13 Ottobre 2019

Il sogno ermetico ed erotico di Giulio Romano: una mostra a Mantova per riscoprire il geniale allievo di Raffaello

In Italia, i Grandi dell’Arte si ricordano – quando si ricordano, beninteso – soltanto in occasione di qualche ricorrenza centenaria a loro legata. Così è stato il caso dell’anno leonardiano, così adesso sarà per i cinquecento anni dalla scomparsa di Raffaello Sanzio.

Ecco perché non parlerò di lui. Dell’Urbinate sublime e magnifico, di quello che forse – lo dice il più eccelso e vivente Storico dell’arte italiano, Antonio Paolucci – è il più straordinario pittore di tutti i tempi, lascerò che dicano altri, con le solite panoplie di banalità, di luoghi comuni e ovvie verità, perché Raffello, meraviglioso e ineguagliabile, è però un pittore senza mistero, in compenso è un erotomane degno di essere riportato in Psychopathia Sexualis di Richard von Krafft-Ebing.

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Mantova, Palazzo Te, la cupola della Sala dei Giganti affrescata da Giulio Romano tra 1532 e 1536

Mistero, Magia, Ermetismo e Alchimia che esistono e coesistono invece, in uno dei suoi migliori allievi, alle cui favolose opere è dedicata una magnifica mostra allestita in una delle più raffinate città italiane del Rinascimento: Mantova. Una città del silenzio, immersa tra le acque e nei tramonti ma lontana dai grandi circuiti del turismo di massa e perciò preservata nella sua più pura bellezza. La Mantova dei Gonzaga, con i loro cavalli da corsa e da battaglia, che diede onore, lustro e rifugio a Leonardo da Vinci e a Benvenuto Cellini. In questo luogo sospeso tra le acque lacustri e il cielo, giunse a lasciare i suoi immortali capolavori e infine anche le sue mortali spoglie nel novembre del 1546, Iulio Pippi de’ Jannuzzi, meglio conosciuto come Giulio Romano.

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Fu artista completo, formatosi alla bottega romana di Raffaello, in quella città devastata dal Sacco e che comunque tornò a rifulgere di quell’arte immaginifica e simbolica che prende il nome di Manierismo. Architetto, pittore dalla grandiosa versatilità, contrariamente al suo maestro, Giulio Romano di misteri e affascinanti segreti ce ne offre in quantità. Già a Roma darà prova delle sue capacità artistiche, collaborando con il suo maestro, negli affreschi che adornano la Villa Farnesina e in quelli delle Logge, nella Stanza dell’Incendio di Borgo nelle Stanze Vaticane nel 1518, ed è sua la creazione del cortile interno di Palazzo Branconio dell’Aquila oggi perduto.

Ma sarà il Marchese Federico II Gonzaga, Signore di Mantova a chiamarlo a sé, per dare lustro e grandezza alla propria casata, dopo che il suo nome gli era stato caldeggiato da uno dei più insigni umanisti dell’epoca e suo ambasciatore a Roma: Baldassarre Castiglione.

A Giulio viene quindi affidata la realizzazione di un grandioso edificio dove il marchese aveva delle scuderie che sarà conosciuto come Palazzo Te. Ed è in questa raffinata corte che il giovane pittore incontra il sogno filosofico della Rinascenza: L’Alchimia. Raffello non poteva iniziarlo alla conoscenza dei Misteri ermetici. Non li possedeva.

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Ora che Giulio è a Mantova, entra in un mondo incantato e meraviglioso, dove lo spirito s’innalza e fa sua la materia, dipingendo allegorie di miti antichi e arcani simbolismi celati nei suoi affreschi con Zeus nella Sala dei Giganti di Palazzo Te. Federico II gli commissiona infatti uno dei più incliti dipinti a carattere alchemico di tutto il Rinascimento, quell’Allegoria dell’Immortalità che offre allo spettatore, attento e meravigliato, una delle più suggestive sintesi dell’Ermetismo di tutti i tempi. In questa tela, simboli e significanze sottili si manifestano e si celano in un continuo gioco colto di rimandi esoterici della Grande Opera.

Tutto ciò e molto altro ancora, quasi troppo per rischiare di essere colti dall’inesistente “sindrome di Stendhal”, è nella mostra mantovana dal titolo Con nuova e stravagante maniera che dal 6 ottobre sino all’Epifania 2020, al Palazzo Ducale di Mantova celebrerà la grandezza di Giulio Romano. L’esposizione è frutto della collaborazione tra il Complesso Museale Palazzo Ducale di Mantova e il Museo del Louvre di Parigi. Il museo francese ha dato così in prestito un cospicuo numero di disegni che ripercorrono la carriera dell’artista dai suoi esordi a Roma ai suoi anni a Mantova. Altri disegni provengono dal Victoria & Albert Museum di Londra, dalla Royal Collection del Castello di Windsor e dall’Albertina di Vienna, dal Metropolitan Museum of Art di New York, dall’Ermitage di San Pietroburgo e dal Rijksmuseum di Amsterdam, ma anche dai nostri come la Galleria Borghese di Roma e la Galleria degli Uffizi e il Museo del Bargello di Firenze.

Tre sezioni articolano la mostra: Il segno di Giulio, sul suo essere progettista, urbanista e ideatore, Al modo di Giulio, che pone a confronto i disegni e la decorazione della residenza dei Gonzaga e Alla maniera di Giulio, ovvero su come l’opera del grande pittore abbia influenzato la corrente manierista del Cinquecento.

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Ma l’offerta espositiva di tanta magnificenza si spinge oltre anche con Arte e desiderio, sui temi erotici dell’arte di Giulio Romano e degli artisti che collaborarono con lui, così da porre in rilievo le relazioni tra l’immaginario erotico del mondo classico e le creazioni che Giulio e altri con lui, diedero all’Italia della prima metà del Cinquecento a cominciare da la Camera di Amore e Psiche con l’estatico capolavoro proveniente dall’Ermitage: I Due amanti, un olio su tela probabilmente realizzato poco prima dell’arrivo del pittore a Mantova e portato nella città dei tre laghi per il marchese Federico Gonzaga. Queste e altre opere commentate dalle immagini licenziose disegnate da Giulio, incise da Marcantonio Raimondi e accompagnate dai versi lussuriosi di Pietro Aretino tanto crudelmente censurate che gli originali non esistono più.

E allora, se tutti quindi parleranno, e vi parleranno, di Raffaello Sanzio e della sua inarrivabile bravura, voi lasciatevi Urbino alle spalle, per un giorno e una notte  abbandonate a loro stesse anche le Stanze Vaticane e la villa del Chigi che ora si chiama La Farnesina e recatevi a Mantova sul far della sera, quando il cuore inclina alla malinconia e alla dolcezza e troverete l’amore, la bellezza e soprattutto il mistero della meraviglia che Giulio Romano ci ha lasciato in dono per sempre.

Dalmazio Frau

Gruppo MAGOG