Viaggio all’origine del male. Il male assoluto del Novecento ha un nome e un cognome che, in questo romanzo, per scelta, non viene pronunciato mai. 1889 (edizione Clichy, traduzione a cura di Tommaso Gurrieri) è il titolo, un anno di nascita, il cuore del male, appunto, la sua venuta al mondo. L’audace scrittore Régis Jauffret (nato a Marsiglia nel 1955) ha pubblicato, in Italia prima che altrove, il romanzo dedicato alla gestazione fatale di Klara e alla venuta al mondo di Adolf Hitler. Se “nascere è cadere nel tempo” come suggerisce Marina Cvetaeva, la nascita del futuro dittatore indica la rovinosa caduta del mondo.
Che cosa sappiamo di Klara? La madre di Hitler si chiamava Klara Pölzl e per nove mesi porta in grembo un feto, il piccolo uomo che rappresenta l’incarnazione del male, il male che si fa carne, dal luglio 1888 all’aprile 1889. Se riportiamo il male indietro nel tempo, se ne scaviamo la terra intorno per trovarne le radici, se lo scarnifichiamo e lo riduciamo all’osso, all’embrione in via di sviluppo, non per questo ci terrorizzerà di meno. Guardando, grazie alla geniale intuizione letteraria di Jauffret, dentro la pancia come dentro la misera vita di questa giovane gestante umile e maltrattata vittima di nome Klara, non ci fa meno paura né pena. Perché il male non inizia e non finisce con Hitler anche quando quel minuscolo esserino era un fragile fuoco di paglia immerso nel liquido e buio grembo materno.
Il padre di Hitler, lo “Zio” del romanzo, era sicuramente un verme ma anche un imbecille, ci spiega Jauffret nella sua postfazione all’opera.
“Eppure è fragile, questo mostro della storia che allo stesso tempo è già ma non è ancora. In ogni istante sua madre potrebbe perderlo, morire lei stessa prima di partorirlo in un tempo in cui la speranza di vita era magra, senza contare il fatto che se fosse stato concepito un altro giorno sarebbe stato un altro”.
E questa stessa gravidanza per come si è conclusa, a differenza delle precedenti, cioè con la sopravvivenza del bambino, ha posto le basi per una tragedia storica.
“Questo romanzo si svolge parallelamente al concepimento e allo sviluppo del feto che matura nel suo ventre e che contiene nelle proprie fibre la Shoah che senza Hitler probabilmente non avrebbe avuto luogo”.
Le conseguenze del male si tramandano nei secoli e forse nascono proprio da quel tessuto di vita in cui una madre come Klara è immersa. Lo “Zio”, in verità il cugino presso cui prestava servizio e con cui ha concepito questo bambino, pretende che il travaglio e il parto si svolgano silenziosamente. Non una macchia di sangue sul materasso, non un grido. Dopo i tre aborti precedenti. “Ho paura come un condannato. Tutti gli esseri umani sono nati da un supplizio. Le donne dimenticano, altrimenti strangolerebbero con le loro mani lo strumento della loro tortura quando esce dal ventre”, sono le parole annotate dalla donna poco prima dell’inizio del travaglio.
Per soffocare le grida della partoriente, lo Zio le mette persino un cuscino sulla bocca rischiando di soffocarla. E poi, la nascita.
“«Tenete signora, ecco il vostro maschietto». Lo ha posato su di me. Un neonato ancora rossastro. Purtroppo le scritture attestano che in quel sabato Gesù discendeva a visitare l’Inferno. Rimpiangevo di non aver saputo ritardare la sua nascita fino alla radiosa domenica della Sua resurrezione. Tuttavia ho versato lacrime di felicità. Lui si è arrampicato dolcemente fino al mio seno. Si è messo a poppare. Pointecker ha detto che sarebbe stato un bambino sveglio. Johanna ha battuto le mani. Lo Zio ha espresso il suo timore di vederlo morire da piccolo come il resto dei suoi fratelli. «Purché non sia nato inutilmente». Era il 20 aprile 1889. «Le sei e mezzo del pomeriggio»”.
Il mostro era nato, a lui era stato affidato un cognome storpiato, Hitler appunto, trasformato dall’originale «Heidler», da Aloïs, per una mania di grandezza.
A differenza di Klara, la madre di Mary Shelley morì dandola alla luce, la femminista Mary Wollstoncraft. Mary Shelley, come Klara, ebbe quattro figli, tre dei quali morirono, compresa la piccola Clara, che stava aspettando, mentre concepì l’opera Frankenstein, il mostro che prende vita e cerca di uccidere il suo creatore.