“Lui Dio non lo voleva, lo negava con forza”. Gli incontri tra Banine e Nikos Kazantzakis
Letterature
Fabrizia Sabbatini
“Lo scenario del mio ultimo libro è la dipendenza squalificante del Regno Unito dagli Stati Uniti in un’era in cui questi stanno imboccando a velocità sparata la strada del razzismo istituzionale e del neofascismo. Per andare a sbattere su una sbarra lasciata lì da qualche mentecatto”. Così John le Carré, ora che ha deciso di fare politica a gamba tesa. Fino ai primi del Duemila, era il sobrio scrittore di guerre fredde, l’amicone di Kubrick. Ora non ha più voglia di fare il bonzo silenzioso.
Vi avevamo raccontato un annetto fa che le Carré stava covando un altro romanzo ambientato a Londra durante il cataclisma post Unione Europea. Ora andiamo avanti perché finalmente il libro è uscito e Guardian ha mandato lo scrittore irlandese (in tempi di Brexit nulla va avanti per caso) John Banville a scambiare due parole con il vecchio spione. Il pezzo originale lo leggete qui.
Il nuovo lavoro è Agent running on field e l’azione parte da questo motore: i finanziamenti di Trump a favore di Brexit per dissolvere, su lungo periodo, l’Unione Europea. È una verità romanzesca, chiaramente inferiore alla verità effettuale, ma resta a merito di le Carré che come autore si prende le responsabilità di ogni singolo personaggio. Soprattutto di quelli del Servizio: tanto più che lui ha servito solo per un quinquennio.
Con le sue parole dell’intervista: “Ricordare, prego, che fui una figura molto junior sia in MI5 che in MI6. Quindi quel che nei miei romanzi passa per conoscenza dall’interno è storia puramente inventata. Però quando avevo il permesso di assistere alle riunioni operative sentivo gli animali grandi del branco e quindi, una volta fuori da quel mondo – con grande sollievo – avevo un grande tesoro a disposizione, un forziere di operazioni immaginate, le quali erano basate su lampi fugaci intravisti. Ma in quel mondo non ho mai fatto nulla di qualche valore”.
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È calata la maschera, signori! Si accendano le luci, sccc! sccc! il regista esce sul palco dopo venticinque romanzi e ci incalza: non gli piace il Servizio (lo si capiva), non gli piace la Nuova Inghilterra a trazione nazionalista (lo si intuiva) e in definitiva… “se facessi l’impertinente e proponessi un messaggio, allora direi che il messaggio del nuovo libro è che il concetto di patriottismo e nazionalismo – dove riporre le lealtà sul piano collettivo e su quello privato – è adesso piuttosto misterioso. Penso che Brexit sia del tutto irrazionale, vi è evidente e autoindotta depressione di statisti, unita a lamentevoli performance diplomatiche. Quel che non andava bene in Europa poteva esser cambiato dall’interno. Da parte mia, sento del tutto allentati i legami con l’Inghilterra in questi ultimi anni. È come una liberazione, ma una triste liberazione. Il punto è che negli anni sono spariti gli inglesi che avevano esperienza diretta dell’ultima guerra, e in campo politico ora prevale l’idea che il conflitto umano non esiste. E invece no: il conflitto umano ha un buon effetto, ci rende più sobri”.
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Eccovi altri punti salienti dell’intervista, presi per argomento:
Il nonno commosso. “I miei nipoti sono orripilati da Brexit e dal concetto di libertà che è stato tolto loro. Quindi gli dico guardate, avete vissuto per molti anni in città straniere e sapete che non troverete mai una conversazione migliore, o più sofisticata, più connessa socialmente, di quella londinese o britannica”.
L’oratore affianco al caminetto. “Non dimenticate che la ragione non ha una sua voce per così dire ‘naturale’. Oratori per le masse del genere di Boris Johnson non parlano il linguaggio della ragione. Lui invece è del tipo che soffia sul fuoco della nostalgia e della rabbia. È sorprendente come queste persone dell’establishment, tipo Farage, parlino ancora di tradimento: tradimento del parlamento, del governo, tutto per cercare un collegamento con l’uomo qualunque”.
Il nobile opinionista. “La cosa più spaventosa che possa succedere è che l’Unione Europea si nasconda nella tana del coniglio, così che Johnson riprenda da capo l’accordo che già la May aveva trovato e lo faccia passare per suo con un tocco alla trottola e poi si vanti della grande vittoria di fronte a un parlamento spaventato. E che governi per otto anni”.
L’aspro censore. “Penso che tutto sia sotto controllo, posto che venga rimesso in auge il contratto sociale. Non possiamo predicare di avere un cosiddetto campo da gioco uguale per tutti finché ci sono istituzioni così esclusive come le scuole private, la medicina privata, tutto privato. E poi i social media dove si espone tutta una gamma di dolcetti alla gente che così è prona a comprare questo, vestire questo, viaggiare laggiù, e tutto ammonta a una nozione spuria di cosiddetta vita perfetta”.
