Il Posto delle fragole (1957) di Ingmar Bergman è un film struggente, che può insegnare molto ai nostri cuori stremati dalla fretta. Il protagonista, il vecchio professore Isak Borg (interpretato da Victor Sjöström), ha vissuto una vita inautentica, tutta orientata al successo professionale e invece algida nelle relazioni personali. La sua «corazza» viene perforata in un viaggio in auto verso Lund, quando torna a visitare il giardino d’infanzia. Rivede così il «posto delle fragole», venendo travolto dalla nostalgia e da emozioni così forti che sembrano colorare i peraltro splendidi bianchi e neri di Bergman. Inizia così un percorso di esplorazione del proprio paesaggio interiore…
In qualche modo, forse anche per lo scenario «nordico», rispetto al mio domicilio abituale, il mio Giardino delle fragole è il castello di Brunnenburg. Il suo grande portone in legno. Le sue torri. La terrazza che si affaccia su valli meravigliose e verdeggianti.
Qui tornò, proprio sessant’anni fa, Ezra Pound dopo l’interminabile prigionia nel manicomio criminale di Washington. Qui iniziò a cercare di dare compimento al Paradiso dei suoi Cantos. Qui vive Mary de Rachewiltz (1925), avvolta dalle carte e dai libri del padre, che iniziò a tradurre durante la Seconda guerra mondiale quando era una ginnasiale di 14 anni. Mary è il riferimento obbligato per i poundiani di tutto il mondo. Ed è anche per questo che a Merano, distante dal castello solo una manciata di chilometri di ordinatissimi meleti, è sorto il Centro di ricerca «Ezra Pound» che «realizza progetti editoriali con lo scopo di valorizzare il lascito del poeta e di arricchire il corpus di edizioni critiche e di traduzioni già esistenti… organizza letture, colloqui, workshop e convegni tematici, fungendo in tal modo da punto di riferimento per la collaborazione internazionale tra i ricercatori poundiani e da centro di formazione per giovani studiosi».
Il direttore del Centro è Ralf Lüfter (Accademia di Merano) e il comitato scientifico annovera alcuni dei top player dell’universo poundiano: Massimo Bacigalupo, autore dell’imprescindibile L’ultimo Pound (Edizioni di Storia e Letteratura, 1981), nonché curatore dei Canti postumi di Pound (Mondadori, 2002), Siegfried de Rachewiltz, figlio di Mary e ideatore del museo agricolo di Brunnenburg, Richard Sieburth (A Walking Tour in Southern France: Ezra Pound Among the Troubadours, New Directions, 1992), infine, David Moody, autore della monumentale biografia in tre volumi di Pound pubblicata dalla Oxford University Press (peccato non si sia fatto vivo ancora nessun editore italiano, l’ultimo volume, The Tragic Years – 1939-1972, è uscito nel 2015).
Il Centro di ricerca Ezra Pound è a Villa San Marco, presso l’Accademia di studi italo-tedeschi. Un incantevole chalet nel verde, che forse non sarebbe dispiaciuto al professor Borg di Bergman. Non lontano, corre la «passeggiata estate» sul fiume Passirio (nei giardini la brutta statua alla Principessa Sissi), e la chiesa del Santo Spirito (fondata nel 1271, al suo interno ci sono splendide statue lignee).
Lo scorso novembre è stato memorabile per gli appassionati di Pound. Doppio appuntamento in simultanea, a Merano e a Venezia. Il 16 novembre al teatro Goldoni della città lagunare, così spesso richiamata dai Cantos, è andato in scena «Ezra in Gabbia», spettacolo scritto e diretto da Leonardo Petrillo con Mariano Regillo protagonista. Il 79enne attore napoletano, raggiunto dal Corriere della sera, ha svelato la sua ispirazione: «Sono profondamente attratto dalla grandiosità della lirica di Pound ed è questo che intendo evocare. Il personaggio che interpreto in modo epico, non didascalico, è un uomo che torna in pubblico per farsi giudicare dalla platea per i presunti “reati” commessi in vita: in palcoscenico si celebra il processo che Ezra non ebbe mai e ora lo pretende. Espone i momenti più duri e più bui della sua esistenza e vuole essere finalmente giudicato: colpevole o innocente. Essere liberato oppure no da quella gabbia… per trovare pace». Lo spettacolo ha registrato il sold out e grande successo di critica. Confidiamo in un ampio tour nazionale, mentre possiamo concordare con Regillo che Pound sia stato imprigionato per lungo tempo senza nessuna condanna… […]
