che Trump, quando all’America conviene, sostiene il libero mercato, per poi ricorrere all’occorrenza a misure protezionistiche. Giustamente, considera lo scrittore, in ciò non vi è niente di male. Il Presidente è stato eletto per perseguire gli interessi dei lavoratori americani e lo sta facendo, anche a rischio di sembrare incoerente. Magari, aggiunge lui, ci fosse stata una simile attitudine negli ultimi cinquant’anni in Francia – magari, diremmo noi, ci fosse stata in Italia.
Non c’è che dire, Trump gli piace proprio. È concorde con lui nel non vedere in Vladimir Putin un nemico indegno. Quando poi si dichiara orgogliosamente un nazionalista, lo ammira ancora di più – anche lo scrittore si sente indiscutibilmente tale, per sua stessa ammissione.
In sostanza, Trump è al momento il miglior Presidente possibile – in futuro, a suo avviso, non sarebbe male neppure un qualche cristiano conservatore. È probabile che con lui vi possa essere una drastica riduzione del commercio su scala globale, limitando così le aspirazioni di alcune nazioni come la Cina, il che è certo auspicabile – del resto, verrebbe da aggiungere, abbiamo sempre campato di autoproduzione e non si capisce perché questa non potrebbe tornare a essere il pilastro fondante della nostra economia. Naturalmente, non è che gli scambi cesseranno: a quanto pare l’autore trova necessaria l’importazione del Jack Daniel’s e credo sia inutile precisare il motivo ai suoi estimatori.
I globalisti di tutto il mondo non ci stanno e ritengono folli queste chiusure auspicate dallo scrittore? Houellebecq li rassicura dicendo che saranno sempre i benvenuti ovunque, finché si limiteranno a fare i turisti.
Adesso, visto che la Sinistra veleggia verso il nulla e mantiene in vita, a mezzo di iniezioni pecuniarie, una classe intellettuale in massima parte trascurabile, non sarebbe il caso per la Destra di rilanciarsi partendo proprio da ciò che di meglio abbiamo tra le mani? Ma da chi, direte voi, da un americano mal pettinato? No Signori, da Michel Houellebecq!
Matteo Fais
*Per leggere l’articolo comparso su Harper’s Magazine, clicca qui.