Il fanatico di Piketty. “Credo che dobbiamo fare quelle cose che altri stati fanno senza starci a pensar su troppo. Serve una tassazione sulle rendite e bisogna creare una soglia sulle ricchezze che si possono avere in eredità. Continuo a credere che sarà il conservatorismo compassionevole, alla fine, a integrare il sistema di istruzione privata. Comunque, io non li ho votati. Ma il fatto è che se la sinistra si mette a livellare sembra che lo faccia per risentimento, mentre se lo fa la destra allora sembra buona organizzazione sociale”.
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Ora sta benissimo che il venticinquesimo romanzo porti in gloria le Carré. Chi lo sa, però, se è ancora abile a ritrarre lo spionaggio e le sue creature. Qui avanziamo una modesta proposta. Se, invece di credere con le Carré che l’Occidente è sempre cinico, i musulmani sfruttati e gli asiatici… bè, anche gli asiatici sono sfruttati dall’Occidente brutto & cattivo – se, invece di sorbire il solito minestrone morale, introspettivo & lucido & freddo di le Carrè nel suo ultimo pistolotto, andassimo alla radice del genere spionistico e leggessimo L’agente segreto di Conrad? È un romanzo pubblicato nel 1907 che non ha mai perso lo smalto: ci mise le mani anche Gadda, traducendolo col suo bell’inglese da ingegnere.
Oppure, se volete ridurvi la fatica, leggete questa nota del diario di Somerset Maugham, alla data 1917. In fede, è un ritratto che non è invecchiato. Il libro di le Carrè sa già di rancido.
Andrea Bianchi
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Somerset Maugham, A writer’s notebook, 1949
1917
In quest’anno fui mandato in Russia in missione segreta. Ecco come sono arrivato a prendere le note che seguono.
Agente segreto. Era un uomo nemmeno di mezza statura, ma largo e robusto; camminava senza far rumore, a passi rapidi; aveva un’andatura bizzarra, qualcosa come da gorilla, e le braccia gli pendevano dai fianchi allontanandosi dal corpo; ti dava un’impressione quasi di creatura scimmiesca pronta a saltare in ogni momento; e la sensazione di enorme forza non ti faceva stare tranquillo. Aveva una testa squadrata e ampia su un collo corto e sottile. Era ben rasato, con occhi piccoli e attenti, e la sua faccia era stranamente appiattita come fosse stata colpita da un botto. Aveva un naso largo, carnoso, piatto e una bocca grande con piccoli denti che avevano perso il colore. I suoi capelli sottili e chiari erano tenuti ben lisciati sulla testa. Non rideva mai, ma il suo riso era soffocato e in quei momenti i suoi occhi si illuminavano di un umore feroce. Era ben vestito da capo a piedi in stile americano, e a prima vista l’avresti preso per un immigrato del ceto medio che si era stabilito per qualche piccolo commercio in una tale florida cittadina del Mid West. Parlava inglese fluentemente, ma senza correttezza. Era impossibile starvi insieme a lungo senza venire impressionati dalla sua determinazione. La sua forza fisica corrispondeva alla sua forza di carattere. Era spietato, saggio, prudente, e assolutamente indifferente ai mezzi che gli occorrevano per i suoi scopi. In definitiva, vi era qualcosa di terrificante nel suo carattere. Il suo cervello, fertile, ribolliva di idee sottili e ardite. Provava un piacere da artista davanti alle vie tortuose del suo servizio; quando ti diceva di uno schema che stava contemplando o di una schivata che gli era riuscita i suoi piccoli occhi azzurri si illuminavano, come anche la sua faccia, di un’allegria satanica. Aveva un disprezzo eroico per la vita umana, e avvertivi che per la causa non avrebbe esitato a sacrificare un suo amico o un figlio. Nessuno poteva dubitare del suo coraggio, e allo stesso modo era in grado di affrontare non solo il pericolo – cosa non difficile – ma i disagi e la noia. Era un uomo di abitudini frugali e poteva andare avanti per un periodo incredibile senza mangiare o dormire. Senza mai risparmiarsi, non pensava mai a risparmiare gli altri; la sua energia era straordinaria. Benché spietato, era uno di buon umore, in grado di uccidere un altro umano senza mostrare traccia di malessere. Sembrava non aver altro che una passione in vita sua, fatta eccezione per il suo strenuo desiderio di buoni sigari, ed era il patriottismo. Aveva un gran senso della disciplina e obbediva senza discutere al suo leader allo stesso modo con cui esigeva obbedienza dai suoi subordinati.
William Somerset Maugham
* traduzione di Andrea Bianchi