12 Settembre 2020

“Ho scoperto il Quinto Vangelo, quello scritto da Gesù, tra gli Esseni”. Gianluca Barbera da Gerusalemme. “Cartoline dal mondo”

Mio caro Davide, perdona se ti ho tenuto un po’ in attesa. Ma sono successe cose che nemmeno immagini. Morirai dalla voglia di sapere come è andato l’incontro con Y. Partiamo da lì. Anche se ancora non ci credo e non faccio che pizzicarmi per tutto il corpo.

Verso le sette ero davanti a casa di Y, una palazzina in collina, con vista sulle mura erodiane. Si tratta di un quartiere residenziale di nuova costruzione, dove tutto è pulito e ordinato.

Suono il campanello.

«A che piano?» domando.

Il portone si apre.

In ascensore mi guardo allo specchio da entrambi i lati. Mi sono rasato male, cosa che mi dà un’aria un po’ trasandata.

Il padrone di casa mi attende sul pianerottolo, un paio di pedalini ai piedi.

Un tipo precisino, mi sono detto. Certo, a parte l’occhio di vetro. Che gli sarà successo?

Ci siamo scambiati baci e abbracci.

Nel complesso Y. appariva in ottima forma, se non si considerava la menomazione all’occhio sinistro. Mostrava qualche annetto di più della sua età e aveva già una spruzzatina di grigio sulle tempie. Due baffetti fuori moda e i capelli tutti tirati sul lato destro. Un’aria impacciata ma intelligente.

«Vieni, entra».

L’appartamento era arredato con gusto, benché soffocato dalla tipica sovrabbondanza di libri consunti delle case degli intellettuali.

Siamo passati dall’anticamera alla sala da pranzo.

«Posso offrirti qualcosa da bere?» ha domandato.

«Se ce l’hai, un whisky».

«Ma certo. Io non ne bevo, ma lo tengo per gli ospiti. Te lo prendo subito. Tu intanto siediti pure sul divano».

Ho notato che la tavola era già apparecchiata.

Anche il salotto era arredato con gusto, pieno di oggetti provenienti da tutto il mondo. Alle pareti foto di metropoli dai cinque continenti.

«Come te la passi? Che fai di bello?» ho domandato un attimo dopo, sorseggiando il whisky.

«Insegno all’Università di Gerusalemme, come saprai» ha detto. «Ma vieni, sediamoci a tavola, è tutto pronto».

Y. non cucina, perciò aveva fatto venire tutto da una vicina gourmetteria.

«Ti domanderai che cosa mi sia capitato all’occhio».

«Be’, se proprio insisti…» ho detto con un mezzo sorriso.

«Non sentirti imbarazzato. Ormai ci sono abituato. Non mi dà problemi. Certo, non posso più fare le tirate che facevo prima, dopo un paio d’ore che leggo devo far riposare l’occhio buono. Comunque, sono caduto in moto; ho finito per sbattere la faccia contro uno spigolo del marciapiede. Risultato, occhio maciullato, irrecuperabile. Ma vedo che la cosa ti imbarazza. Parliamo d’altro».

«Figurati. Che cosa insegni?».

«Storia delle religioni monoteiste, come credo di averti scritto».

«Quello che volevi».

«Già…».

Mentre mi passa il cesto col pane azzimo, ancora caldo, ecco che lo vedo fare un gesto rituale con le mani.

Accortosi della mia sorpresa Y. si affretta a imbastire una spiegazione: «Sto tenendo un seminario sugli Esseni».

«Gli Esseni?».

«Io stesso lo sono stato. Ora non più. Mi è rimasta l’abitudine. Assaggia questi carciofi, sono ottimi».

Prendo il vassoio e mi servo.

«Non lo sapevo» dico poi. «Lo eri anche quando sei venuto in Italia?».

«A quell’epoca no».

Y. lancia un’occhiata attraverso i vetri, verso i tetti di Gerusalemme, che si stendono sotto di noi, poi torna a fissarmi.

«Cosa sai degli Esseni?».

«Qualcosa. Ma non credevo ne esistessero ancora».

