“Ammazzate il leone” ricorda che ogni azione quotidiana, persino la più innocente, contiene una matrice dispotica a cui non facciamo più caso: l’unico modo per metterla a fuoco è l’ironia, ma non sempre basta. A distanza di molti anni dalla prima uscita, è curioso notare come Jorge Ibargüengoitia “sovrapponga” il ritratto del maresciallo Belaunzarán alle foto istituzionali di certe democrazie d’Occidente. E, in molti casi, coincidano.
In giorni come questi, in cui il dibattito è egemonizzato dalla crisi Ucraina-Russia, vengono in mente ritratti, storie personali ed eredità sociali di certi dittatori. Soprattutto perché, a differenza di qualche decennio fa, la mappatura di questa “aberrazione politica” si sta minacciosamente spostando verso l’Europa: Federazione Russa, Bielorussia e Turchia ci ricordano che sempre più oligarchie travestite da democrazie bussano alle porte della democrazia più antica della Terra, e che quando non trovano aperto tendono a “forzare” le serrature. La dittatura non è più relegata all’immagine nostalgica dell’America Latina, al format narrativo un po’ abusato de La casa degli spiriti (Isabel Allende, 1982), sta subendo un’evoluzione a cominciare dai romanzi venezuelani che stanno trovando discreta fortuna in patria e da quelli peruviani, colombiani e brasiliani che sembrano aver individuato, proprio nelle ragioni storiche della dittatura, una nuova chiave di lettura per provare finalmente a capire meglio un popolo straordinario ma anche molto passivo e indolente.
Paradossalmente contribuisce a questa nuova lettura un libro vecchio, già uscito nel 1969. Ammazzate il leone di Jorge Ibargüengitia (traduzione del grande e compianto Angelo Morino, uscito nel 2005 per Sellerio sempre nella traduzione di Morino): scrittore messicano scomparso nel 1983, a soli 55 anni. Come per i romanzi Due delitti e Le morte, anche Ammazzate il leone è stato pubblicato in Italia dalla vivacissima La Nuova Frontiera, ma a differenza delle altre questa è un’opera ironica, tagliente, per certi versi cinica e irridente. Chi si aspetta il solito fuoco narrativo sudamericano, sostenuto da parabole di vita che in nessun altro luogo del mondo avrebbero senso come lì, forse resterà deluso. In realtà, proprio dentro questa sorpresa, risiedono il merito di Ibargüengitia e l’intuito de La Nuova Frontiera. Ammazzate il leone non solo è un libro scaltro e saggiamente improntato all’ironia più forbita, ma è innanzi tutto una catarsi dei nostri comportamenti e dei nostri piccoli soprusi, un modo per guardare dentro la dittatura che imponiamo ogni giorno in famiglia, in ufficio, nelle nostre relazioni, talvolta nelle nostre parole. Ibargüengoitia ricorda che anche le azioni quotidiane, persino le più innocenti, contengono una matrice dispotica a cui non facciamo più nemmeno caso. L’unico modo per metterla a fuoco, per l’appunto, è l’ironia. «Questo Paese ha bisogno di progresso. Per progredire c’è bisogno di stabilità. La stabilità la possiamo raggiungere se voi vi tenete le vostre proprietà e io la presidenza. Tutti insieme, tutti contenti, e avanti così».
Come detto, questo romanzo di Jorge Ibargüengoitia è del 1969, risente per cui di quella “stagione di costrizione e terrore” che l’America Latina si apprestava a vivere. Ma il controllo della scrittura, l’equilibrio delle emozioni e un’ironia sorprendente, fanno di Ammazzate il leone un romanzo notevole anche se non brillantissimo, molto bello anche se non straordinario. Arepa, un’isola immaginaria dei Caraibi, è governata da quattro mandati dal maresciallo Belaunzarán, che però si appresta a modificare le regole del gioco (la Costituzione da lui stesso promulgata) per “fare un altro giro di giostra”. Corre l’anno 1926, eppure è così attuale il dispotismo con cui tutto accade che ricorda quello di alcuni rettori italiani (pre riforma Gelimini, NdR) che hanno riscritto lo statuto di certi atenei per farsi, appunto, un altro giro di giostra; quello di alcuni presidenti europei che hanno fatto di tutto (per fortuna non riuscendoci) per farsi rieleggere; o quello di alcuni dittatori che, ai confini d’Europa, hanno imposto la propria presidenza modificando a piacimento leggi e regolamenti. Quanto siamo diversi dai latino americani? Quanto sono affini certe presunte democrazie a certe dittature? A distanza di molti anni dalla prima uscita di Ammazzate il leone, è curioso notare come Jorge Ibargüengoitia abbia “sovrapposto” il ritratto del maresciallo Belaunzarán alle foto istituzionali di certe democrazie Occidentali. E che, in molti casi, siano coincise.
Davide Grittani