21 Novembre 2017

Contro la cultura italiana dei “pisciatori di volumi” e dei “cacatori di antologie” facciamo esplodere la granata di Emilio Villa

Indisciplinata, psichedelica violenza verbale. Partiamo da una (s)conveniente didascalia: semmai esiste un autore ‘eccentrico’ – e per chi scrive ogni autore è per sua natura ‘eccentrico’, fa centro a sé soltanto, il suo ombelico è l’agorà del mondo, l’orecchio di Dioniso, la ciliegina sulla torta nuziale della letteratura – nella letteratura italiana recente, costui è Emilio Villa. Eccentrico per interessi – dalla foga biblica alla foia nell’instillare senso all’arte contemporanea, dai graffiti primordiali agli omerici, omerica e memorabile, per altro, è la sua versione dell’Odissea, ancora in catalogo Feltrinelli, evviva – per istinto pubblico e perciò politico – Villa ha pubblicato quasi tutto, ed è moltissimo, per microedizioni d’arte introvabili, la Bibbia, invece, tranne rarissimi acuti, cioè Giobbe, Cantico dei cantici e un brandello di Genesi, se l’è tradotta per se, esercizio esegetico-eretico da fare di San Girolamo un ragù – e per caratura lirica – autore di una poesia imbestiata nell’avanguardia, roba da lascivia verbale, con impeto epico-canzonatorio. Insomma, Villa, che, tra le molte cose, fondò riviste in questo mondo e nell’altro mondo (in Brasile), che fu “consulente storico alla realizzazione del film La Bibbia, iniziato da John Huston nel 1964” (lo testimonia una pubblicazione Mondadori del 1966, The Bible), che fu amico di tanti e di nessuno, che coltivò neologismi per il gusto di sputtanarli, è uno ‘stracult’, un genio smodato, ancora scomodo, evviva due volte. Ora: dal cataclisma delle carte villiane, Aldo Tagliaferri, che di Villa è esegeta estremo, ha tirato fuori una “furibonda invettiva” del 1978 “destinata a essere fatta circolare entro una ristretta cerchia di amici ritenuti compartecipi dello sdegno dello scrivente”. L’invettiva, da titolo volubile La danza dei cadaveri La fiera dei venduti, ora, evviva tre volte, esce dalla teca privata per diventare pubblica. L’invettiva è mirabile per due ragioni. VILLA-EMILIO-COVERLa prima è quella che balza subito agli occhi, anzi, allo stomaco. Villa falcia l’intellettualità italica, i travet che ingoiano gli stronzi dei potenti per scoreggiare sonetti Chanel N. 5, quelli “dediti alle perorazioni alle idolatrie alle leccaculatorie giaculatorie eiaculatorie alle superfetazioni”. Villa azzanna alla carotide di carta i “pisciatori di volumi, pisciavolumoni, raccoglitori d’archivi, cacatori di antologie posizionali posizionistiche edonistiche para statalizzate paralitiche paraculari paraoculari”, mette alla gogna estetica, lui, Pan dei neologismi a go-go, i “travestiti poetici, travestiti da poeti” nient’altro che “cadaveri che sussultano, per nutrire di nuovo liquame la gorgia del linguaggio, la bonza del linguame statalizzato, democratificato”. Che razza di geniaggio sullo shuttle, questo Villa! La sua invettiva, in effetti, sta bene nell’Italia del 1978, nell’italietta del 2017 come nella Roma imperiale di 2mila anni fa. La seconda ragione per cui Villa è un fenomeno sta nel manico. Cioè, nel ‘genere’. Villa ripiglia il canone del ‘poemetto imprecatorio’, la sfilza di bestialità e di bestemmie inferte sul muso dell’avversario, cantandogliele in rima. Di esempi ve ne sono da millenni, da alcuni brani biblici a certi reperti egizi, fino all’Ibis di Ovidio, squisito esercizio di infamie, fino a Giovenale, e su, per direttissima, fino a Jonathan Swift, a James Joyce, a Céline. La sottile arte dell’insulto trova in Villa vette di sublime bellezza. L’invettiva spaccastinchi di Villa è pubblica grazie – va da sé, si direbbe visto il soggetto – alla De Piante Editore, che esiste da un anno, ha un logo miracolosamente spocchioso (Pochi libri per pochi), e stampa, come da programma, pochissimi libri per gente sana di cervello. L’idea è rapace: dare al libro sostanza di opera d’arte. Con contenuti inediti e introvabili (ricercati da Luigi Mascheroni), con artisti che dipingono copertine ad hoc (cercati da Angelo Crespi), e un progetto editoriale da collezione (grazie a Cristina Toffolo De Piante, che di fatto tramuta la bella idea in fatto concreto). I libri – naturalmente in poche copie, numerate – li trovate direttamente qui, costano 30 euro ora per valere – come i quadri – il doppio domani e dieci volte tanto dopodomani. Insomma, enogastronomia bibliomantica. I libri editi fin qui sono speciali: prima di Villa, il Viaggio con Ezra Pound di Piero Chiara – racconto cangiante, che è l’omaggio più bello offerto al grande poeta, a 45 anni dalla morte – la Modesta proposta per quattro trame eversive del duo Fruttero+Lucentini, una chicca giornalistica, e un lotto di lettere inedite di Eugenio Montale a Manara Valgimigli, che raccontano i ‘lati oscuri’ del poeta (Non posseggo nemmeno una Divina Commedia). Tutto questo ci rincuora nei confronti dell’editoria attuale. Perché? Beh, si stampa tanto, di tutto, e quasi nulla è degno di appassionata lettura. Il pamphlet virulento di Villa, allora, è una specie di programma editoriale in acciaio inox.

Girolamo Settanta

Gruppo MAGOG