Negli appunti dal Congo, il ‘Che’ denuncia due debolezze “fondamentali: il tabacco e la lettura”. Figlio di buona donna, cioè di mamma borghese e di papà abbiente, ‘Che’ Guevara ha avuto la fortuna di leggere tanto, molto e bene. I curatori della mostra aperta il 18 ottobre alla Biblioteca National di Buenos Aires, Che, lector, in atto fino al 31 marzo, sono piuttosto radicali: “sono le letture dell’infanzia, Julio Verne, Emilio Salgari e Jack London, ad aver forgiato lo spirito battagliero del futuro combattente” (così Emiliano Ruiz Dìaz). Come sappiamo, il ‘Che’ non si limiterà a sognare l’azione. Esauriti i sogni estetizzanti, il ‘Che’ si nutre di altro: nella sua biblioteca ricostruita emergono Il Capitale di Marx, il Trattato di economia marxista di Ernest Mandel, un Manuale di economia politica stampato dall’Accademia delle Scienze sovietica. “Nei momenti di pura azione, di privazione, di violenza, durante la guerriglia, la letteratura è vestigia del passato”, scrive Ricardo Paglia. Nel repertorio allestito dalla biblioteca argentina appaiono anche testi di Georg Lukàcs e di Lev Trockij. La passionaccia per la letteratura persiste nel ‘Che’ anche nei momenti eminentemente ‘politici’: si ricordano alcuni discorsi del 1965 in cui il guerriero cita una poesia di Pablo Neruda (“Ora i miei occhi non si addolciranno più nei tuoi/ e non si allevierà il mio dolore sommato al tuo”), una lettera ai genitori in cui il ‘Che’ si descrive come un nuovo Don Chisciotte, “sotto i miei talloni si agita un Ronzinante, vago per la strada con lo scudo sul braccio”. La mostra è qui.