Che Pasolini non fosse di destra è cosa nota a tutti. Che però non rientrasse neppure nella schiera degli ottusi propugnatori della retorica di Sinistra è un aspetto, più o meno consapevolmente, trascurato. Tutto ciò è ben documentato da una nuova antologia, di recentissima uscita per Garzanti, Il fascismo degli antifascisti. Se proprio non ci tenete a spendere soldi, sappiate che si tratta su per giù di una selezione dagli Scritti corsari.
Al di là però delle vicende editoriali legate ai testi dell’autore bolognese – certi morti non li si spremerà mai abbastanza –, Pasolini è interessante per qualunque italiano, in quanto attualissima chiave interpretativa del nostro tempo. Per intenderci, guardiamo alle ultime elezioni e al grande pericolo paventato dai giornaloni – “La Repubblica” in testa –, successivamente amplificato sui social dai votanti a sinistra, quello di un nuovo fascismo. Chiunque sia in buona fede sa che certi addetti alla distrazione di massa vi hanno battuto per mesi. Non paghi, continuano: a giorni uscirà infatti, per Einaudi, Istruzioni per diventare fascisti di Michela Murgia.
Chiediamoci dunque: cosa penserebbe Pasolini di questi allarmi e delle costanti manifestazioni di ANPI e compagnie cantanti in contrapposizione a quattro militanti di Casapound? È difficile ipotizzare come sarebbe oggi l’autore di Ragazzi di vita, se fosse ancora vivo – in fondo, quanti uomini puri si sono corrotti! Ma, stando a ciò che ha scritto fino al momento della sua tragica morte, non è difficile arguire – e sto edulcorando – che avrebbe prorotto in qualcosa come “Cari compagni, siete in torto marcio”. Ma atteniamoci alle parole del poeta, onde evitare di sentirci dare dei manipolatori: “Esiste oggi una forma di fascismo archeologico che è poi un buon pretesto per procurarsi una patente di antifascismo reale. Si tratta di un antifascismo facile che ha per oggetto ed obiettivo un fascismo arcaico che non esiste più e che non esisterà mai più […] Ecco perché buona parte dell’antifascismo di oggi, o almeno quello che viene chiamato antifascismo, o è ingenuo e stupido o è pretestuoso e in malafede: perché dà battaglia o finge di dar battaglia ad un fenomeno morto e sepolto”. Naturalmente, dopo queste frasi, partirà il coro da tragedia greca per dire che Pasolini è stato strumentalizzato dalla destra e blah blah, blah. Possibile. Infatti, qui non ci interessa volgere il noto romanziere dalla parte che non gli appartiene, né tanto meno leggerlo pro domo nostra. Basterebbe che fosse la Sinistra a riflettere sul lascito del suo stesso pensatore. E, in verità, qui c’è poco da speculare e molto da capire: Pasolini ne è certo, il fascismo del ventennio non si potrà mai ripetere. Non ci sarà più un nuovo Mussolini “non solo per la nullità e per l’irrazionalità di quello che dice, per il nulla logico che sta dietro quello che dice, ma anche perché non troverebbe assolutamente spazio e credibilità nel mondo moderno. Basterebbe la televisione per vanificarlo, per distruggerlo politicamente”. Figurarsi poi, oggi, con i social network. Ma voi direte che esistono realtà quali Casapound, Forza Nuova e forse altre mille persone affette da una macabra nostalgia, così come prima c’era l’MSI. Sentiamo cosa ne pensa il nostro caro autore di sinistra: “i fascisti ufficiali non sono altro che il proseguimento del fascismo archeologico: e in quanto tali non sono da prendere in considerazione. In questo senso Almirante, per quanto abbia tentato di aggiornarsi, per me è altrettanto ridicolo che Mussolini”. Insomma, non ci sono dubbi, Pasolini non è di destra, anche se forse, a vedere quella attuale, rimpiangerebbe Almirante.
Ma dunque, dal suo punto di vista, il fascismo è morto, oggigiorno? No, se con tale termine si intende “la prepotenza del potere”. Ergo, dove sta? “Io credo, lo credo profondamente, che il vero fascismo sia quello che i sociologi hanno troppo bonariamente chiamato la società dei consumi”. Ovviamente, qualcuno dirà che questa è una frase estrapolata al solo fine di avvalorare una lettura partigiana… Giriamo quindi pagina: “il vero fascismo, l’ho detto e lo ripeto, è quello della società dei consumi”. Non per voler porre la parola fine alle tante esegesi di una certa fazione politica, ma mi pare che il punto di vista pasoliniano sia abbastanza inequivocabile. Certo, quasi nessuno vorrà darmi ragione, anzi alcuni mi odieranno per aver semplicemente citato le parole che li inchiodano. Capita, del resto, di indirizzare male il proprio astio: “soltanto che questo odio si dirige, in certi casi in buonafede e in altri in perfetta malafede, sul bersaglio sbagliato, sui fascisti archeologici invece che sul potere reale”.
Procedendo adesso senza riportare interi brani, a riprova di aver letto il testo in questione, il resto del pensiero del regista di Teorema si potrebbe sintetizzare come segue. Il fascismo arcaico è stata una mascherata che non ha modificato nel profondo gli italiani. Il Paese che questi si ritrovavano intorno era immutato da almeno cinquecento anni. I valori erano quelli di sempre e ben saldi: patria, famiglia, risparmio, frugalità e duro lavoro delle braccia. La società dei consumi ha mandato tutto in vacca. Non esiste più una cultura proletaria o borghese. Anche prima si era conformisti, l’uomo è sempre stato tale, ma si trattava di un conformismo di classe. Oggi sono tutti identici, operai e professori, fascisti e antifascisti, del Nord o del Sud. Sempre per capirci, prendete un elemento qualsiasi di Casapound e mettetelo in un centro sociale di Sinistra. A meno di non cercare volutamente lo scontro, facendo qualche discorso non proprio adatto alla situazione, è difficile che lo riconoscano. Anche lui beve la stessa birra da discount, indossa gli stessi jeans, porta gli orecchini e presumibilmente è tatuato come un detenuto dopo vent’anni di carcere. Oppure confrontate un impiegato qualsiasi di un ente statale e un disoccupato che vive di assistenza pubblica. Entrambi indossano la stessa polo, da dieci euro, presa in offerta al centro commerciale.
In ultimo, secondo Pasolini è questo che dovremmo combattere, l’omologazione di una società che sta bene a tutti perché progressista, aperta, e via dicendo. Nessuno, fascista o meno – sono sempre pensieri di Pasolini – vorrebbe oggi stare con una ragazza che vive in casa del padre prima di passare direttamente in quella del marito. Nessuno la vorrebbe una donna non libera, che prima di farti vedere un pelo di figa ti farà attendere la prima notte di nozze, per poi svegliarsi alle tre di mattina e andare in campagna. Eppure, lui, il poeta omossessuale, preferiva quel mondo lì, arcaico, retrogrado e preindustriale.
Avrà avuto ragione lui? Sarà stato in torto marcio? Il progresso è un falso progresso, o la cosa migliore che potesse succederci? Non spetta a noi dirlo. Vi basti solo sapere che Pasolini oggi non scenderebbe in piazza con voi, additando il pericolo dei fasci di combattimento. Vi direbbe di lottare contro questo mondo… Ah, già, ma voi lo sentite minacciato da Mussolini.
Matteo Fais