Confronto fra titani. Jean-Luc Godard è il grande maestro del cinema francese, stella della Nouvelle Vague, dal Leone d’oro all’Orso all’Oscar alla carriera, ha vinto tutto. André Malraux è il grande romanziere francese, lo scrittore attivista de La condizione umana, l’intellettuale antifascista infatuatosi sulla via del comunismo, che poi diventa plenipotenziario della cultura di Francia sotto De Gaulle, dal 1958. A Malraux, oratore eccezionale, dobbiamo libri bellissimi e avventurieri – alcuni, come I conquistatori, dovrebbero tornare in auge editoriale – la più profonda esegesi di Picasso – Il cranio di ossidiana, del 1974 – e l’intuizione dell’unico museo possibile, oggi, il ‘Museo immaginario’. In questa lettera del 1966, Godard, che ha trent’anni meno di Malraux, si rivolge allo zar della cultura francese, furibondo. Il governo, infatti, ha messo il bavaglio della censura a Suzanne Simonin, la Religieuse de Diderot, film uscito quell’anno, a firma di Jacques Rivette, tratto dal romanzo di Denis Diderot. A dire di Godard – che si rivolge a Malraux come al grande intellettuale della Francia ‘libera’ – siamo di fronte a un gesto di vigliaccheria da parte dello scrittore, che si dimostra più realista del re, un Pilato che per non scontentare il suo imperatore – De Gaulle – è pronto a calpestare le più elementari norme della buona cultura. Malraux, il corsaro che ruba reperti archeologici in Cambogia, che lotta contro il colonialismo francese, che combatte in Spagna ed evade dalle prigioni tedesche durante la Seconda guerra, che fa la resistenza ed è torchiato dalla Gestapo, e con le Antimemorie (anche queste, editorialmente da riscoprire) scrive, con stile allucinato, il romanzo del secondo Novecento, è risorto bigotto? Il problema, qui sta il fascino della diatriba, è nel rapporto, spesso tra estremi inconciliabili, che lega l’artista al potere, lo scrittore di genio alla politica. Liberamente Malraux si è fatto cantore del gollismo; liberamente si è trovato invischiato nei piccoli affari della burocrazia corrente – a volte chiudendo gli occhi.
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6 aprile 1966
Il tuo capo ha ragione. Tutto accade a un livello volgare e subalterno… Fortunatamente, poiché siamo degli intellettuali, tu, Diderot e io, il dialogo può svolgersi a un livello superiore. Non sono certo, caro André Malraux, che tu capisca qualcosa di questa lettera. Ma poiché sei l’unico gollista che conosca, la mia rabbia deve cadere su di te.
Dopo tutto, va bene così. Essendo un cineasta come altri sono ebrei o neri, comincio a stancarmi a chiedere di intercedere presso di te ai tuoi amici Roger Frey e Georges Pompidou, per ottenere la grazia a un film condannato a morte dalla censura, questa Gestapo dello spirito. Ma Dio del Cielo, davvero non credevo di doverlo fare per un tuo fratello, Diderot, un giornalista, uno scrittore come te, e per la sua Religiosa, mia sorella…
Sono stato cieco! Avrei dovuto ricordare la lettera [la Lettera sui ciechi ad uso di coloro che vedono, sferzante trattato di ateismo, per cui Diderot fu incarcerato nel 1749, ndr] per la quale Denis è stato sbattuto alla Bastiglia… Avevo preso per coraggio o intelligenza l’azione che hai fatto per salvare il mio Una donna sposata dall’ascia di Alain Pyrefitte, ma ora, che accetti a cuor leggero la censura su un’opera dove dovresti imparare il significato esatto di due termini inseparabili, generosità e resistenza, capisco di cosa si trattava. Capisco che era semplice vigliaccheria.
Se non fosse prodigiosamente sinistro, sarebbe prodigiosamente bello e commovente vedere un ministro dell’UNR [l’Union pour la nouvelle République è il partito politico fondato da Charles de Gaulle nel 1958, che vince le elezioni, ndr] nel 1966 temere uno spirito enciclopedico del 1789…
Non mi meraviglia che tu non riconosca più la mia voce quando ti parlo del divieto imposto alla Suzanne Simonin, la Religieuse de Diderot. No. Nessuna meraviglia al cospetto della tua profonda vigliaccheria. Tu fai lo struzzo con la tua memoria interiore. Come puoi capirmi, allora, André Malraux, quando ti telefono dall’estero, da un paese lontano, la Francia libera?
Jean-Luc Godard