18 Aprile 2019

“Stiamo cedendo la responsabilità delle nostre scelte alle macchine”: Ian McEwan parla del suo ultimo romanzo

Cosa deve fare uno scrittore? Perturbare. Non deve interpretare l’oggi – il sociologismo in cui s’impegola troppa narrativa – ma foraggiare l’anima di inquietudini. Dire ciò che non bisogna dire. Avveniristica ammissione di colpa e di gloria.

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Ad esempio, Ian McEwan. 70 anni ben scanditi, esordio al romanzo 40 anni fa, con Il giardino di cemento e la costante precisione nel redigere romanzi costrittivi, che ti straziano mettendo l’indice nel tradimento e nel male, nei rapporti malati, ossessivi, minando la Storia, cucendo palpebre e labbra. Romanzi come Bambini nel tempo, Amsterdam, Espiazione, Solar sono diventati ‘casi’, spesso tradotti al cinema (The Innocent, con Anthony Hopkins e Isabella Rossellini, per dire, oppure Espiazione, con Keira Knightley, candidato, dieci anni fa, a sette premi Oscar). Insomma, McEwan è uno dei grandi narratori inglesi del tempo presente.

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Sotto Pasqua esce in UK l’ultimo romanzo di McEwan, ecco la notizia spiattellata. Il romanzo s’intitola Machines Like Me, è ambientato negli anni Ottanta, ma si tratta di una distopia. La battaglia alle Falklands è perduta, Alan Turing, il grande matematico, è vivo e ha messo a punto un robot prodigioso. Il caglio della Storia, s’intreccia al tempo presente: Charlie, innamorato di Miranda, appena ha un po’ di soldi si compra il robot delle meraviglie, Adam, che è bello, forte, intelligente. Il ménage à trois con robot è inevitabile. “A fuoco sono alcune domande fondamentali: che cosa ci rende davvero umani, le nostre azioni o i nostri pensieri, la vita esteriore o quella interiore? E poi: una macchina può capire il cuore dell’uomo?”.

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Un Frankenstein a contrario, ecco il grumo narrativo di McEwan: “Lì il mostro è la metafora della scienza fuori controllo; a me interessa analizzare che siamo noi ormai fuori controllo”.

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Il fatto è – diversamente da altre ipotesi spielberghiane sull’Intelligenza Artificiale – la responsabilità e l’amore. Si può preferire la perfezione della macchina alla corruzione della carne? “Con provvidenziale franchezza ho pensato: Charlie è innamorato della ragazza del piano di sopra, all’improvviso arriva un robot, costruito perché sia sufficientemente ben dotato, beh, ci rimarremmo male se non si facesse la tipa…”. Rotondo & perverso.

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McEwan rimesta nei torbidi – perché è lì, nel magma e nell’oscuro che deve scandagliare lo scrittore – fin dall’infanzia. Figlio di un militare non certo amorevole, da adulto scopre che la madre, Rose, ha avuto una relazione durante la Seconda guerra con un soldato, poi deceduto durante i fatti bellici. Da quella relazione nacque un figlio, dato in affidamento a terzi, che lo scrittore cercò e conobbe. “La generazione dei miei genitori è fatta di uomini che hanno guardato l’abisso, e che dopo hanno preferito una vita a falciare il prato e lucidare la macchina. Per noi, era inconcepibile crescere in pace e prosperità”.

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In una lunga intervista rilasciata a Tim Adams per il Guardian, al netto delle sciocchezze – quante ore lavora e dove e perché – ci sono una serie di spunti d’acciaio. Marginalizzate le opinioni politiche (“La Brexit è una vera tragedia nazionale, la grande bugia dei Brexiters, la loro polvere magica, è stata persuadere il 37% dell’elettorato che l’UE, e non la Gran Bretagna, è responsabile dell’immigrazione. Ci sono riusciti”), restano i grandi temi ‘morali’. “Forse la gente non immagina che entrando in un aereo entra dentro un cervello gigantesco. Quel cervello potrebbe credere che l’aereo sia fermo o debba fermarsi, anche se ciascun passeggero e pure i piloti, guardando fuori dal finestrino, sanno che l’aereo non è fermo. Pensi all’incidente che è accaduto in Etiopia… Stiamo cedendo la responsabilità della sicurezza e anche delle decisioni etiche alle macchine”. Insomma, eccolo qui, il romanziere che ci complica la vita, che ci fa scendere dal treno dei giorni, e senza urlare al lupo – d’altronde: “c’è una regola ferrea per chi immagina il futuro: le cose non saranno così brutte come dicono i pessimisti ma neanche così buone come sperano gli ottimisti” – ci turba con l’interrogativo morale fondamentale. E tu chi sei? (d.b.)

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