Il convegno di Merano si è aperto con la relazione di Carlo Pulsoni, ordinario di filologia romanza presso Università degli Studi di Perugia, che ha ricordato l’impegno di Vanni Scheiwiller perché gli scrittori italiani firmassero una petizione per liberare Pound. In proposito, ecco un significativo stralcio della lettera (sinora inedita) del 21 gennaio 1956 del giovane editore milanese a Ungaretti che aveva scritto (con qualche inesattezza) su Epoca a proposito di Pound: «Caro signor Ungaretti, un mio compagno d’Università mi ha passato il numero di Epoca con i quattro interventi su Ezra Pound. Sono tanto contento delle sue buone parole: solidarietà umana e buon cuore – niente schifosa letteratura – o peggio. (Mi fa piacere, perché ho conosciuto lei di persona, proprio e solo per parlarle di Ezra Pound, ricorda? Un caso simpatico). Siccome ci sono tanti imbecilli e in malafede, le scrivo per segnalarle una piccola inesattezza. Dove scrive “quelle pagine letterarie alla Radio di Roma, le ho qui, nel volumetto dove sono uscite quest’anno raccolte ecc.”. Lavoro ed usura non sono le trasmissioni radiofoniche, ma il succo, per così dire, di quelle di argomento politico-economico. Erano in inglese – in un inglese, pare, incomprensibile agli stessi compatrioti. Comunque, tutti i suoi discorsi da Radio Roma sono microfilmati e a disposizione di tutti alla Biblioteca del Congresso di Washington (una scelta, poco felice nonostante le buone intenzioni, è stata pubblicata a Siena nel 1948: If this be treason…). […] Valeri e Solmi stanno pensando da anni a un appello di scrittori italiani per la liberazione di Ezra Pound. Spero di arrivare in porto per Pasqua. (Io faccio solo il postino). Lei sa meglio di me come è difficile mettere d’accordo quelle teste dure dei “letterati” (specie i “critici” e i poeti di secondo piano…)». […]
La sessione pomeridiana del convegno è stata aperta da Manlio Della Marca (Università di Monaco) che ha studiato i carteggi di Pound con Eva Hesse (traduttrice dei Cantos in Germania) e il massmediologo Marshall McLuhan, che andò a trovare (con il critico Hugh Kenner) il poeta prigioniero. Ricorda Della Marca: «Il pomeriggio del 4 giugno 1948, nel manicomio criminale St. Elizabeths di Washnigton D.C. avviene probabilmente uno degli incontri più intriganti nella storia della cultura occidentale del Novecento: lo studioso canadese Marshall McLuhan, che nel giro di pochi anni avrebbe raggiunto la celebrità planetaria conquistandosi l’appellativo di «oracolo» dei nuovi media, incontra Ezra Pound, universalmente riconosciuto come uno dei maggiori e controversi poeti del canone letterario americano. Dall’incontro nasce un affascinante scambio epistolare che si protrae fino al 1957. Le lettere, solo in parte pubblicate in italiano, e materiali d’archivio inediti, mostrano in modo inequivocabile l’influenza che lo stile e le idee di Pound ebbero sulla concezione del primo libro di McLuhan, La sposa meccanica (1951), il cui titolo originario, come risulta da una prima versione del manoscritto conservata ai Canada Archives di Ottawa, doveva essere Guide to Chaos, un esplicito omaggio al poundiano Guide to Kulchur del 1938. Come si evince da una lettera inviata da McLuhan a Pound il 30 giugno 1948, l’intuizione geniale del massmediologo canadese è quella di utilizzare il “metodo ideogrammatico” di Pound per catturare la complessità e le contraddizioni della cultura di massa: «Caro Pound […] sto lavorando a un libro […] sulla pubblicità, i fumetti, i sondaggi d’opinione, la stampa, la radio, i film ecc. Icone popolari intese come ideogrammi con complesse implicazioni…».
Ecco invece l’opinione espressa sulla poesia di Pound un paio di settimane prima: «Gentile signor Pound… i Canti pisani sono veramente straordinari, e rivelano una gamma di esperienze che sarebbe presuntuoso elogiare. Non si sente forse affine (nell’àmbito della poesia inglese) a Ben Jonson? Lo stesso modo plastico-scultoreo? La difficoltà principale che presenta la sua poesia – i Cantos – per quanto riguarda i lettori contemporanei è certamente lo stile intensamente maschile. Questa è un’età di psicologismo e di adorazione del grembo. La sua chiara risonanza e i suoi contorni ben delineati sono intollerabili ai lettori crepuscolari che si adagiano sulle implicazioni di genere. I suoi Cantos a mio avviso, costituiscono il primo e l’unico uso serio delle grandi possibilità tecniche del cinematografo. Ho ragione di ritenerli come il montaggio di personae e di immagini scolpite? Flashback che conferiscono percezioni simultanee?». (Altre lettere a Pound si trovano nel bel libro: Marshall McLuhan, Corrispondenza 1931-1979, Sugarco 1990). […]
Leggere i Cantos, ossia la Divina Commedia del Novecento, ecco il miglior modo per riconoscere in Pound il grande Ulisse del nostro tempo. E intanto per i poundiani, si avvicina un nuovo importante appuntamento: l’Ezra Pound International Conference che si terrà all’Università di Salamanca dal 25 al 29 giugno 2019…
Alessandro Rivali
*Alessandro Rivali sarà a Rimini, una delle città ‘poundiane’, sabato 24 novembre, ore 17,30, al Museo della Città, a parlare del suo libro “Ho cercato di scrivere Paradiso” (Mondadori, 2018). Il reportage in questa pagina, parte di un articolo che sarà pubblicato su “Studi Cattolici”, si pubblica per gentile concessione