«Eccome» fa lui. «Solo a Gerusalemme sono circa diecimila. E sono molto potenti. Pochi ne sono al corrente, ma in Israele quasi tutte le leve del potere, della cultura, dei media sono nelle loro mani. Credimi, è una setta molto ramificata, e perfino pericolosa».

«Ha adepti anche nel resto del mondo?».

«Ne conta un milione, sparsi tra i vari continenti. La gran parte, non ci crederai, negli Stati Uniti. Anche lì rappresentano una potente lobby».

«Infatti, non l’avrei detto. E cosa fanno? Si riuniscono a pregare, a complottare o che?».

«Sei curioso, eh?».

«Non più di tanto. Ma se non ti va di parlarne, lasciamo perdere».

A dire il vero le sue mi parevano pure fantasie; non avevo mai sentito parlare di lobby esseniche, ma ero molto incuriosito.

«Certo che mi va» ha proseguito lui. «Ho fatto delle scoperte importanti. La Chiesa e molti storici lo negano, ma sappiamo che Gesù, prima dei trent’anni, trascorse un periodo presso la comunità di Qumran. Se ci pensi un attimo, ti renderai conto che prima dei dodici anni sul suo conto sappiamo un mucchio di cose. Dopo i trenta iniziò la sua predicazione, che conosciamo dai Vangeli. Poi, dopo la morte e la presunta resurrezione, i suoi apostoli iniziarono a diffondere il suo messaggio per il mondo, prima in Palestina, poi in Asia, in Grecia, e infine a Roma, dove Paolo e Pietro furono uccisi, o martirizzati, secondo i punti di vista. Nessuno avrebbe potuto immaginare che a partire dalle parole di quegli uomini, e da quelle in particolar modo di Paolo di Tarso, sarebbe nata una chiesa universale, con oltre un miliardo di fedeli. Una istituzione e una comunità che hanno attraversato i secoli, abbattuto dall’interno l’impero romano e determinato le sorti dell’Occidente e non solo. Ma del periodo tra i dodici anni e i trenta di Gesù non si sa praticamente nulla, un buco nero. Ora però quel buco è stato in parte colmato. Nei mesi in cui Gesù visse tra gli Esseni, tra i quali compì il suo apprendistato e divenne quello che sappiamo, accaddero fatti molto strani. Gesù aveva ventotto anni. Fino a quel momento aveva trascorso un’esistenza monotona, senza scosse, come umile carpentiere, o qualcosa di simile, nel borgo di Nazareth. Non si era quasi mai mosso da lì, salvo qualche puntatina a Gerusalemme, a Silo, a Bethol, forse a Cesarea. Ma il suo animo era tormentato. Sentiva in sé il richiamo verso un destino più alto, per così dire. Un giorno incontrò un uomo. Un Esseno. Era di passaggio a Nazareth, diretto a Canaan. Dopo giorni di dubbi Gesù prese una decisione che avrebbe cambiato la sua vita per sempre. Quello che nessuno sa è che di quella esperienza resta un documento, una testimonianza diretta».

«Il Quinto Evangelio?» l’ho preceduto.

«Per l’appunto».

«E tu l’hai trovato… Ce l’hai qua?».

Ha annuito, con un sorriso largo.

Ho portato alla bocca una costoletta di agnello e l’ho addentata.

«Vallo subito a prendere» ho detto.

Il cuore mi batteva forte.

Si è alzato ed è tornato qualche minuto dopo con in mano un rotolo di papiro chiuso da un laccio di pelle.

«Non posso dirti come ne sono entrato in possesso. Tieni, mi raccomando: la massima cura».

«Non c’è bisogno di dirlo» ho risposto prendendolo in mano. Mi sentivo quasi tremare per l’emozione. Ho sciolto il laccio, ho svolto il rotolo e ho iniziato a esaminarlo.

«Da quando ne sono entrato in possesso non dormo più tranquillo. Ricevo strane telefonate, messaggi da sconosciuti…» ha detto lui mentre mi concentravo sul documento.

«Sul serio? E cosa ti dicono in queste telefonate?» ho domandato senza alzare gli occhi.

«Di bruciare il rotolo, di distruggerlo!».

«Piuttosto inquietante. Chi sa che ce l’hai?».

