17 Luglio 2018

“Ho salvato 2mila alberi dove nidificano i rapaci notturni”: per amore dell’Assiolo ho trovato un super esperto. Si chiama Luigi Marchesi, eccolo a voi. Intervista istruttiva

La vita è meravigliosa. Qualche puntata fa ho scritto un articolo sull’Assiolo, il piccolo rapace notturno che perfora la tenebra – lo certifica il Pascoli – con il suo profondo, perpetuo chiù chiù. Il fischio dell’Assiolo, che ha il suo terreno di caccia intorno a casa mia, teso come un filo di diamante, disintegra la fiera beona dei turisti. Il blabla umanoide è decimato dal fischio del rapace, che ha qualcosa di mistico, un versetto infinito inciso su lastra d’oro – quel fischio, in effetti, si può ‘vedere’. Di notte, così, mi siedo sulla soglia di casa e parlo con l’Assiolo – sembra darmi retta. Comunque. In seguito all’articolo, mi scrive Marcello Nebl, che abita a Cles, è un caro amico, di mestiere si occupa di arte. Mi segnala il profilo, scrive lui, di “uno dei massimi esperti mondiali, in genere sugli Strigiformi e in particolare sull’Assiolo”. Luigi Marchesi. Trentino, classe 1970, dottore in scienze naturali, ha studiato i rapaci notturni in tutta Italia, ha collaborato con le massime istituzioni scientifiche e museali del settore (dalla Stazione biologica di Donona, in Spagna, al Muse, il Museo delle scienze di Trento), soprattutto, è impegnato in progetti di conservazione. La sua attività bibliografica è impressionante, e comprende una ventina di articoli specifici per riviste internazionali come Nature. L’ho interpellato, per amore dell’Assiolo. Così, che bello, dall’articolo artatamente poetico passiamo all’affondo scientifico, serio, che è meglio.

Direi, intanto. Come si diventa (riporto ciò che dicono di te) ‘esperti mondiali’ in strigiformi. Come è nata, intendo, la tua passione per gli uccelli notturni, per la natura in genere?

Beh, ringrazio, ma ‘esperto mondiale’ mi sembra un po’ troppo! Ho comunque contribuito alla conoscenza degli Strigiformi attraverso una ventina di articoli pubblicati su riviste scientifiche internazionali, tra cui la rivista Nature. La passione è nata da ragazzo, e la posso riassumere così: a metà circa degli anni Ottanta da casa, allora abitavo a Trento, sentivo di notte un verso davvero singolare provenire dal parco di una scuola e, non riuscendo proprio a immaginarmi cosa lo producesse, ho iniziato a uscire di notte e a passare diverse ore nel parco, precisamente sul tetto di un locale a due piani. La cosa è andata avanti per un bel po’ ma alla fine l’ho visto: era un uccello, precisamente un allocco! Allora non c’era Internet, non si potevano insomma digitare le parole ‘gufo+verso’ in un motore di ricerca e ascoltare se il canto sentito in quella scuola appartenesse o no a uno Strigiforme, quindi si era costretti ad andarlo a ‘stanare’ direttamente. Da lì poi la passione ha preso il sopravvento e non mi sono ancora fermato.

Qual è, sinteticamente, il tuo lavoro. Insomma, cosa fai tutti i giorni?

Sono naturalista in senso stretto, cioè laureato in scienze naturali, anche se mi occupo essenzialmente di monitoraggi di ‘specie di interesse comunitario’, cioè quegli uccelli che la comunità europea ci impone di tutelare, tra cui ci sono numerosi rapaci notturni, oltre ad altre specie ornitiche. Mi occupo, oltre che di censirli, anche di tutelarli. Attualmente lavoro per lo più nelle foreste della provincia di Trento, dove sto svolgendo delle indagini che si concretizzano nell’evitare che alcuni alberi vengano tagliati durante le pratiche di gestione forestale: in questi alberi ci sono i picchi e poi, una volta che questi se ne sono andati, arrivano le civette capogrosso e le civette nane, che nidificano esclusivamente nei vecchi nidi di picchi. Io disegno una visibile ‘P’ rossa sul tronco e in questo modo l’albero non verrà più tagliato. Al momento ne ho trovati e protetti circa 2000, quasi tutti grandi abeti bianchi e faggi.

Cosa abbiamo ancora da scoprire degli strigiformi e cosa stai studiando, in particolare, ora?

Degli Strigiformi, nonostante l’enorme mole di studi condotti, ci sono sicuramente moltissime cose da scoprire; sappiamo molto della loro dieta e di molti aspetti della loro biologia riproduttiva, ma rimane ancora molto da capire su come comunichino tra loro e rimane tanto da fare per quanto riguarda delle azioni attive di conservazione. Spesso infatti gli studi si sono ‘fermati’ a carpire aspetti sconosciuti di questi animali e a trasformarli in contributi scientifici (=pubblicazioni), ma poi non sono seguite concrete azioni di tutela.

Dell’assiolo colpisce il fischio, il ‘chiù chiù’. Che senso ha questo fischio continuo, perché viene emesso? E come mai, in estate, ci troviamo l’assiolo sul pino di fronte a casa, anche in contesti molto urbanizzati come (nel caso mio) Riccione?

L’Assiolo è un piccolo rapace notturno che ha abitudini spiccatamente migratrici, e questo aspetto lo distingue dagli altri rapaci notturni che in genere sono sedentari. L’Assiolo invece se ne va ogni anno in Africa per poi ritornare da noi nel mese di aprile. Appena arrivano, i maschi cominciano a cantare in maniera incessante con il loro tipico verso, allo scopo di prendere possesso del territorio e soprattutto di comunicare questo possesso agli altri maschi, con cui litigano violentemente in caso di intrusioni, e alle femmine, con cui cercano di legarsi per la stagione riproduttiva. Trovata una cavità adatta, in un muro, in un campanile, in un albero o in una cassetta nido, la femmina depone e cova le uova, nutrita dal maschio. La specie è spiccatamente insettivora e in genere, almeno nei contesti territoriali dove è stata più studiata, si nutre essenzialmente di ortotteri e lepidotteri. In altre parole, cavallette e farfalle notturne. Questi insetti vengono limitati in tutti i modi dall’uomo nelle colture, attraverso l’uso di pesticidi, e questo ha creato un vistoso decremento delle popolazioni di assiolo in tutti i paesi europei. In molti casi le città, in particolar modo dove ci siano parchi urbani, hanno rappresentato delle aree di rifugio per l’assiolo che qui può trovare cavità adatte alla nidificazione, disponibilità di prede (anche formiche, forficule e altri insetti ‘urbani’) e posatoi di canto (i pini e altre specie arboree).

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