29 Dicembre 2023

“Non c’è abbastanza realtà per la mia sete”. Versi brutali: da Simone Cattaneo a Benjamin Fondane

Cosa c’entra un’antologia di poeti stranieri con Simone Cattaneo? Perché si è tentato un accostamento in apparenza bizzarro e inconsueto? E soprattutto, può avere senso?

Forse, unicamente Andrea Temporelli ne potrebbe intuire la valenza ed il significato. Proprio lui, difatti, non molto tempo fa, guardandomi negli occhi raccontava del suo amico Simone Cattaneo, apostrofandolo quale nuovo Rimbaud.

Ebbene, io non trovo nulla di esagerato in quell’accostamento. Anzi. Lo scopo di questa ‒ affatto bizzarra, quanto inutile, perciò necessaria ‒ antologia è proprio quello di dare (o quanto meno tentare di dare) giustizia al merito, ovvero di evidenziare una valenza europea ‒ se non addirittura internazionale ‒ nei versi, e quindi nell’opera, del poeta Simone Cattaneo. Proprio per questo motivo le sue poesie sono state inserite in questo piccolo e personalissimo canone assieme ad autori dalla caratura, senza dubbio, classica ed universale.

Cattaneo, come Emanuel Carnevali o Benjamin Fondane; Catherine Pozzi (la prediletta di Valéry e Rilke), tanto quanto Victor Segalen e Marceline Desbordes-Valmore rientrano di diritto ‒ come esiliati, ma disadatti all’esilio, perciò disadattati ‒ nel mondo della letteratura quali autori fondamentali, imprescindibili, indispensabili.

Anni fa, sempre Andrea Temporelli intravedeva un passaggio di staffetta tra i miei versi de L’umana ferocia e quelli di Simone Cattaneo, ma in realtà i pugni nello stomaco di Cattaneo non possono che essere unici, irripetibili, inimitabili: in sostanza, essi rappresentano un classico della poesia italiana e certamente europea.

Del resto, non deve sminuire il fatto che la poesia di Simone ci abbia lasciato prematuramente orfani del suo autore di culto. Quei versi troppo lunghi ‒ ma così tanto da non starci quasi nella pagina senza dover andare a capo ‒ denotano uno stile eccezionale, violento quanto visionario, pronto ad affascinare chiunque non si trinceri dietro un falso perbenismo di facciata.

Mai la verità è stata così facilmente sbattuta in faccia al lettore, senza porsi nemmeno il problema di una qualche censura. Al contrario, lo scandalo sarebbe rinnegare tutto quello che ascoltiamo e vediamo quotidianamente durante la trasmissione dei telegiornali, noi, inebetiti e completamente saturi.

Ma c’è dell’altro. Nei cieli descritti dal poeta, come in quei pugni scagliati come magli, si cela la profezia del nostro tempo. A distanza di anni, ci accorgiamo che tutto era già stato descritto-previsto-cantato. Certo, c’erano già avvisaglie di mutamento dei tempi, ma il poeta è appunto un voleur de feu, una canaglia a cui addebitare tutte le colpe possibili e immaginabili. E allora, forse per quest’ultimo motivo Cattaneo venne inevitabilmente abbandonato nel suo esilio.

Eppure, se in vita non deve aver avuto vita facile (il suo pensiero, come il suo canto e altrettanto il suo modo di porsi nei confronti di una società ottusa non l’hanno certo editorialmente avvantaggiato); in morte, il suo stesso esilio si mostra come qualcosa fuori posto: non voluto, non cercato; per ciò stesso disadatto alla vita e disadatto alla poesia, disadorno nei confronti di qualsiasi imitazione ‒ quindi, fuor di dubbio, inimitabile.

Se Carnevali correva come un matto dentro alla bufera, per carpirne i segreti ed esserne corpo pulsante; se Fondane rifiutò la fuga dalla morte per stare accanto alla sorella; se Catherine Pozzi con sei poesie ha squadernato opere intere divenendo immortale; se Segalen curò le vittime della peste in Cina; se Marceline Desbordes-Valmore anticipò l’avvento di Verlaine; Simone Cattaneo ha certamente infiammato e infiamma tuttora il cuore e lo sguardo di quei pochi fedeli d’amore che ancora osano guardare lontano, nella lettura come nella scrittura. Egli ha anteposto a tutto e a tutti la verità della tempesta, l’affetto verso un nipote, la noncuranza verso il pensiero dominante, la stretta di mano a un amico, la profezia di una visione. Basterebbe questo per essere letto? Basterebbe che il suo messaggio in bottiglia arrivasse un giorno per davvero fino alle coste dell’America e agli estremi confini del globo, per dimostrare che egli vale tanto quanto un Bukowski o, meglio ancora, un Rimbaud redivivo.

Giorgio Anelli

*Il libro di Giorgio Anelli s’intitola “Disadatti all’esilio” (Giorgio Ladolfi Editore, 2023)

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Prefazione

Fu molto tempo fa
che cominciò lo spettacolo della Storia
avevamo già dimenticato gli inizi
le favolose origini,
quando sono venuto al mondo
nel mezzo della Trama
come un evento pianificato da sempre
eppure come una sorpresa
un personaggio inquietante
che poteva lasciare tutto inalterato, che poteva cambiare tutto,
il significato dell’azione, la trama degli impulsi,
che aveva sempre stabilito sul testo
la prodigiosa, strana ascesa dei vivi
il diritto di mormorare le battute migliori
per improvvisare un mondo ai margini dell’Autore
e all’improvviso, nonostante il Piano,
di introdurre se stesso in seno al personaggio
urlando, esasperato, verso il pubblico dei palchi
«Non c’è abbastanza realtà per la mia sete!»

Benjamin Fondane

*traduzione da Ulisse, Aracne editrice S.r.l., 2014, p. 44

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Nyx

                                                                      A Louise anche lei di Lione e d’Italia

O voi mie notti, o nere attese
O paese orgoglioso, o segreti ostinati
O lunghi sguardi, o nudi ardenti
O volo consentito oltre i cieli chiusi.
O gran desiderio, o diffusa sorpresa
O bel cammino dello spirito incantato
O male peggiore, o grazia discesa
O porta aperta dove nessuno era passato
Non so perché muoio e annego
Prima di entrare nella dimora eterna.
Non so di chi sono la preda.
Non so di chi sono l’amore.

Catherine Pozzi

*traduzione da OEuvre poétique, Éditions de La Différence, 1988, p. 69

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