«Be’, diverse persone. Il direttore del mio dipartimento, per cominciare, e qualche collega con cui mi sono confrontato».

«E hai parlato con qualcuno, di queste minacce?».

«E con chi dovrei parlarne?».

«Non saprei. Con un collega, un amico. Con la polizia, per esempio».

«Ne sto parlando ora con te. È una cosa recente. Vorrei consegnare il rotolo a te. Portalo in Italia. Mi sentirei più tranquillo. Tra qualche settimana ti raggiungerò là».  

«A me?».

«Certo, so di potermi fidare».

«D’accordo, nessun problema. Ma che cosa temi, esattamente? Non capisco».

Ero piuttosto inquieto, a dire il vero. Il fatto che non sembrasse preoccuparsi dei rischi che avrebbe potuto far correre anche a me mi irritava parecchio.

«Leggilo e capirai anche tu» continuò. «È degli Esseni che si parla. E non certo bene. Li ho frequentati, so che razza di gente è, e fin dove possono spingersi. Sono dei fanatici. E quando si sentono minacciati non esitano a passare alle vie di fatto. Mi spiego?».

«Stai scherzando?».

La cosa si faceva seria.

«Niente affatto».

«Vuoi farmi credere che a causa di quello che c’è scritto in questo rotolo temi per la tua vita?».

«Precisamente. Ascolta, ne sono entrato in possesso tre settimane fa. Poi ti dirò come e perché. Comunque, ho commesso la stupidaggine di parlarne anche al Maestro di Giustizia di Gerusalemme, che credevo un amico. Mi ha chiesto di poterlo leggere. Ho acconsentito a che lo visionasse, ma solo in mia presenza. Da quel momento mi sono reso conto di essermi fatto un nemico. È un uomo potente, che non si ferma davanti a niente, quando si tratta di faccende personali».

«Ma cosa vuole da te, di preciso?».

«Te l’ho detto: che lo distrugga!».

«Anche lui! E perché?».

«Leggilo e capirai».

«Credi sul serio che potrebbero farti del male? Per un rotolo di duemila anni fa?».

«Per quanto possa sembrare strano, penso di sì».

«Questo è aramaico, vero?».

«Esatto. Tieni, su questo foglio ti ho tradotto l’inizio. Poi ti farò avere il resto della traduzione».

Ho preso il foglio e ho cominciato a leggere. Non credevo ai miei occhi. Quelle che stavo leggendo erano le parole autentiche di Gesù!

Io, Gesù di Nazareth, sono venuto tra gli Esseni di Qumran per conoscere i segni di luna e di sole, per penetrare i segreti della vita e della morte, per apprendere l’arte della guarigione e quella di resuscitare i morti. Per tutto questo sono venuto.

Molti di quelli che dormono nella regione della polvere si risveglieranno: gli uni alla vita eterna e gli altri alla vergogna che non ha fine. E i saggi risplenderanno come le stelle, e sarà per sempre.

Sono giunto al monastero all’imbrunire, dopo un viaggio di quattro giorni attraverso il deserto di Giudea. Il cancello era chiuso, un custode è venuto ad aprirmi e mi ha condotto al portone. Ho picchiato sul battente e sono stato fatto entrare. Ho spiegato perché mi trovassi lì e mi è stata data accoglienza.

Mentre attendevo su una panca addossata al muro si è presentato un mebaqqer, colui che mi avrebbe fatto da guida nei giorni a venire.

Ci siamo incamminati lungo il porticato.

«Questa sarà la sua stanza» ha detto davanti a una porta.

Era più di quanto avessi bisogno, benché fosse spoglia di tutto.

Ai piedi del letto un tappeto sul quale mi sono inginocchiato per pregare…

Caro Davide, mi fermo qui, anche se so di darti un dolore. Riprenderemo il discorso nei prossimi giorni. E ti darò tutti i dettagli. Ora devo scappare. Mi devo vedere con una persona.

Un abbraccio, Gianluca

Gerusalemme, 10 settembre 2020

Gianluca Barbera

(la prima puntata di “Cartoline dal mondo” la leggete qui; su tutti i testi copyright Gianluca Barbera)

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