13 Aprile 2019

“L’ago di una flebo infilzato nel braccio dilapida i sogni”. Su Pangea inaugura “Mirabilia Dei”, il romanzo della psichiatria e della redenzione scritto da Giorgio Anelli

PSICHIATRIA. 0

Il tempo è cambiato. Il tempo presente, dico. Si è dilatato. Bambini d’asilo cantano e corrono al rallentatore davanti a me. Sento la loro voce sfocata, ovattata, che rimbomba. Portiamo a casa, mia nipote. Inspiegabilmente inizio a svuotare il frigorifero e a gettare il cibo in pattumiera. La luce del sole ha un cortocircuito. Io, non esisto più.

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PSICHIATRIA. 1

Apro gli occhi all’improvviso; mi ritrovo altrove. Mi sveglio da uno strano sonno, e sono inspiegabilmente legato a un letto d’ospedale. Legato, recluso; le cinghie paralizzano mani e piedi. L’ago di una flebo infilzato nel braccio dilapida i sogni. Urlo, mi divincolo, tento di liberarmi: strappo l’ago. Svengo.

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Una volta ci avrebbero rinchiusi tutti quanti nei manicomi, malati veri e presunti tali. L’importante era nascondere il mostro da circo. Una volta. Un bell’elettroshock avrebbe fatto il resto, e quel che rimaneva rimaneva. Hermann Hesse, Ernest Hemingway, Dino Campana… mi sembra di vederli. “Con sindrome schizo-affettiva e personalità borderline cosa pretendo di fare? Dove voglio andare? Soprattutto, avrò un futuro?”. G, se lo chiedeva ultimamente. Pensava a tutti i lavori che aveva fatto nella sua vita. Ed erano stati tanti. Duri e meno duri; dalle otto alle sedici ore al giorno. Spesso, dopo alcuni mesi, li perdeva. Stava male, doveva gettare la spugna. Non è che non avesse voglia di lavorare. Sia chiaro. Aveva una malattia, una tagliola pronta a scattare nel momento in cui doveva fare di più di quel che poteva realmente dare. I parenti remavano contro: «tu non vuoi lavorare!» gli sibilavano. Non si rendevano conto, in realtà, che alcune persone possono avere dei limiti. E che questi limiti, un giorno, potranno trasformarsi in opportunità, in possibilità impossibili, in incredibili svolte.

Per questo motivo G fece domanda di invalidità, riuscendo ad ottenere un cinquanta per cento, che gli permise di iniziare un percorso lavorativo come categoria protetta. Detto così, suona facile. In quattro e quattr’otto sembra che ti si schiudano le porte della felicità. Tutt’altro. Ci vuole tempo, molto tempo, coraggio, pazienza e forza d’animo. Vanno messi in mezzo i centri psicosociali, assistenti sociali, educatori, servizi di inserimento lavorativo. Ci sei in ballo, tu. Con tutti i timori e i tremori del tuo tempo. La posta è alta. Con la disoccupazione che è alle stelle. Ti verrà pure detto che stai affrontando una guerra tra poveri, dove nessuno ti aiuterà. Dovrai fare affidamento solo su te stesso. Giocarti fino in fondo la partita. Sapendo, che potrai perfino non farcela.

«Signor G, le diamo la possibilità di svolgere un tirocinio di tre mesi presso questa cooperativa. Vogliamo capire come lavora, se il lavoro le si addice. Saranno solo tre mesi, non s’illuda. Verrà pagato una miseria dal Comune, alla scadenza del tirocinio» furono le parole che una boriosa assistente sociale disse a G. «Va bene, accetto» rispose lui.

Non aveva nulla da perdere. Occorreva tentare.

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PSICHIATRIA. 2

Parlo come un disabile. Ho la bocca talmente impastata da psicofarmaci, da sembrare dislessico. Mi viene da piangere. Chiedo a mia madre di portarmi ogni giorno una marca di sigarette diversa. Sono irrequieto. Accanto a me dorme un vecchio pazzo. Voglio un’altra stanza. La voglio! Devo dormire da solo!

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Così mi ritrovo finalmente a lavorare, dopo tanto tempo. Ho dei colleghi strani. O forse lo strano sono io. Mi presentano. Uno è enorme, assomiglia al pallone di una mongolfiera con tanto di braccia e gambe. Un altro, invece, sembra che le dita delle mani e dei piedi, le abbia perse per strada. La cosa non mi disturba affatto. Sono l’unico malato psichico, qui dentro? ‒ mi chiedo. C’è una donna che ci fa da tutor, sembra in gamba. Si chiama C. È lei che ha messo in piedi una squadra di disadattati, per sfidare il mondo del lavoro, rendendoli straordinariamente competitivi sul mercato.

Giorgio Anelli

*In copertina: fotografia dell’ex manicomio di Voghera; photo Storytelling & Photography

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