Gessica Notaro è anzitutto una persona. Come tale vive, lavora, offre la sua competenza nel sociale. Sorride, perché lo desidera più di ogni altra cosa. Ama, e ha vinto la sua più grande battaglia contro la violenza. Conosce la dignità. Gessica Notaro è anche donna e parla di eguaglianza, tutela dei diritti e parità di genere. E il nostro è un mondo troppo svilito dalla volgarità, per affacciarsi allo specchio e confessare quanto si sia perso per egoismo e competizione. Basta guardarla con occhi scevri dal pregiudizio, per capire che lei ha l’eleganza dei delfini: la delicatezza d’animo è pari alla grazia che emana. La sua bellezza conosce il dono della luce. Crede in Dio. Una storia di coraggio, quella che testimonia. Lo ha fatto anche di recente, sul palco di Sanremo, dove con l’artista Antonio Maggio ha interpretato La faccia e il cuore, per dire a tutti che «c’è una donna ancora in piedi». Aggredita il 10 gennaio 2017 dall’ex compagno Jorge Edson Tavares, Gessica Notaro rappresenta il rifiorire del più bel mandorlo in primavera.
Afferriamo il presente. Lei è modella, ballerina e cantante, in mezzo a tanti sacrifici e obiettivi che ogni giorno ridefinisce. Che periodo sta vivendo?
«Direi molto intenso. Sto dando spazio a me stessa e alle mie passioni, portando avanti progetti importanti in difesa delle donne vittime di violenza. Spero di costituire presto un’associazione che si occupi soprattutto di questo, ma c’è da fare ancora molto. Inoltre tanti aspetti della mia vita che sembravano perduti a causa degli eventi trascorsi, si stanno ora risollevando e per me tutto questo è motivo di grande soddisfazione».
È per lei un momento anche pieno d’amore, di rinascita. La sua storia, segnata tragicamente da quel 10 gennaio 2017, attesta che è possibile farcela, che si può dire no ai soprusi, agli abusi e alla violenza nata all’interno di una relazione.
«Certo. È possibile dire no, perché l’amore non ha niente a che vedere con le relazioni tossiche, all’interno delle quali la donna resta legata all’uomo che la maltratta, un uomo che all’inizio si camuffa molto bene. Eppure si percepisce sin dall’inizio se una relazione è davvero sana oppure no. La donna lo sente nello stomaco. Se ci disperiamo e passiamo più tempo a piangere che ad essere felici, dovremmo porci subito delle domande».
Qual è la forma più subdola di manipolazione, campanello di allarme?
«Consiste in un agire che fa sentire la vittima sempre sbagliata e inadeguata, in continuo senso di colpa. L’uomo trasforma la donna nella causa di tutti i probabili fallimenti del quotidiano e schiaccia la sua personalità per un insano desiderio di emergere. Il manipolatore aumenta il proprio ego, nutrendosi dell’energia altrui».
E le donne che sono ingabbiate in una relazione tossica, quale tipo di fragilità manifestano?
«Le donne potrebbero commettere l’errore di non aprirsi e di non parlare del loro dolore per un senso di vergogna, quando invece è fondamentale chiedere aiuto subito. Subito! E poi c’è una costante nelle relazioni non sane: la tendenza da parte delle vittime a giustificare i partner violenti e a trattarli come se fossero un po’ i loro figli. Noi donne, purtroppo, in alcuni casi vestiamo l’abito della “crocerossina” e questo è un gravissimo sbaglio. Gli uomini vanno trattati da compagni, non da figli».
Sono molte le forme di violenza. Prendiamo in esame, per un attimo, quella verbale che impera anche sui social. Come personaggio pubblico, lei si è trovata a leggere vere e proprie invettive a commento di alcuni suoi post che la ritraggono a lavoro o in alcune trasmissioni. Addirittura sono comparsi interventi di alcune donne che l’hanno accusata di aver “approfittato” della sua storia per raggiungere la notorietà. Cosa prova, quando accade?
«Stiamo parlando di persone che non stanno bene, che hanno una percezione distorta della realtà. Devo dire la verità, alcune volte mi faccio delle grandi risate! Come è accaduto in occasione del post pubblicato poche ore fa, in cui mi hanno incolpata di aver “sfruttato” la mia faccia per diventare famosa. Sono convinta siano persone profondamente insicure, che non riescono a godere del bello della vita, della felicità altrui, della capacità di trovare il positivo anche nelle esperienze negative. Una persona entusiasta della sua esistenza non perderebbe il proprio tempo a fare simili cose».
Quanto è importante l’uso attento della parola?
«È fondamentale. Credo però si sia perso il controllo e di esempi ne abbiamo molti, purtroppo. Seguo anche i reality nei vari canali, diverse trasmissioni, e mi sembra che le persone manifestino ormai una seria difficoltà nel dare il giusto peso alle parole. È molto grave».
Dopo molti ostacoli, alcuni davvero dolorosi, oggi ha di nuovo in mano la sua vita. Poche settimane fa è stata ospite a Sanremo con la canzone La faccia e il cuore scritta da Ermal Meta e da lei interpretata insieme ad Antonio Maggio, cui è legata da una grande amicizia. Alcuni versi citano: «Tieni le mani in tasca e se le tiri fuori è per una carezza…». Quale messaggio?
«La faccia e il cuore è una canzone che racconta non soltanto la mia storia, ma anche quella di tutte le donne che hanno subito violenza. C’è nel testo la voglia di gridare in faccia a certe persone che è inutile ciò che fanno, perché alla fine il bene torna sempre. Vince. Ci sono tante vittime che sono ancora chiuse dentro casa, che si sentono sole, che pensano di non potercela fare davanti alle più atroci forme di abuso. Ecco, è a loro che noi vogliamo portare speranza. Vogliamo portare la luce. E c’è poi chi ha perso la vita, non possiamo dimenticarlo. Il femminicidio resta ancora una piaga sociale da debellare».
Quante donne la cercano, ogni giorno? So che è costante la sua vicinanza.
«Gestisco tutto tramite e-mail o messaggi, o per telefono quando ci sono casi più urgenti. In questi ultimi tempi sono veramente tanti. Il più delle volte si tratta di casi di stalking, in altri di vittime di una dipendenza affettiva. Molte, dopo aver chiuso una storia tossica, non riescono ad uscirne completamente, restano chiuse nel circolo vizioso dei maltrattamenti e cadono in depressione. A volte ci sono anche tentati suicidi».
Cosa c’è da fare ancora, perché si possa davvero sperare per tutti in un futuro più sereno?
«Ah…tante cose! Innanzitutto trovare il coraggio di smascherarli, gli uomini violenti. Sempre e comunque. Cercare di non chiudersi o smarrirsi, perché la violenza è un problema della società intera, non bisogna temere di parlarne. Non c’è da vergognarsi. Ma ciò che mi preme molto è sapere di poter contare sull’appoggio delle Istituzioni. Questo è un capitolo che meriterebbe un approfondimento a parte, perché c’è ancora da fare un bel po’».
Si può dire – quindi – che la parola chiave sia “denuncia”?
«Denunciare, certo. Ma direi di più “prevenzione”. Questa è la parola. E non solo nelle scuole. Ovunque. In modo particolare costruire da parte delle Istituzioni una vera rete di supporto alle donne, soprattutto dopo che è avvenuta la segnalazione del proprio carnefice. Quello costituisce un momento molto delicato in cui la vittima deve essere tutelata con ogni mezzo».
Alessandra Angelucci