18 Agosto 2019

“Sei redento perché hai ceduto al tuo limite. Lo so che non basta. Ora vuoi diventare beato, perché oltre che puro e folle, sei poeta”: il romanzo a puntate di Giorgio Anelli, “Mirabilia Dei”

La redenzione passa nel ringraziare per quello che si è, nonostante tutto. Perché quando sento alcuni miei colleghi parlare seriamente delle loro sofferenze, dovrei smetterla all’istante di piagnucolare per questo e quello. Spesso, chi ci vede da lontano, chi ci osserva da fuori, non crederebbe a nulla di quello che sopportiamo quotidianamente: «Quell’uomo è in difficoltà? Quella donna sta soffrendo? Ma cosa mi stai dicendo, non raccontare palle». Altro che palle, signori miei! Quando mi sento dire che qualcuno vorrebbe farla finita, perché ogni giorno e notte ripiomba nell’inferno tremendo di malattie e malanni fisici e / o psichici (giusto per non entrare in forti particolari), brividi m’invadono come cobra impazziti. Silenzio e compagnia, nel lavoro quotidiano, sono l’aiuto vicendevole, il gesto più importante da compiere tra di noi.

È vero, mi è capitato. Esternamente apparivo come una qualunque persona normale. Dentro, mi crollava il cielo addosso. Mentre ragni ossuti graffiavano il viso di cartapesta. Avere paura di guidare, di uscire di casa per fare qualsiasi cosa ‒ dal lavoro, alle prove serali in un coro… ‒, era lo scempio su di me al quale assistevo impotente.

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La redenzione passa per quel reparto di psichiatria, per quelle due settimane folli di follia, per i folli folleggianti accanto a me e a te. Passa per gli abbandoni e i nuovi abbracci, per i tradimenti e le infuocate strette di mano. La redenzione aveva il volto di prostitute di colore, che tiravi su dalla strada, anche per il gusto di vantarti di essere il “poeta maledetto”, fino a quando proprio loro salirono tutte insieme sulla tua auto e non volevano più scendere. Ti ricordi quegli attimi, ragazzo maledetto? Avevano fame, e tu eri andato completamente nel panico. Avevano fame, mentre tu povero ragazzo piangevi, già ti pentivi della marachella idiota che avevi commesso. Volevi fotterle. Furono loro ad avere pietà di te, quando le lasciasti davanti a una panineria, tutto tremante. Adesso comprendi che la redenzione passava anche da lì. Dal fatto che tu finalmente tornavi verso casa, con l’auto svuotata e la coda tra le gambe, in una sera d’inverno, e tuo padre era sotto il portone ad aspettarti preoccupato. Tuo padre, dopo una giornata intera di duro lavoro, non ti ha chiesto niente. Non ha voluto spiegazioni. Gli bastava che fossi tornato a casa, intatto. Per la fede incrollabile che aveva.

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La redenzione passa per la solitudine più nera, ammirando il volo di rondini e gabbiani; seduto su un muretto, la sera, a guardare le mille luci dei laghi. La redenzione farà, della tua leggenda, un miserere. Sarai nuovamente beato tra i massi millenari di quella foresta e di quel fiume? Sofia, ti cercherà ancora? Gli alberi, vi accoglieranno daccapo nell’atto di volervi bene?

La redenzione sarà un giorno ritornare a parlare con tua madre ‒ forse… La redenzione passa per quei soldi buttati al vento a Milano, che i tuoi genitori ti avevano dato per acquistare i libri all’università. Soldi costati sudore, fatica, onestà dignità e onore, persi al ‘gioco delle tre carte’ alla stazione di Milano Centrale. Svaniti in un attimo: come le tue illusioni di ragazzo; come quei furbi disperati napoletani che ogni giorno viaggiavano sul treno Napoli-Milano andata e ritorno, per fottere gli sprovveduti come te.

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La redenzione passa per il tuo coraggio di aver deciso finalmente di fare domanda di invalidità. Di dire al mondo, che anche tu esisti, sei ferito, ma hai ancora voglia di combattere. E la legge in questo ti aiuta, te lo permette. Sei redento perché hai ceduto al tuo limite. Lo so che non basta. Ora vuoi diventare beato, perché oltre che puro e folle, sei poeta. Puro e folle e disgraziato! Mendichi ogni giorno alle parole, verbi differenti.

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Quando, nei viaggi del silenzio, qualcuno avrà il coraggio di cercarti di nuovo, questa volta seriamente e con rispetto; tu avrai letto più libri, e scritto forse cose importanti…

Quando, negli incontri folgoranti, amici veri ti hanno accettato nel mondo della letteratura italiana, per dirti: avanti! senza di te non ci muoviamo…

Quando, hai avuto la fortuna, se non il destino, di farti presentare a Giuliano Ladolfi proprio da Marco. E Giuliano ti ha insegnato che gli uomini di parola, non tradiscono mai la fiducia data…

Quando tutto questo e molto altro faranno la tua storia sempre più ricca di significato… e tu non ti immagini nemmeno chi altri ancora potrai incontrare, perché ogni giorno il futuro riserva incontri a volte sorprendenti…

Quando non eri nessuno, e tutt’ora insisti nel rimanere tale…

Quando hai iniziato a imparare a conoscere la tua malattia, ma soprattutto a stimare e rispettare, a trattare per come esattamente devono essere trattati, cioè non come poverini, i tuoi colleghi, e chiunque incontri per strada, affetto da disavanzo…

Quando hai compreso che essere incompiuto, non era solo il genio di Rodin, bensì la tua condizione attuale e costante, se non di qualsiasi uomo…

Quando la tua coscienza si è dimostrata aperta, moltissimo tempo addietro, al fatto che vento e acqua sono fondamentali alla vita del poeta, come all’inconsistenza di una bacca per il cardellino nella notte… allora la redenzione passerà sul tuo capo come qualcosa di sacro, sarà l’unguento; passerà la redenzione come il Crocus nel tessuto da avvolgere al polso dell’amata, attraverso il quale sigillare l’immortale parola amore.

Allora penserai davvero che qualcosa potrà compiersi…

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La redenzione arriva, che non te lo aspetti. In un attimo. Non capisci che è un filo sottilissimo a reggerci dalla morte, dallo schianto? Finito il lampo, tornerà tutto come prima. A meno che ‒ tu ‒ poeta sconsolato ‒ non baratti l’ombra per un misero sorriso di gioia… e proprio allora, forse, vedrai, davvero tutto, sarà veramente compiuto.

Giorgio Anelli

*In copertina: Charles Bukowski (1920-1994)

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