Me ne stavo lì bello – si fa per dire – spaparanzato sulla spiaggia. Avevo con me “la Repubblica”, il quotidiano più fantasioso che si possa trovare in edicola. Mi piace perché è sempre pieno di racconti avvincenti da fare invidia a Raymond Carver. Mi intrigano soprattutto quelli nei quali si narra di uomini di colore malmenati, messi alla berlina, bullizzati, presi di mira da torme di famiglie borghesi ipocrite che li rapiscono e danno loro fuoco nel giardino di casa. Non so se si ispirino a storie americane risalenti al periodo del Ku Klux Klan, ma sta di fatto che si fanno leggere con piacere e sono anche edificanti, come Pinocchio. C’è sempre un nero, buono e animato dall’intento di pagare le pensioni agli italiani, che viene scambiato da tutti per un affiliato alla mafia nigeriana, quella che costringe ragazze minorenni a battere per strada. Poi, però, l’africano riesce a parlare con i borghesi razzisti-schifosi e a spiegare loro che, se fa prostituire la madre e la sorella, è solo perché quella è “la sua cultura”. Allora la brava madre di famiglia, che odia tutta la gente di colore, ma in fondo in fondo è buona, si gira verso il marito e dice: “Giovanni, tesoro, hai capito? Non lo fa perché è malvagio. Lui voleva solo integrarsi, ma non capiva i nostri costumi”. Allora, il marito si commuove e chiede all’uomo di colore di bombare la moglie perché quello è un lavoro che lui, a conti fatti, non ha più voglia di fare e, alla fine, tutti insieme vanno a comprare “la Repubblica” e a prendere l’aperitivo in un locale all’ultimo grido, pieno di persone vestite Prada, molto aperte e progressiste.
Simpatici questi raccontini che ci sono sul quotidiano di De Benedetti. Dovrebbero farli leggere a scuola, per far crescere tanti piccoli scrittori come Saviano. Ah, già, dimenticavo: i docenti, quando invitano i ragazzi a sfogliare i giornali, portano sempre “la Repubblica” anche perché è l’unico che leggono.
Ma dicevo che stavo lì, annoiato come tutti dopo qualche giorno di mare – malgrado gli altri fingano molto meglio di me di divertirsi, o rilassarsi. A un certo punto, vedo che tutti corrono verso il bagnasciuga. Una giovane donna, nella corsa, perde il reggiseno del costume che si stava allacciando e neppure si ferma a raccoglierlo. Per un attimo resto interdetto e, a fior di labbra, sussurro “Che bocce!”.
Quando ritorno in me, mi chiedo che cosa stia facendo quella massa umana lì assiepata, tutti con lo smartphone in mano. Mi avvicino a mia volta, seguendo l’istinto del gregge e soprattutto il suo odore. Ed eccolo volteggiare, mentre fa le capriole saltando fuori dall’acqua. I bambini gridano “Delfino curioso”, come nella pubblicità. La gente si butta in acqua sperando di raggiungerlo. Una signora oversize, tette al vento, sta riprendendo la scena. Facendo finta di niente, arrivo alle sue spalle e le faccio: “Ma, secondo lei, l’altra pinna che si vede è quella di uno squalo?”. La donna spalanca la bocca e mi guarda in preda al terrore. Inizia a urlare: “LO SQUALO, LO SQUALO!”. Improvvisamente la scena è passata dallo stupore più dolce al panico. Ho visto gente che a momenti camminava sulle acque come Gesù Cristo.
La tizia agitata e tremante ha continuato a filmare. Io insistevo a guardarle le bocce, tanto lei non lo notava. Tutti si aspettavano di vedere da un istante all’altro un attacco, neanche fossimo stati sul set del film di Spielberg. Dopo circa mezz’ora la situazione si è calmata. Ognuno intento a postare le foto su Facebook. Pensate se lo squalo ci fosse stato davvero. Come minimo su “la Repubblica” l’avrebbero definito una mossa di Salvini, per l’operazione “Spiagge sicure”. Mancava solo il nero in mare.
Matteo Fais