“Abituarsi agli addii, alla finitezza delle cose, alla volgarità con cui ogni faccenda si estingue”. Storie dal Tempio
Letterature
Veronica Tomassini
Mentre vagavo per un paese della Bretagna, Avranche, ho trovato un libro interessante con testi di Henry Miller ancora inediti in italiano.
Trovare un libro, capirai. Invece era difficile perché ad Avranche ci sono 17 librerie per poco più di 800 abitanti. Una roba spietata. Libri ovunque, ti tirano dietro le Gallimard. Diciamo che la cosa ha un senso perché Rennes è a mezz’ora di macchina: la Rennes di Kundera, dei ristorantini sempre aperti d’inverno e chiusi ad agosto.
Comunque, il testo di Miller comparve sul decimo numero della rivista Stroker nel 1979 ed è un elogio di Cuore. Forse, dichiarando questo suo vecchio amore per Edmondo De Amicis, Miller voleva spaventare i borghesi, alla Voltaire. Un testo da dopopasto, insomma. O forse non è così, giudicate voi… (Andrea Bianchi)
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All’età di 88 anni, mi svegliai un mattino pensando ad un libro che avevo letto e amato quando di anni ne avevo otto o dieci. Era stato il regalo di Natale di una zia affettuosa. Il libro s’intitolava Cuore, di Edmondo de Amicis. Sapendo che sarebbe stato difficile recuperare una copia, chiesi al mio amico Irwing Stettner della rivista Stroker se per caso potesse cercarmene una a New York. A sorpresa riuscì a stanarla, e qualche giorno dopo ricevetti un’edizione inglese del 1904, con le stesse illustrazioni vetuste dell’esemplare della mia infanzia.
Avevo a malapena iniziato a leggerlo quando mi salirono le lacrime agli occhi. Notate che erano passati quasi ottant’anni da quando l’avevo aperto l’ultima volta! L’aspetto sorprendente è che il libro ebbe lo stesso effetto sull’ottuagenario che ero come sul ragazzino di otto o dieci anni che ero stato. (E oggi, ne esistono ancora di libri per l’infanzia di questo tipo, mi chiedo? Ne dubito fortemente. Di questi tempi, peraltro, i bambini non leggono più; guardano solo la tivù, che è il peggior disastro immaginabile).
Ho detto che si trattava di un libro per bambini, ma in realtà è anche per adulti. In effetti, ho come l’impressione che il suo messaggio sia oggi più che mai rivolto agli adulti piuttosto che ai bambini.
Prima di proseguire, lasciate che vi racconti qualcosa di curioso a proposito di questo libro. Era aperto sul tavolo allorché ricevetti la visita inaspettata del mio traduttore vietnamita (un profugo della guerra). Durante la nostra conversazione, notò il libro e afferrandolo esclamò: “Oh, questo libro l’ho letto (in francese) quando avevo dieci anni in Vietnam!”. L’indomani, venne a trovarmi una svizzera che era cresciuta vicino a Locarno e che aveva a sua volta letto il libro, in italiano però. Riteneva inoltre che tuttora in Italia venga letto a scuola.
Se parlo di questo romanzo poco conosciuto, è nella speranza che qualcuno potrà suggerirmi dove trovarne altri esemplari (vorrei regalarli ad alcuni amici).
Inutile dire che è non solo sentimentale, ma anche moralista. Ci sono i buoni e i cattivi. Tutta l’azione si svolge in un villaggio italiano. È il racconto di un anno in una scuola elementare (probabilmente vissuto dall’autore). Ci si trovano del patriottismo (con reminiscenze garibaldine), degli eroi e dei mascalzoni. E poi tutti i tipi di ragazzi che si possono immaginare: ricchi e poveri, in buona salute e malati, studiosi e asini, pigri e laboriosi. Ogni capitolo racconta un avvenimento, illustrando un personaggio dopo l’altro. Un po’ ovunque ci si trova tenerezza, una grande tenerezza, qualcosa di cui parlava spesso D.H. Lawrence.
Il maestro è severo ma non cattivo. Ama i suoi allievi, che ricambiano. Talvolta gli alunni vengono in soccorso al maestro. In ogni caso, nonostante si tratti in tutto e per tutto di ragazzi (e i ragazzi son pur sempre ragazzi), non somigliano affatto agli scolari di oggi. Al giorno d’oggi un professore deve non solo insegnare le materie abituali, ma anche essere esperto in arti marziali. Ha a che fare, soprattutto nelle grandi città, con potenziali criminali. Ha a che fare con dei ragazzi che già conoscono bene il linguaggio del Tropico del Cancro e anche peggio. Sono ragazzi che hanno già avuto relazioni sessuali con le loro compagne di classe.
Quando ero piccolo questo stato di cose non esisteva. Nessuno avrebbe osato alzare le mani sul maestro. Se accadeva che alcuni professori fossero omosessuali, noi non lo venivamo a sapere. Eravamo noi a ricevere gli schiaffi – a casa.
Quello che nel libro mi aveva probabilmente colpito di più era che conteneva la descrizione di un microcosmo. In quelle classi si trovava ogni sorta di ragazzi. Talvolta penso che è stata questa immagine di una società in miniatura, dove tutti i tipi vivevano in accordo quasi perfetto, a portarmi naturalmente ad avere delle simpatie per il socialismo e l’anarchia. Durante la mia gioventù a Brooklyn non era raro vedere dei senzatetto. Degli anarchici senza portafogli, diciamo. Avevano rigettato il nostro stile di vita cosiddetto civilizzato e adottavano la vita degli esiliati. Alcuni avrebbero potuto essere dei buoni francescani. Non provavano più a cambiare il mondo: avevano cambiato vita. Ne ho conosciuti alcuni molto più tardi; erano tutti degli individui quasi mistici, anche se un po’ pidocchiosi, un po’ sporchi (molto simili in effetti ai monaci medievali). Tutto questo per dire che è stata una piccola aula italiana a darmi per la prima volta l’immagine del mondo per come è fatto.
A partire dalla mia entrata al liceo ho scoperto un mondo diviso tra ricchi e poveri, tra gentili ed ebrei, superdotati e ordinari, per non parlare di repubblicani e democratici. Insomma, questo magnifico microcosmo nel quale a ognuno spettava il proprio posto non esisteva più. Rileggendo il libro ho avuto la speranza che se ne facessi una critica sulla rivista forse avrei potuto suscitare un nuovo interesse che faciliterebbe una riedizione. Ho pensato soprattutto all’effetto che avrebbe sui giovani lettori. Ma ormai non ho più questa speranza. I giovani, come gli adulti, sono perduti. È troppo tardi per invertire il corso degli avvenimenti. È troppo tardi per una conversione. Viviamo gli ultimi stadi della civiltà – non si guarisce l’arteriosclerosi.
Lasciamo dunque che le anime pie muoiano di fatica. Noialtri possiamo a questo punto incrociare le braccia e aspettare che suoni la campana. Come nell’antico testamento, siamo già morti viventi. La morte durante la vita è la morte più terribile. Così sia, amen!
Henry Miller
*traduzione italiana di Giulio Rovellini
**In copertina: Henry Miller con Brenda Venus, il suo ultimo, infiammato amore