Due cose mi danno sui nervi: quando sui telegiornali leggo l’aggiornamento del numero dei femminicidi avvenuto durante l’anno – triste resoconto voluto da qualche direttore donna – e l’ondata indignata del “#MeToo”. Sul primo sarò breve: 40 anni di lotte per la parificazione dei sessi e ugualmente si pone l’accento sul “genere”. Si chiamano “delitti” o “uccisioni”. Non è complicato interpellare “Thesaurus” su Word. “Delitti” e basta quindi, senza aggiungere il colore rosa o la desinenza femminile. Vengono uccise persone, non uomini o donne. Persone.
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Sul secondo, che il nostro Direttore Davide Brullo ha “lanciato” alla maniera dei lord inglesi impegnati nelle battute di caccia alla volpe (l’editoriale “Quel porco di Salinger a 53 anni se la faceva con una di 18…” è micidiale), l’effetto è meno immediato: un giocattolo coperto dalla sabbia che le onde del mare riportano in superficie. Serve tempo, qualche mareggiata e tutto torna alla luce del sole. La storia della giovane maialina che seduce il vecchiardo (e non viceversa) è comica, se non addirittura drammatica. E il mostro canuto e raggrinzito, davanti a tanta freschezza, non può che pasteggiare. Semmai il problema è a monte: non credo all’ingenuità di una teen che apre la bocca e le gambe all’ometto maturo e poi a distanza di anni rivela alla stampa che è stata abusata.
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Curioso come un cane da tartufo, quando annuso terreno fertile rizzo la coda e avanzo di soppiatto. Coppia lombarda, lei poco più di 25 anni, lui sopra i 50. Sposati, amici (lui: lei in realtà l’ho conosciuta di recente, in occasione del matrimonio). “Ale, prendi su la (nome della moglie) e andate a ordinare due pizze o due piadine” mi dice. Guida lei, io al fianco. “Non ti fa strano la differenza di età tra me e lui?” annuncia mentre passa dalla seconda alla terza. “No, perché? Non siete né i primi né gli ultimi: lui si è garantito un piatto di carne fresca per i prossimi 20 anni, tu invece una buona sicurezza economica”.
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È più o meno quello che deve aver pensato Joyce Maynard, la ragazzina che a inizio degli anni Settanta si è fatta Salinger per diventare celebre. Per vedere come scopava “Il vecchio Holden”, ma soprattutto per avere le luci della ribalta. Non “figlia di” ma “amante di”, quindi una posizione più consapevole: con il cognome ci nasci, chi ti chiavi lo scegli tu. Joyce, scrive Davide Brullo, è una diciottenne di talento che manda articoli e racconti ai quotidiani e che vuole arrivare in alto. Vuole emergere, e se il talento è quello che è, la strada più veloce è quella di legare il proprio nome a una celebrità. Salinger ha fatto quello che doveva fare: farsela. E nel pendolo micidiale del do ut des, la ragazzina, dentro la sua testa, due conti li deve aver fatti.
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“Le Lolite esistono solo nella letteratura: te credi che le ‘olgettine’ non sapessero nulla? Verginelle, anche se lo dubito, mandate al macello davanti al potente. Sei ingenuo: le ragazzine sono maliziose, informate, calcolatrici. Sanno bene tutto”, mi spara, e l’effetto è quello di un gancio al mento. Mi rimane in testa quella parola, “tutto”. Vittime sacrificali, cerbiattine impaurite, innocenti fiori di primavera. Una ventata che spazza via ogni forma di poesia. “Tu sai che quando fai una pompa a un vecchio pieno di soldi, lui che, se tutto va bene, è abituato alla bocca della moglie e alla sua dentiera, ti richiama e ti riempie di regali. O ingrassa il tuo conto in banca”. Poi chiarisce: “Non parlo di Berlusconi”.
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Joyce dice che s’era trasferita da Salinger “con una valigia piena di minigonne”. Vecchio (si fa per dire, Salinger ai tempi aveva l’età del mio amico) ma non coglione: se ti chiedo di venire da me e ti porti dietro vestiti succinti, difficilmente posso pensare che tu voglia intervistarmi sulle differenze tra “La critica della ragion pratica” e “La critica della ragion pura” di Kant. Rintronato forse, miope senz’altro ma pur sempre in grado di distingue un reggipoppe o un perizoma spaccastronzi da un volume enciclopedico.
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Semmai il problema è che il lavoro e il successo (o meglio, la sua riconoscibilità tra i conoscenti e non), vengono messi al primo posto nella scala dei valori. E che per raggiungere un effimero vertice si è disposti anche ad abbassare la testa.
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“Dicono che fra tre giorni arriveremo. Ancora tre pompini e sarò dall’altra parte dell’oceano”. Lo scrive Alessandro Baricco nelle ultime pagine di “Castelli di rabbia”. Lui è il Capitano Abegg, lei ha il suo compagno, Tool, rinchiuso il galera. Lei attraversa il mare a bordo di una nave. Poi scenderà e in America non ci andrà mai più.
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Non è necessario fare gli attori o gli scrittori. È necessario fare le persone. Essere persone. Quindi se ti chiedono una pompa o il culo in cambio di un ruolo più o meno importante in un film o in un programma, sei libero di accettare come no. Se accetti però poi non ci fai i pipponi sulla vergogna, sulla pubblica lapidazione, sul “mi hanno consigliato di non dirlo perché lui era potente e se avessi rifiutato avrebbe ucciso la mia carriera”. Non si uccidono carriere ma solo persone. Si chiamano “delitti” e non “femminicidi”.
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Ancora Joyce nelle parole di Davide Brullo: “Lo scorso autunno, quando è dilagata sulla stampa la notizia degli abusi perpetrati da Harvey Weinstein su donne dell’industria dello spettacolo, seguita da rivelazioni quasi giornaliere di uomini importanti che avrebbero compiuto violazioni simili, ho pensato che la mia vicenda potesse tornare alla luce. Ho pensato che qualcuno mi telefonasse. Ma il telefono non ha squillato”. Forse perché molti non conoscono Salinger. Forse perché la sua storia è già saputa, o non fa più presa sui lettori. L’avrebbe raccontata gratuitamente?
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Abbiamo preso tre piadine, o tre cassoni. “È un compromesso. Guarda me e mio marito, che poi è tuo amico. Un accordo. Tipo ‘Pretty woman’, hai presente il film? Solo che io sapevo tutto di lui. E non sono una puttana. Ho iniziato a stargli dietro che ero ancora minorenne. E non solo per capire se ero in grado di sedurre un uomo che ha l’età di mio padre, ma per cercare un padre non-padre che mi desse una sicurezza economica. Sapevo bene cosa dovevo dare e cosa avrei ricevuto. Questa Porsche che trasporta il mio culo e il tuo culo è un esempio”. Non le ho detto che ho registrato la nostra conversazione, e di certo non le dirò nulla di questo scritto.
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La stimo. E non la giudico. Aborra il “#MeToo”, ne prende le distanze. “A me non è capitato: è stata una scelta consapevole” mi ha sussurrato. Ho respirato il suo profumo, l’ho immaginata nuda. Caro Luca, ti stringo la mano.
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Ho 43 anni, giro con una Giulietta. Quando va bene, ti invito a teatro o a cena. E non mi slaccio i pantaloni, anche perché non posso prometterti nulla.
Alessandro Carli