Un chilo e duecentocinquanta grammi di carta giallina cucita con filo refe ed avvolta in brossura con sovracoperta funerea… così sono state impacchettate per i posteri la vita e le opere di un cesellatore della parola poco conosciuto vissuto nei primi anni del Novecento, Giuseppe Vannicola, quando l’Italia si sforzava di essere fucina di creazione in tutti i campi e non come è ridotta ora, fetida topaia di furbi ed opportunisti, sempre pronti a farsi un selfie salendo con i piedi sul corpo dell’altro. Con 35 euro, quei buffi foglietti colorati che dal 2002 muovono le nostre vite nel luna park europeo, mi sono portato a casa questo mattoncino, l’ho letto e riletto, soprattutto le prime 70 pagine in leziosa numerazione romana e in plurale maiestatis denominate “saggio introduttivo” (di saggio c’è poco, di “introduttivo” mooolto…); ero tentato dal dissezionare, smembrare il corpus cartaceo come faccio con i quotidiani (appena compro il giornale lo strappo nella costa per poterlo leggere meglio in metropolitana) per poter stendere a terra i vari capitoli e disinnescare il timore reverenziale che 600 pagine incutono e così scopri che le 226 pagine di Sonata Patetica dal sapore mitteleuropeo sono diventate 100 paginette da “contratto di governo” tutte precisine, insipide ed inodore, roba da stalker; scopri che una chicca editoriale come Corde della grande lira, nato come omaggio alla compagna Olga, delicato e profondo nell’uso e nel significato è diventato interessante come una biopsia istologica e raggiungi “l’abominio della desolazione” quando arrivi a Elsa l’abbandonata, una pièce teatrale mai rappresentata che se la sfogliate seppur virtualmente sul sito dedicato a Vannicola, come uscì su La Riviera Ligure, vi trasmette un po’ di interesse, un po’ di vita mentre nel mattoncino diventa mera e pura ispezione microbiologica. Faccio un esempio, trascrivendo qualche riga tratta da Tetano Metafisico e dalla biografia che pubblicò Ferdinando Gerra nel 1978 :
(…) “Corde della grande Lira” è un insieme di tredici concetti espressi in stile aforistico stampati ciascuno in una pagina a sé, solo recto, in un piccolo libro formato album (12,5×20) costituito da trentadue pagine non numerate. In copertina muta è riprodotta unicamente un’orchidea … (tratto da “Tetano Metafisico”)
(…) il Vannicola scrisse una serie di tredici brevissimi pensieri, pubblicandoli poi con il titolo “Corde della grande lira” in un elegante fascicoletto formato album (cm. 12,5 x 20), con copertina muta su cui spicca il disegno di un’orchidea. (tratto dalla biografia di F. Gerra)
Ma, la vedete la differenza??? e il cosiddetto “saggio introduttivo” inizia con queste parole che mi hanno fatto consumare tutto il Maalox che avevo in casa: “(…) Non è ancora ben noto cosa abbia scritto, né quale sia stata la sua vita”. Perché devo assistere impassibile a questo accoltellamento verbale?
Giuseppe Vannicola non merita questo petulante interessamento peloso, lui scriveva per illuminare la sua vita difficile di colori, di speranza, di vino e assenzio, eeeh cosa sarà mai… gli astemi non hanno fatto la storia della letteratura, il Futurismo è nato da una sbornia e da una uscita di strada in auto, il più grande “musicista” del Novecento italiano strappava le pagine dei suoi Canti Orfici a chi non le poteva capire, l’Uomo Inimitabile volava su Vienna a seminar volantini, Guido Morselli sappiamo bene come è finito per non essere pubblicato, Lorenzo Calogero morì di fame sul suo letto, in Calabria, dopo aver scritto sulla terra delle poesie splendide e noi non dobbiamo incazzarci per questo superficialismo editoriale? Per dirla con il rev. M.L.King, I have a dream… sogno di vedere, un giorno, ristampati in anastatica, i lavori di Vannicola “come erano e dove erano”, come nei titoli di coda di un terremoto. Non so cosa mi trattenga dal passare nel tritadocumenti l’altezzoso mattoncino… veramente lo so, sono quei buffi foglietti colorati che ho speso, perché costano fatica, ultimamente anche molto sudore, e non è giusto nei nostri confronti, sprecarli.
Silvano Tognacci
*Per mettere un piede nel genio di Giuseppe Vannicola, sfogliate qui.